In mancanza di una normativa esaustiva, con il governo Meloni che fa melina e dopo l’ennesima pronuncia del Consiglio di Stato per la messa a gara delle concessioni balneari, nel comparto il caos regna sovrano. A poche settimane dall’avvio della stagione estiva gli orientamenti sono diversi e spesso confliggenti. Oggi il Tar di Bari ha dichiarato illegittima la procedura di gara per 21 stabilimenti a Monopoli, stabilendo la proroga delle concessioni al 2033. Scelta che contrasta con la pronuncia dell’organo amministrativo superiore, appunto il Consiglio di Stato. L’avvocato che ha difeso le ragioni dei 21 stabilimenti commenta: “Il caso di Monopoli dimostra che oggi, alla luce del diritto europeo, non vi è alcuna necessità di bandire gare per le concessioni”.

La prossima riunione del tavolo tecnico governativo su questo dossier è in agenza per il prossimo 12 giugno, quindi dopo le elezioni europee, e in formato ristretto, con i tecnici dei ministeri e i rappresentanti delle regioni, ma senza quelli della categoria. Lo scopo è la “definizione dei lavori all’esito dell’interlocuzione con la Commissione europea“, che al momento, però, ancora non ha portato a risultati. L’esecutivo cerca una soluzione per evitare che la procedura di infrazione, per violazione della direttiva Bolkestein, arrivi davanti alla Corte di giustizia europea, ma non ci sarebbe piena sintonia tra gli alleati su come agire.

Come ormai noto, tutto si gioca intorno alla nozione di scarsità del bene, in questo caso le spiagge da dare in concessione. Se sono tali, le norme europee, prevedono la messa a gara. Diversamente non è necessario. Da qui l’operazione di mappatura avviata dal governo, anche per guadagnare tempo. La prima ricognizione è stata considerata non attendibile da Bruxelles poiché effettuata con criteri estremamente arbitrari. Ora è in corso una seconda ricognizione.

In molti casi i canoni annuali sono irrisori. Secondo un rapporto della Corte dei conti, lo Stato incassa ogni anno da oltre 12mila concessioni, appena 92 milioni di euro. Una media di circa 7.60o euro a stabilimento, a fronte di fatturati medi stimati in 260mila euro. Lo scorso dicembre il ministero delle Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, ha deciso di ridurre ulteriormente i canoni del 4,5%.

Il dossier è in mano ai ministri Raffaele Fitto (Affari europei) e Matteo Salvini (Infrastrutture), e fra i due c’è disallineamento sulla strategia, come riconoscono anche nella maggioranza. Pure per questo motivo l’interlocuzione con Bruxelles non starebbe facendo, al momento, grandi passi avanti. I comuni si muovono in ordine sparso. C’è chi rinvia la decisione, chi proroga le concessioni e chi procede alle gare per quelle giunte a scadenza. È il caso del comune veneto di Jesolo dove le nuove assegnazioni sono state vinte da nuovi concessionari. I vecchi gestori però fanno muro: hanno sigillato i capanni con i servizi igienici e i chioschi per la ristorazione. I vincitori delle nuove assegnazioni si trovano così nell’impossibilità di mettere a disposizione dei bagnanti le strutture nella loro completezza.

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