Era l’estate del 2020 quando scoppiò il caso dei neonati contagiati e “uccisi” dal Citrobacter koseri. Così quando venerdì scorsi un test ha dato un risultato positivo all’ospedale Borgo Trento di Verona è scattato l’allarme. Anche perché sono stati tre i neonati contagiati. L’Azienda ospedaliera universitaria integrata (Aoui) cittadina ha fatto sapere con una nota che “stanno bene” e che “l’allerta era scattata venerdì 3 maggio quando il sistema di sorveglianza attivo con screening h24, per ingressi e degenti in Terapia intensiva neonatale, grazie al test avanzato utilizzato per la ricerca di Citrobacter koseri ha segnalato un risultato anomalo, per la prima volta dopo 4 anni“. Fra il 2018 e il 2020, infatti, all’ospedale di Borgo Trento il batterio C. Koseri contagiò un centinaio di neonati, con 4 morti e una decina di piccoli che a causa dell’infezione hanno riportato disabilità. Si era poi scoperto che il batterio era annidato nel rubinetto della Terapia intensiva neonatale.

I risultati delle indagini sui 3 neonati “hanno ridimensionato l’allerta”, rassicura l’Aoui. “Un neonato è stato già dimesso a casa in buone condizioni, un secondo si è negativizzato e solo uno risulta ancora positivo, ma senza segni di infezione, quindi sta bene”. L’azienda precisa che “non è attualmente possibile stabilire se il batterio individuato sia dello stesso ceppo di 4 anni fa, in quanto l’indagine genomica predisposta richiede tempi più lunghi. Inoltre, a completezza di informazione, si sottolinea che l’acqua distribuita nell’ospedale è sicura perché sottoposta a controlli sistematici e tutti i punti acqua a cui sono esposti i pazienti sono dotati di filtri anti-batteri”.

Il risultato anomalo del test per il Citrobacter koseri “ha fatto scattare subito i protocolli rigidi di isolamento e innalzamento della protezione in Terapia intensiva neonatale” Tin: “Verifiche straordinarie, convocazione Gruppo infezioni ospedaliere e Commissione infezioni ospedaliere” (Gio e Cio), prosegue l’Aoui veronese. “In via precauzionale, su indicazione della Cio, sono stati immediatamente sospesi i ricoveri delle gravide al di sotto della 33esima settimana di gestazione, poiché i nati prematuri necessitano nella maggior parte dei casi di ricovero in Tin. Le disposizioni attive per la Tin non interessano i parti a termine – puntualizza l’azienda – Il Pronto soccorso ostetrico ginecologico, infatti, rimane attivo per le emergenze-urgenze in gravidanza a qualsiasi epoca gestazionale e per tutte le gravidanze con epoca superiore alla 34esima settimana. Inoltre è stato attivato il servizio di trasporto in ambulanza per le partorienti pretermine già ricoverate per le quali i clinici ritengano il trasferimento in altre strutture venete fattibile in sicurezza”.

“Si tratta di un microrganismo ubiquitario – afferma Luca Brizzi, direttore Uoc Funzioni igienico sanitarie e Prevenzione dei rischi – Basti pensare che un organismo sano convive con almeno 2 milioni di batteri senza che questo crei problemi di salute. Ovviamente questo non vale per i soggetti fragili come, ad esempio, i neonati prematuri che hanno un sistema immunitario fragile. Per questo motivo il governo del rischio infettivo nella nostra Terapia intensiva è quotidianamente altissimo, come ha dimostrato la tempestiva individuazione del primo caso anomalo. È quindi seguita l’immediata attivazione di un protocollo straordinario e, come prassi aziendale, la direzione generale ha prontamente attivato una task force dedicata attiva h24″.

L’Aoui di Verona elenca i dettagli del protocollo straordinario scattato immediatamente: sopralluogo in Tin; verifica dell’applicazione delle procedure precauzioni standard, precauzioni aggiuntive e focus sull’aderenza alle procedure per l’igiene delle mani; attivazione straordinaria di sanificazione ambientale aggiuntiva a quella quotidiana; sospensione dei trasferimenti dei pazienti verso altre unità operative; identificazione di équipe medica e infermieristica dedicata ai neonati per i colonizzati; controlli straordinari di microbiologia su tutti i pazienti presenti; convocazione Gio e Cio; limitazione precauzionale accesso prematuri alla Tin; approfondimento microbiologico con tecnica a spettroscopia infrarossa trasformata di Fourier e a whole genome sequency (Wgs); attivazione h24 task force.

“Se avessero fatto cinque anni fa quello che hanno fatto oggi, chiudendo il reparto, non avremmo avuto quattro neonati morti, tra cui mia figlia Nina, e 6 cerebrolesi. La situazione attuale dimostra la gravità e la sottovalutazione della situazione di allora, anche se la Procura ha chiesto l’archiviazione per due delle tre fasi della contaminazione esaminate da un perito, ravvisando ipotesi di responsabilità penale solo nella terza fase, riferita a due soli neonati. – dichiara Francesca Frezza, la mamma che per prima ha lanciato l’allarme, presentando denunce e manifestando davanti all’ospedale di Borgo Trento a Verona. Il 31 maggio ci sarà l’udienza davanti al gip di Verona, dove ho presentato opposizione alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero”. La figlia Nina, nata l’11 aprile 2019 aveva contratto il micidiale Citrobacter nel reparto di terapia intensiva neonatale ed era morto a Genova nel novembre successivo

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