È arrivata in tribunale per la prima volta in taxi, senza catene, accompagnata dal padre dopo aver ottenuto gli arresti domiciliari il 23 maggio. Ma nel giorno della nuova udienza del processo ungherese a Ilaria Salis non si fermano le polemiche per il trattamento riservato dalla giustizia di Budapest all’attivista milanese accusata di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Roberto Salis ha infatti protestato per la decisione del giudice Josef Szos di rivelare l’indirizzo nel quale la donna ha attualmente il proprio domicilio, esponendola così al rischio di ritorsioni violente da parte dei gruppi estremisti radicati nel Paese.

“Bisogna fare qualcosa”, ha detto il padre di Salis, presente alla terza udienza in Ungheria, rivolgendosi all’ambasciatore Manuel Jacoangeli, anche lui in aula al fine di monitorare il corretto svolgimento del processo per conto della Farnesina. “L’indirizzo non dovrebbe essere rivelato, anzi protetto e non va inserito nel verbale”, ha aggiunto l’avvocato della difesa Gyorgy Magyar.

Ilaria Salis è arrivata in tribunale in taxi assieme ai suoi genitori e per la prima volta non è stata portata in aula in manette e con le catene alle caviglie. La 39enne è entrata rapidamente tra giornalisti e il gruppo dei suoi amici, fra i quali anche Zerocalcare, che l’attendevano all’esterno del tribunale. “Voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno supportato”, ha detto prima dell’inizio del processo. Soddisfatto anche l’ambasciatore Jacoangeli che riferendosi alla concessione dei domiciliari parla di “un bel risultato per il quale abbiamo sempre lavorato, rasserena tutta la situazione e le consente di affrontare meglio il processo. Abbiamo suggerito ripetutamente alla famiglia di intraprendere questa strada e l’ambasciata appoggerà sicuramente una richiesta di domiciliari in Italia“, ha aggiunto.

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