In Gran Bretagna i casi di pertosse sono aumentati di dieci volte, ma il fenomeno sembra interessare tutta Europa, in base anche ai dati raccolti dall’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc). In particolare, secondo quanto afferma il Daily Mail, nel Regno Unito sono stati registrati 2.041 casi rispetto ai soli 207 dell’anno scorso. “Stiamo assistendo a un numero enorme di episodi di pertosse in questo momento”, ha affermato la dottoressa Liz Whittaker, consulente pediatrica e Docente clinica senior onoraria presso il Dipartimento di malattie infettive dell’Imperial College di Londra. “Non c’è dubbio che negli ultimi tempi abbiamo visto molti più casi nei reparti e nei pronto soccorso. Il mio sospetto è che probabilmente stiamo ancora sottostimando la reale diffusione”, ha aggiunto il dottor Ronny Cheung, pediatra consulente del Royal College of Pediatrics and Child Health.

La pertosse è diffusa in tutto il mondo, ma è diventata molto rara, specialmente nei Paesi in cui è stata introdotta la vaccinazione generalizzata nell’infanzia. Oggi il 90% dei casi di pertosse si registra proprio nelle popolazioni in cui non viene effettuata la vaccinazione, e in questi casi la pertosse può portare a una mortalità elevata nei bambini. Ciò non toglie che stiamo assistendo a un fenomeno di casi piuttosto anomalo.

Che cos’è

“La pertosse è una malattia infettiva di origine batterica molto contagiosa, causata dal batterio Bordetella pertussis”, spiega al FattoQuotidiano.it il Roberto Cauda, Professore di Malattie infettive dell’università Cattolica e dell’università Campus bio-medico. “Il contagio avviene per via aerea, attraverso goccioline di saliva diffuse nell’aria quando il malato tossisce”. La malattia colpisce prevalentemente i bambini sotto i 5 anni e il contagio avviene solo fra esseri umani. In sintesi, il batterio della pertosse causa infezioni alle vie respiratorie che possono risultare estremamente gravi, specie quando il paziente è un neonato.

Sintomi

“L’esordio della malattia si manifesta con una tosse lieve, accompagnata da qualche linea di febbre e copiose secrezioni nasali: è la fase catarrale, che dura da 1 a 2 settimane”, ricordano gli esperti dell’Iss. “Progressivamente la tosse diventa parossistica e si associa a difficoltà respiratorie: è la fase convulsiva o parossistica, che può durare più di 2 mesi in assenza di trattamento. In seguito a parossismi, si possono verificare anche casi di apnea, cianosi e vomito”. La malattia può assumere forme gravi nei bambini piccoli, con complicazioni come otiti, polmonite, bronchiti o addirittura affezioni neurologiche (crisi convulsive, encefaliti). I colpi di tosse possono provocare anche emorragie sottocongiuntivali e nel naso. Nel neonato e nei bambini al di sotto di 1 anno, la pertosse può essere molto grave, fino a divenire mortale.

Diagnosi
La diagnosi non è semplice e la si effettua isolando il batterio responsabile, a partire da un’aspirazione nasofaringea. Il periodo di incubazione è di circa 10 giorni. La pertosse è molto contagiosa, soprattutto nel periodo iniziale, prima dell’insorgenza della tosse parossistica. Dopo tre settimane dall’inizio della fase parossistica, nei pazienti non trattati il contagio si considera trascurabile. Invece nei pazienti trattati con antibiotici il periodo di infettività è ridotto a circa 5 giorni dall’inizio della terapia.

Cure
“Il trattamento prevede una terapia antibiotica”, sottolinea Cauda, “che permette la guarigione in una quindicina di giorni. Se viene preso prima della fase parossistica, l’antibiotico abbrevia il tempo di contagiosità e la durata della malattia, ma i sintomi non sempre vengono ridotti. Inoltre nel caso della pertosse ci sono alcune specifiche complicanze da considerare”.

Quali?
“A differenza delle altre malattie infantili, l’immunità ottenuta da una prima infezione non è definitiva, ma si riduce nel tempo. Per questo occorre fare, nel caso del vaccino, delle dosi di richiamo”.

Vaccinazioni
“La cosa più importante è prevenire. In questo caso abbiamo a disposizione un tipo di vaccino estremamente sicuro chiamato ‘acellulare’”, continua Cauda. “Ricordiamo che la vaccinazione è obbligatoria e la prima dose viene somministrata nei bambini a partire dal compimento dell’ottava settimana di vita. A causa della perdita di immunità nel tempo, sono necessari più richiami: la prima dose, la seconda e la terza vengono fatte a 6-8 settimane di distanza, a cui si aggiunge un’ultima dose di richiamo verso i 2 anni. Considerato come detto che l’immunità fornita dal vaccino tende a diminuire nel tempo, così che la protezione data al neonato potrebbe non essere completa, si invitano le gestanti a vaccinarsi contro la pertosse nel terzo trimestre di gravidanza per essere più vicine al momento del parto. È probabile tuttavia che il grande aumento di casi sia dovuto a una minore osservanza delle scadenze vaccinali, come conseguenza della pandemia (che ha messo in secondo piano altre problematiche) e una maggior diffidenza verso i vaccini, oltre che ad altri possibili fattori”.

“Debito” e “furto” immunologico

Potrebbe indicarceli?
“È una ipotesi che possiamo indicare con due espressioni: il ‘debito immunologico’ e il ‘furto immunologico’. Il debito fa rifermento al fatto che durante la pandemia le persone sono state meno esposte ad agenti patogeni e hanno sviluppato una minore immunità e quindi sono più a rischio. Per ‘furto immunologico’ intendo la possibilità che qualora si sia contratto il virus del Covid ciò abbia provocato delle alterazioni immunologiche per cui la persona è meno protetta nei confronti di malattie di tipo respiratorio”.

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