Numeri ballerini, bilanci fantasma, società che hanno sei amministratori e due dirigenti ma nessun dipendente, enti che fanno tutti la stessa cosa. E poi persino un tirocinante promosso sul campo responsabile anticorruzione. È il buco nero delle società Partecipate della Regione Siciliana. Un pozzo senza fondo dove ricostruire debiti e crediti, dipendenti e funzioni è praticamente impossibile. Non è un caso se appena una settimana fa il procuratore generale della Corte dei Conti, Pino Zingale ha citato la Regione davanti le sezioni riunite in speciale composizione. Secondo il magistrato contabile, infatti, dai conti dell’isola mancherebbero all’appello quasi mezzo miliardo di euro. Un buco sul quale incide il capitolo Gap, il gruppo di amministrazione pubblica. Si tratta di consorzi, enti e società Partecipate dalla Regione che garantiscono servizi di fatto esternalizzati. Un metodo che da anni ha garantito ai vari governi dell’isola di gestire centinaia di poltrone, tra componenti di consiglio d’amministrazione, presidenti, amministratori delegati. La Corte dei conti siciliana ha, infatti, più volte criticato la Regione per la mancanza di verifica sulla gestione del Gap. Dopo più sollecitazioni dei giudici contabili, solo lo scorso maggio, Palazzo d’Orleans ha finalmente pubblicato in Gazzetta il bando per la selezione del collegio dei revisori dei conti. “È stato annunciato più volte. Ma non è stato mai fatto”, avverte però Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil. Per Luigi Sunseri, consigliere regionale del M5s, si tratta di “una realtà oscura, poco conosciuta, difficile da esplorare”. Dopo un anno di accessi, interrogazioni ed esposti in procura, Sunseri ha realizzato uno studio sulla Partecipate regionali. Ed è proprio confrontando il rapporto del consigliere M5s con la relazione della Corte dei conti che ilfattoquotidiano.it ha provato a tracciare un quadro su quella “realtà oscura” che corrisponde alle Partecipate in Sicilia.

I numeri ballerini – Cominciamo dai numeri: nell’ultimo rendiconto dello scorso giugno la Corte dei Conti ha messo in fila i soldi impegnati dalla Sicilia per le sue Partecipate. Nel 2018 il fondo perdite era di 4.778.010, nel 2019, cioè l’anno dopo, si è moltiplicato arrivando a toccare quota 27.268.594. Si tratta di soldi accantonati in bilancio regionale per ripianare i debiti delle società Partecipate. Ma come è possibile che tra le due cifre ci sia una differenza di circa 22 milioni in un solo anno? Semplice: nel 2018 il fondo perdite era stato calcolato solo in base a 4 società Partecipate (Ast Spa, Maas Scpa, Sicilia Digitale Spa e Parco Scientifico e Tecnologico Scpa). Le partecipate della Regione Sicilia sono però 12 non 4.

Il piatto ghiotto per le elezioni? 163 tra Partecipate, consorzi ed enti – Nel perimetro del Gap, invece, tra società, enti e consorzi si contano 163 entità. Di queste solo 44 superano la soglia di irrilevanza: per entrare nel perimetro del bilancio consolidato siciliano il valore della società partecipata deve superare il 3 per cento rispetto a quello dei conti regionali. Nel 2019 le 44 partecipate sono state dimezzate perché per entrare definitivamente nel “consolidato” bisogna presentare i bilanci in tempo. Così non è per la metà di società, enti e consorzi entrati nel perimetro di rilevanza. E nessuno si sorprende. Capitolo a parte è quello delle poltrone: al momento sono ben 42 quelle da occupare. Incarichi in scadenza o da occupare. E che rimarrano probabilmente così, in attesa che si torni a votare. La Sicilia, infatti, eleggerà il nuovo governatore e la nuova Assemblea regionale tra poco più di un anno: i maligni fanno notare come tutte quelle poltrone da assegnare rappresentino moneta di scambio in vista di un’agguerritissima campagna elettorale.

