Significato della parola “mito”, direttamente dalla Treccani: “Dal greco μῦϑος, narrazione fantastica tramandata oralmente o in forma scritta, con valore spesso religioso e comunque simbolico, di gesta compiute da figure divine o da antenati che per un popolo, una cultura o una civiltà costituisce una spiegazione sia di fenomeni naturali, sia dell’esperienza trascendentale…”. Trent’anni dopo la tragica scomparsa di Ayrton Senna si può legittimamente parlare di mito. Quel giorno Senna morì e nacque il suo mito. In Brasile fu uno choc profondo: tre giorni di lutto nazionale e il ritorno della salma in patria a bordo dell’aereo presidenziale. Il 17 luglio 1994, settantasette giorni dopo lo schianto di Imola, la nazionale brasiliana di calcio, campione del mondo per la quarta volta nella storia, gli dedicò il successo. L’omaggio di un mito, la Seleçao, a un altro mito, ovvero a colui che, secondo uno studio della F1, è stato il pilota automobilistico più veloce di sempre. Leonardo Nascimento de Araùjo faceva parte di quella nazionale. Era uno dei calciatori più legati a Senna. L’ex dirigente di Milan e PSG in questi giorni è in Brasile.

Come nacque l’idea di dedicare la vittoria del mondiale 1994 a Senna?
Undici giorni prima di quel maledetto primo maggio, il Brasile giocò un’amichevole contro il Psg e Senna diede il calcio d’inizio. Dopo il match, ci fu la cena alla quale Ayrton partecipò. Parlammo di un obiettivo comune: noi volevamo il quarto titolo mondiale nel calcio, lui il quarto titolo del mondiale piloti. Quando morì, vincere il titolo iridato negli Stati Uniti divenne per noi una forma d’impegno per onorare la sua memoria e coinvolgerlo nel nostro successo.

Dopo il trionfo in finale ai rigori sull’Italia, mostraste lo striscione con la scritta “Senna, abbiamo accelerato insieme, il quarto titolo è nostro!”.
Avevamo mantenuto la promessa.

Senna morì nelle prime ore del pomeriggio a Imola. In Brasile era tarda mattinata.
Il Brasile fu sconvolto dalla notizia. Quel giorno erano in programma un paio di derby di calcio: San Paolo-Palmeiras e Flamengo-Vasco da Gama. Finirono in parità, per inerzia, giocati in un’atmosfera surreale. Io ero in campo con il San Paolo e ricordo il silenzio dello stadio. I novanta minuti furono un supplizio. Non avevamo la testa per rincorrere il pallone.

Lei aveva un rapporto speciale con Senna.
Dicevamo che ci assomigliavamo fisicamente. Con lui era bello parlare e soprattutto ascoltarlo. Non era mai banale.

Si può accostare il mito di Senna a quello di Pelé?
Calcio e Formula Uno sono sport diversi. Il calcio è lo sport del popolo, alla portata di tutti, ma Senna riuscì a conquistare la passione popolare grazie alla sua bravura e al suo coraggio. Si esaltava con la pioggia. Lo chiamavano il mago della pioggia.

Che cosa ha contribuito a creare il mito?
Oltre alle sue doti di uomo e di pilota, penso sia stata la sua tragica scomparsa all’età di trentaquattro anni. Non è normale morire così giovani. Il suo addio precoce lo ha reso eterno.

Senna amava il calcio?
Non era tifosissimo, ma gli piaceva giocare. Era veloce, come in pista.

Il Brasile come sta vivendo la ricorrenza del trentennale di quel pomeriggio maledetto?
Nel nostro paese Senna non è ricordato solo in queste occasioni. La fondazione a suo nome, alla quale si è dedicata con grande passione la sorella Viviane, porta avanti il progetto che stava a cuore a Ayrton: aiutare i bambini meno fortunati a studiare e crearsi un futuro. Ricordo una sua frase: i ricchi non possono vivere su un’isola circondata da un oceano di povertà. Bisogna dare a tutti una possibilità.

Il mito di Senna è stato alimentato anche dalla cultura, la musica in particolare: la canzone “Ayrton” di Lucio Dalla (2016), “Saudade” di Chris Rea, il brano “Live or Die” dedicatogli dalla band The Rock Alchemist. Il cinema gli ha dedicato un film ed è in arrivo una miniserie in tv.
“Senna è un mito globale. La sua dimensione va ben oltre i confini sportivi. E’ stato un simbolo della velocità, un elemento che affascina l’umanità. Il mito di Ayrton è paragonabile a quello di Marilyn Monroe”.

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