Dopo il coro di condanna dei partiti di centrosinistra, l’intervento dell’ordine dei giornalisti del sindacato Fnsi, dell’Associazione Stampa Romana e di diversi comitati di redazione, la richiesta è univoca: chiarire cosa è accaduto a Roma giovedì, quando poco dopo le 10 del mattino tre giornalisti – Angela Nittoli, collaboratrice de Ilfattoquotidiano.it, il fotografo del Corriere della Sera Massimo Barsoum e il videomaker freelance Roberto Di Matteo – sono stati fermati dalla polizia mentre stavano lavorando, trattenuti per circa mezz’ora sul ciglio della strada, per poi essere identificati, portati in commissariato e perquisiti. Messi in attesa per un’altra ora e mezza in una cella di sicurezza, con la porta blindata tenuta aperta, ma sorvegliata e perfino accompagnati in bagno. I tre sono stati rilasciati solo intorno alle 12, quando il blitz di “Ultima Generazione”, che doveva seguire per lavoro, era già terminato. Bloccati per due ore senza aver commesso alcuna violazione o resistenza nei confronti degli agenti.

Dalla Questura di Roma e dal Viminale in serata vengono diffuse due note. Il Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno – precisando che “a Roma e nel resto del territorio nazionale non è mai stata data una direttiva operativa che preveda l’identificazione di giornalisti e operatori dell’informazione in occasione di manifestazioni pubbliche” – ha sottolineato che questi “singoli episodi che hanno portato all’identificazione” sono avvenuti “in contesti dove la qualifica di giornalista non era stata dichiarata o dimostrata“. Una motivazione ribadita dalla Questura di Roma: “I soggetti sul posto non hanno dichiarato o dimostrato di essere giornalisti. Hanno esibito delle carte di identità che sono state registrate nella relazione di servizio”. Polizia che precisa anche che “nello stesso momento, nella zona di Via Veneto dove era in corso un imbrattamento, altri appartenenti all’ordine dei giornalisti, dopo aver esibito il tesserino professionale, hanno continuato a fare regolarmente il proprio lavoro, senza esser sottoposti ad alcun ulteriore controllo”.

I tre protagonisti però raccontano una storia diversa. “Ci siamo subito qualificati come giornalisti – spiega Angela Nittoli – abbiamo mostrato documenti d’identità e tesserini stampa. Ci è stato detto che questi ultimi non servivano, che era un normale controllo per cui bastavano 10 minuti: è passata mezz’ora”. Le verifiche, però, non sono state ritenute sufficienti e così è arrivata la decisione di portare i tre cronisti in commissariato. “Ci hanno fatto mettere l’attrezzatura fotografica nel bagagliaio della volante e ci hanno portato a Castro Pretorio”, racconta ancora Nittoli. Insomma appare estremamente improbabile che gli agenti non sapessero di avere di fronte tre giornalisti: è servita un’altra ora e mezza nella cella di sicurezza del commissariato per decidere di rilasciare i tre che non erano altro che tre cronisti che stavano svolgendo il loro lavoro.

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La foto in alto è relativa all’intervento della polizia durante l’azione di Ultima generazione di giovedì

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