A quanto ammontano i debiti? – E mentre la politica aspetta di capire come dividersi gli incarichi di gestione delle Partecipate, per l’ennesima volta la Corte dei Conti sottolinea come questo fenomeno sia un capitolo di cui nessuno sa niente, almeno a livello economico: “Ad oggi – scrivono i magistrati contabili – non è stato elaborato un documento dei rapporti di credito e debito fra società e Regione”. Non si capisce quanti soldi Palazzo d’Orleans debba dare ai vari enti, e quanti invece questi ultimi debbano restituire alla Regione. Anzi i crediti che le società vantano dalla Regione sono quantificati: 76.669.851. Un’enormità, ma non è facile farsi un quadro se non si conoscono i debiti contratti dagli stessi enti con la Sicilia. Di sicuro c’è solo che i numeri dell’isola non hanno simili nel resto d’Italia. Nel 2016, per esempio, secondo dati del ministero dell’Economia, la Sicilia contava una perdita dalle Partecipate di 73 milioni: nello stesso anno il medesimo dato dell’Emilia Romagna si fermava ad appena 15 milioni. Un numero che fa il paio con la relazione dello scorso giugno della Corte: con la penna blu sono segnati due macro errori nel conteggio del fondo perdite. Schizzato di quasi 22 milioni e mezzo, secondo i magistrati contabili i calcoli della Ragioneria sbagliano la somma da accantonare per Ast, l’Azienda Siciliana Trasporti, di 6.168.970,50, mentre per Maas, Mercati Agrolimentari all’Ingrosso Sicilia, la somma è in eccesso per 2.920.654,33 di euro. Un errore, anzi due, per più di 9 milioni di euro. Non esattamente bruscolini.

Bilanci non approvati: è caos – Il caos sui conti delle Partecipate è dovuto soprattutto alla mancata approvazione dei bilanci nei termini di legge: “Riscossione spa (la società che si occupava della riscossione dei tributi in Sicilia ndr) non ha mai approvato un bilancio di esercizio entro il termine legale”, scrivono i giudici contabili. Nel frattempo, nonostante la legge preveda che le amministrazioni procedano nella logica di una razionalizzazione delle società la quota di partecipazione della Regione in alcune di queste è addirittura aumentata. Invece di dismettere quelle che non servono la Regione acquista altre azioni. E’ il caso di Airgest: la Sicilia aveva il 66,68 per cento, adesso ha il 99,95. Stessa cosa per la Sis, dove la Regione è passata dal 34,11 all’89,71, e la Resais, prima Partecipata al 100 per cento da Espi, adesso transitata integralmente alla regione dopo la soppressione della medesima Espi. Un pantano.

Il costo del personale: 235 milioni – Ma a cosa servono tutte queste sigle e questi numeri? Ma ovviamente a dare lavoro. L’infinito risiko delle Partecipate, infatti, non è nient’altro che un escamotage per creare posti di lavoro. Che ovviamente sono un costo per le casse pubbliche. “Nel 2018 i costi del personale delle società Partecipate ammontano a quasi 235 milioni di euro, al netto dei costi per consulenze e rapporti atipici, senza considerare le società in liquidazione, risultato parziale in quanto mancano i dati relativi ad alcune Partecipate che non hanno ancora approvato il bilancio”. I dipendenti delle Partecipate sono 6.997, cioè più della metà di tutti lavoratori assunti direttamente dalla Regione (13.234 persone a tempo indeterminato). “Razionalizzazione mai iniziate, liquidazioni mai concluse ma che continuiamo a pagare, compensi alle stelle, incarichi e consulenze fuori controllo, indennità accessorie erogate senza nessuna verifica dei risultati raggiunti”, sintetizza Sunseri, tracciando il quadro delle spese delle decine di enti spuntati come funghi tra Palermo, Catania, Messina, Trapani e Agrigento. “Attenzione però, la Sicilia è competente per molti servizi in maniera autonoma, cioè del tutto slegata dal governo centrale. Non molti sanno, per esempio, che in capo alla Regione c’è perfino la Motorizzazione: sono servizi che la Sicilia deve garantire”, dicono però dalla macchina burocratica regionale, per giustificare la moltiplicazioni di enti e società. “Sono servizi che non è necessario dare all’esterno, potevano essere garantiti, invece, dalla stessa macchina amministrativa regionale”, ribatte il sindacalista Mannino.

