Il consigliere comunale di Fratelli d’Italia arrestato, il candidato sindaco del Pd indagata, la figlia del boss che intercettata dice che è pronta anche a prepararsi per le europee facendo votare la Lega di Salvini. Basta solo questo a dimostrare ancora una volta la ‘trasversalità’ della camorra quando si occupa di politica e che viene testimoniato nell’inchiesta della Dda di Napoli che ha portato all’arresto di 7 persone e a un totale di 15 persone iscritte nel registro degli indagati per voto di scambio politico mafioso per le elezioni amministrative di Cercola. Ed è forse anche per questo per il gip di Napoli nel maggio del 2023 la democrazia è stata messa all’asta a Cercola, in provincia di Napoli.

La figlia del boss e i certificati elettorali – Per gli investigatori, a Cercola, tra la prima tornata elettorale del 14 e 15 maggio 2023, e il successivo ballottaggio del 25 e 26 maggio, la camorra (in particolare i clan Fusco-Ponticelli e De Micco-De Martino, legati al potente cartello malavitoso dei Mazzarella) si è adoperata per favorire alcuni candidati, malgrado ciò comunque non eletti. A far scattare l’inchiesta dei carabinieri e dei pm Henry John Woodcock e Stefano Capuano è stata la Polizia Locale a cui è sembrato sospetto che Antonietta Ponticelli (all’epoca rappresentante della lista “Europa Verde”), figlia del boss ergastolano Gianfranco Ponticelli, condannata per associazione a delinquere di tipo mafioso e interdetta dai pubblici uffici, si presentasse nell’ufficio elettorale comunale con decine di deleghe, alcune rivelatesi false, con le quali intendeva ritirare una trentina di tessere elettorali per conto di altrettanti cittadini che ne avevano dichiarato lo smarrimento.

“Ora ci prepariamo per le europee” – La stessa Ponticelli è stata intercettata, nel maggio 2023, mentre parlava con un interlocutore sconosciuto dei nomi da sostenere alle Europee. “Va bene ora ci si stanno preparando per quelle altre lì…per le Europei…tu con chi stai per l’Europei?”, dice la Ponticelli e il suo interlocutore risponde: “Non lo so ancora…dipende poi chi mi viene a chiamare come corrente, sempre di sinistra hai capito, quello Salvini è di destra…”. Antonietta Ponticelli cita ancora il leader della Lega in quella conversazione (“comunque ti posso tenere in considerazione anche per votare a Salvini“) intrapresa per assicurarsi l’appoggio del suo interlocutore. Grazie alle intercettazioni, ma non solo, si è scoperto una compravendita del voto alle amministrative pagato 30 euro per la prima tornata elettorale e 20 per il ballottaggio.

Agli indagati viene contestato, a vario titolo, lo scambio elettorale politico mafioso e i reati, anche questi in forma aggravata, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo. Oltre alla Ponticelli, tra gli arrestati figurano anche la candidata a consigliera comunale, Giusy De Micco (all’epoca iscritta nella lista Europa Verde), che si sarebbe accordata con la camorra: attraverso il padre e il fratello, Giovanni e Sabino De Micco, 75 e 25 anni (anche loro arrestati, il primo ai domiciliari), avrebbe versato 1.800 euro in cambio di un pacchetto di una sessantina di voti. Arrestati anche la sorella di Giusy, Giuseppina De Micco, 50 anni, Salvatore Capasso, 45 anni, e Pasquale De Micco, 51 anni. La compravendita di voti però non ha dato i suoi frutti: i candidati appoggiati dalla camorra non sono stati eletti, malgrado l’esborso e il controllo esercitato da alcuni rappresentanti di lista vicini alle organizzazioni criminali. Dalle indagini emerge che la Ponticelli abbia anche chiesto la restituzione del denaro dopo avere scoperto che gli elettori a cui si era rivolta in realtà non avevano votato il candidato indicato. Non solo. Qualcuno avrebbe preso soldi da più candidati, scatenando anche invettive moraliste da parte di qualche indagato.

Il consigliere arrestato e il candidato sindaco indagato – Tra gli arrestati c’è il consigliere della VI municipalità di Napoli Sabino De Micco, esponente di Fratelli d’Italia. De Micco, titolare della ditta Sdm Group che gestisce diversi Caf e patronati a Napoli e provincia, è di recente transitato da Forza Italia a Fratelli d’Italia ed è stato nominato presidente del circolo Fdi nella Sesta municipalità. È fratello di Giusy De Micco. Secondo quanto riportato nell’ordinanza firmata dal gip, i fratelli De Micco avrebbero “stipulato un accordo con le associazioni mafiose radicale nel comune di Cercola e nell’area orientale di Napoli, corrispondendo materialmente la somma di 1.800 euro a Giovanni De Micco, zio di Salvatore De Micco, referente del clan Mazzarella, e alla figlia di questo, Giuseppina De Micco, operanti in concorso con Antonietta Ponticelli, pregiudicata per appartenenza a sodalizio camorristico e figlia dell’ergastolano Gianfranco, capo dell’omonimo clan, in cambio della promessa di un pacchetto di voti, che il sodalizio si impegnava a procurare, per un corrispettivo di 30 euro per ciascun elettore”.

Contrariamente a quanto sostenuto del pm, secondo il gip “non sembra allo stato essere dimostrata l’esistenza un più consistente sistema di elargizioni, relativo al prime turno della tornata elettorale e riferibile al candidato sindaco Antonio Silvano per un importo di circa 20mila euro”. Il candidato sindaco Pd Antonio Silvano è stato sconfitto al ballottaggio dal candidato del Movimento 5 Stelle Biagio Rossi, attuale sindaco di Cercola.

“Compravendita di voti una prassi” – La compravendita dei voti in occasione di ogni tornata elettorale “è prassi, avvertita come necessaria da parte dei protagonisti politici oltre che accettata dagli elettori, diffusa e trasversale a tutti gli schieramenti” scrive nell’ordinanza il gip di Napoli Marco Carbone. Lo spaccato che si ricava dalle conversazioni intercettate, si legge ancora nell’ordinanza, “è così inquietante da superare per grossolanità e totale assenza di senso della misura quello messo in scena, con l’intento di suscitare ilarità attraverso il paradosso più estremo, da registi e comici professionisti nei film di finzione”. A prova di ciò il caso di un’elettrice, che ha ricevuto 30 euro per orientare il suo voto in occasione del primo turno; la donna, alla notizia della necessità del turno di ballottaggio, dice: “Allora abbiamo altre 30 euro”. Uno scenario in cui “la democrazia è all’asta – scrive il magistrato – con una base di 20 euro e rialzi a tal punto irrisori che quasi la metà degli elettori preferisce incamerare e cumulare anche il più basso prezzo offerto dalla concorrenza, senza dar seguito alla promessa di voto”. Questo farà guadagnare all’elettrice addirittura gli strali e le accuse di “slealtà” da parte dei corruttori, oltre all’inizio di condotte intimidatrici volte al recupero delle somme corrisposte ai singoli elettori sospettati di “tradimento”.

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