Si tratta del bostrico tipografo, un coleottero che vive sotto la corteccia degli alberi e che sta divorando interi boschi. Quello che sta facendo questo insetto “equivale o è addirittura leggermente superiore a quello causato dalla tempesta Vaia“, dice l’entomologo Andrea Battisti intervistato da La Stampa. Battisti è professore del dipartimento di agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente (Dafnae) dell’Università di Padova, scienziato di riferimento a livello nazionale nello studio del bostrico, oltre che componente del gruppo di lavoro sull’infestazione dell’insetto.

“Le tempeste aiutano il proliferare del bostrico – continua l’entomologo – ce lo aspettavamo, era atteso dalle statistiche ma un’epidemia di insetti così non si era mai vista in Italia”. Cosa favorisce il proliferarsi di questo coleottero? “Condizioni climatiche favorevoli e disponibilità senza precedenti di tronchi abbattuti”. Un fenomeno che, secondo Battisti, “sta ora regredendo anche se ci vorranno anni per il rientro dall’attacco del bostrico”. Da cosa dipende? “Dal clima: se bagnate le piante riescono a resistere, caldo e siccità invece non aiutano”. E di fronte alla “furia” dell’insetto non c’è altro da fare che “subirne le conseguenze e cercare di limitare i danni“.

Secondo quanto fa emergere il quotidiano torinese, il picco si è superato ma non ovunque. In Trentino, dai dati riportati nella due giorni (6 e 7 maggio scorsi) a Oberttilliach, Tirolo Orientale – sulla salvaguardia delle foreste con un focus sul bostrico e sullo stato dell’epidemia – nel 2023 si è messa in luce una flessione della presenza dell’insetto “divoratore di boschi” con una popolazione che è scesa del 20% rispetto al 2022. Eppure nelle zone dell’Alto Adige e quelle del Tirolo, il bostrico scava dentro il tronco e questo è un trend in aumento.

Non solo tentativi di limitare il disboscamento, oppure il cambiamento climatico. A causare la crescita del fenomeno “bostrico” è colpa anche dell’uomo: “Una responsabilità è nostra. La colpa in buona fede dell’uomo deriva da motivi economici che considerata l’ottima qualità dell’abete rosso (pianta preferita dell’insetto) ha costruito boschi monospecifici e coetanei, tutti maturi e suscettibili, e questo ha dato il via all’epidemia”. Ma di fronte al problema, cosa fare? “Non rimane che imparare la lezione di Vaia – continua Battisti su La Stampa – e creare boschi più resistenti alle avversità biologiche e climatiche, con più latifoglie e meno conifere”. I boschi di oggi saranno diversi da quelli di ieri.

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