I doppioni – Un capitolo a parte meritano i “doppioni”, finiti sotto i riflettori della Corte dei Conti almeno dal 2018: sono società diverse che fanno – o dovrebbero fare – le stesse cose. Un esempio? “In ordine alla Azienda Siciliana Trasporti – scrivevano i magistrati – di cui la Regione aveva programmato la dismissione non è stato chiarito come si concili il mantenimento di detta società svolgendo la stessa attività analoghe o similari a quelle svolte dalla società Jonica Trasporti”. Osservazioni simili valgono anche per la società Airgest, che gestisce l’aeroporto di Trapani, che però poteva essere soppiantata da AstAeroservizi. La ricognizione sul campo fatta da Sunseri è impietosa: “Ho ispezionato quasi tutte le società e gli enti regionali dislocati sul territorio regionale, incontrando personalmente amministratori e dipendenti. Ho visitato i siti web di tutti i soggetti interessati, accorgendomi che la stragrande maggioranza degli enti pubblici regionali presenta pagine carenti e incomplete, che rendono ai cittadini estremamente difficile, se non impossibile, la conoscenza anche delle informazioni basilari. Con riferimento alle situazioni più gravi, non ho esitato a presentare esposti alla Procura della Repubblica, come ho fatto per la Società degli Interporti Siciliani”.

Da tirocinante a responsabile per la corruzione e la trasparenza – È proprio Sunseri a fare notare la velocissima carriera di Luigi Provini alla Società Interporti Siciliani. Provini, 28 anni, laureato in Scienze delle pubbliche amministrazioni, sul profilo linkedin specifica di avere da poco terminato uno stage presso Interporti. Risulta, infatti, tirocinante dall’11 novembre del 2019 fino al 10 novembre del 2020. Nel frattempo, però, dal 28 febbraio, cioè quando ancora non aveva neanche terminato il tirocinio, è stato insignito della nomina di responsabile trasparenza e prevenzione della corruzione. Non è l’unica curiosità all’interno dell’organico dalla gestione della Interporti. “L’amministratore unico, Rosario Torrisi il 26 luglio 2019 firma una determina in cui si riconosce un compenso di 20mila euro per lo svolgimento delle funzioni di Direttore generale dell’Azienda. Due anni dopo ne firma un’altra in cui richiede la corresponsione di un bonus di fine mandato. Un bonus non previsto all’atto della nomina dell’amministratore unico”, sostiene sempre Sunseri. Ma a cosa serve la Società Interporti? Nata nel 1995, doveva costruire due zone d’interscambio merci a Termini Imerese e Catania: “Venticinque anni non sono bastati per la realizzazione di entrambe le opere – continua il consigliere del M5s – la costruzione dell’interporto di Termini Imerese non è mai iniziata, quella dell’interporto di Catania non è ancora operativa”.

Quei compensi sforati e l’autonomina del lombardiano – Un altro capitolo del rapporto è dedicato agli stipendi. “Con riferimento alle società Partecipate – scrivono i magistrati contabili – nel corso del 2018 la Ragioneria generale della Regione ha verificato la violazione del parametro relativo ai compensi fissato in 35.000 euro annui da parte di alcuni componenti del consiglio di amministrazione della Ast spa, dell’amministratore unico di Riscossione Sicilia, dei componenti del consiglio di gestione del Seus scpa, dell’amministratore di Sicilia Digitale spa, violazioni per le quali si esprimono le medesime considerazioni precedentemente esposte”. L’Ast è partecipata al 100 per cento dalla Regione, lo scopo sociale è il trasporto terreste, marittimo, aereo, ferroviario e intermodale di persone e cose. Il presidente del Cda di Ast è Gaetano Tafuri, fedelissimo dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Tafuri si è autonominato amministratore unico della controllata Ast Aeroservizi, la società che gestisce l’aeroporto di Lampedusa. Ricapitolando: il controllore si autonominato amministratore della controllata. Intanto nella gestione economica di Ast “vengono in evidenza crediti, verso la Regione, di Ast di oltre 33 milioni di euro “, sottolinea la corte. Curioso è anche il caso del Consorzio di ricerca per lo sviluppo di sistemi innovativi agroambientali: conta sei amministratori a fronte di soli due dipendenti. Si tratta di due dirigenti, una di secondo livello che ha l’incarico del coordinamento generale ed intersettoriale e una di terzo livello che è responsabile settore progettazione e comunicazione. Non risultano altri dipendenti. Sunseri è sconsolato: “Gli amministratori si sono giustificati sostenendo che l’idea originaria, tradita dal corso degli eventi, era di creare dei vertici per poi incrementare il personale. Ciò non è stato possibile”. Hanno prima assunto gli amministratori e i dirigenti, poi si sono accorti che non c’era nessuno da amministrare o da dirigere. Nel dubbio hanno lasciato tutto com’era.

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