L’orgoglio e i bagordi hanno deciso la finale di Coppa d’Inghilterra: il Manchester United ha superato, con umiltà e voglia di riscattare una stagione balorda, un Manchester City intossicato dalle feste post conquista della quarta Premier di fila: 2-1 ineccepibile. Erik Ten Hag saluta i Red Devils con un colpo di coda: dopo aver collezionato una serie di record negativi – ottava posizione in Premier, eliminazione europea con l’ultimo posto nel girone di Champions, 7 sconfitte nei primi 16 match di campionato, 85 gol concessi in tutta l’annata -, il manager olandese ha sollevato il trofeo del più antico torneo del mondo in quella che potrebbe essere stata l’ultima presenza sulla panchina dello United. Il suo sorriso, e all’estremo opposto il saluto tirato di Pep Guardiola, dice molte cose, compresa l’espressione al momento di ricevere la medaglia dalle mani del principe William. Il manager olandese ha vinto di fronte all’intero stato maggiore dello United schierato in tribuna, compreso il leggendario Alex Ferguson. Il City ha perso perché gli eccessi si pagano. Le sbronze per il trionfo in Premier hanno lasciato il segno, soprattutto nelle gambe. Un errore pesante, soprattutto di valutazione: non si poteva aspettare la fine della stagione per le celebrazioni? Guardiola ha completato l’opera con qualche scelta discutibile nella squadra di partenza: vedi Kovacic e Aké. La sterzata è arrivata quando lo United aveva già spiccato il volo.

I gol di Garnacho (30’) e Mainoo (39’), rispettivamente classe 2004 e 2005, hanno orientato il match. Il primo tempo dello United è stato applicazione feroce di una gara difensiva, con improvvise ripartenze che hanno messo a nudo la fragilità della difesa del City. L’1-0 è stato figlio di un’incomprensione tra Gvardiol e il portiere Ortega, uscito in modo scriteriato dalla sua area. Il 2-0 è stato un’azione spettacolare, rifinita con un assist delizioso da Fernandes e conclusa dal tocco inesorabile di Mainoo. Il City è stato lento, fumoso e quasi impalpabile nei primi 45 minuti. I tre cambi decisi nell’intervallo da Guardiola – fuori De Bruyne, Kovacic e Aké, dentro Doku, Alvarez e Akanji – hanno rivitalizzato i campioni d’Inghilterra, ma lo United ha continuato a difendersi bene. La traversa colpita da Haaland è stato il segno del destino. Onana ha risposto bene su due sassate di Walker, ma proprio un errore del portiere camerunese, sul tiro non irresistibile di Doku (87’), ha dato pepe alla coda del match. Alla fine, i Red Devils hanno retto l’ondata finale, portando a casa la FA Cup numero 13 della loro storia.

Quello che accadrà nello United si deciderà nelle prossime ore, con gli stati generali al completo, compreso il miliardario Jim Ratcliffe, da febbraio tra i proprietari del club e forse il più determinato nel cambio di guida tecnica. Ten Hag, intervistato da Garly Lineker nel programma della BBC, ha detto di non sapere che cosa gli riserverà il destino. Bruno Fernandes si è schierato dalla parte dell’allenatore: “Meritava questa soddisfazione, la squadra è sempre stata con lui”. Il casting per la successione è cominciato, ma ancora non sono state prese decisioni irrevocabili. Per uno strano scherzo del destino, mentre nello United si riflette, il Plymouth (Championship) ha annunciato di aver affidato la squadra a un grande ex dei Red Devils come Wayne Rooney, alla quarta esperienza manageriale. Il Double fallito dal Manchester City è stato invece centrato in Scozia dal Celtic, nella finale di Coppa nazionale giocata contro l’antico nemico, i Rangers: 1-0 firmato da Idah, in prestito dal Norwich, al 90’. Per il Celtic è il trionfo numero 42 in Coppa di Scozia. Decisivo, nel successo contro i Gers, il portiere Joe Hart, ex Manchester City e Torino, 37 anni, all’ultimo match della sua carriera. Il calcio britannico è magnifico anche per questo: i suoi intrecci incredibili.

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