La sera del 15 aprile l’annuncio del Prefetto di Imperia ai sindaci del Golfo Dianese, nel ponente ligure: “Il Cpr in Liguria sarà istituito nell’ex-Caserma Camandone di Diano Castello”. Poi la sollevazione di un’intera provincia: sindaci, associazioni di categoria, sindacati, associazionismo, partiti di maggioranza e opposizione, con l’assessore regionale Marco Scajola che arriva a definire la scelta governativa annunciata dal prefetto Valerio Massimo Romeo “un’offesa al territorio e una mancanza di rispetto, perché non ci sono stati confronto e condivisione, una decisione intollerabile calata dall’alto”. Neanche 24 ore dopo l’annuncio in sedi ufficiali, la smentita: “Il Ministro – scrive in una nota Regione Liguria – ha riferito al governatore che quella di Diano Castello rimane solo una delle ipotesi allo studio”. Stando al comunicato della Regione, a tranquillizzare telefonicamente Giovanni Toti è lo stesso ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, sebbene il ministero incaricato della progettazione e realizzazione dei contestati Centri di permanenza per il rimpatrio sembrava dover essere quello della Difesa.

Se Giovanni Toti nei mesi scorsi non si era mai espresso contrariamente all’apertura del Cpr, garantendo massima disponibilità e fiducia nella capacità di scelta del luogo da parte di Governo e Prefettura, oggi pare prevalere una posizione di maggiore considerazione delle istanze del territorio, vista l’analoga situazione di conflitto aperta nel savonese a proposito del rigassificatore. Tra le idee dell’ex ministro dell’interno dem Marco Minniti che hanno avuto più successo nella propaganda di centrodestra, quella di aprire un centro in ogni Regione, a distanza di sei mesi dai primi annunci, sembrerebbe fermarsi di fronte ai continui ostacoli rappresentati dalle opposizioni dei territori interessati. Il primo passo sembrava muoversi in Liguria, ma dopo qualche ora di fibrillazione, la compatta sollevazione popolare e istituzionale sembrerebbe aver suggerito al Governo una frettolosa marcia indietro.

“Ogni voce circa una scelta già effettuata dal Ministero è al momento priva di qualsiasi fondamento” scrive adesso la Regione, contraddicendo apertamente quanto dichiarato ieri ai sindaci del territorio interessato dal Prefetto, soggetto che difficilmente prende iniziative non concordate con i livelli superiori. In attesa di ulteriori eventuali sviluppi e chiarimenti, residenti, associazioni di categoria e sindaci del Golfo Dianese restano sul piede di guerra. Escludendo l’altra ipotesi che era circolata, riguardante una caserma fatiscente e in area esondabile sul territorio di Albenga, il Comitato No Cpr dell’Imperiese si è attivato per “scongiurare definitivamente” che prevalga l’ipotesi Diano Castello. Ad animare la mobilitazione contro la struttura non sono tanto le realtà del mondo sociale e solidale, cattolico e sindacale, contrarie per motivi legati alle lacune emerse in questi anni nel rispetto dei diritti umani e costituzionali delle persone trattenute in questi luoghi, quanto i sette sindaci del territorio e commercianti, albergatori, ristoratori, balneari.

È l’impatto sul valore delle case e sull’economia di un piccolo territorio a vocazione turistica quello che più preoccupa in questa zona amministrata prevalentemente dal centrodestra: “Respingiamo l’ipotesi di apertura di un Cpr sul nostro territorio, che non può essere imposta senza alcun rispetto della contrarietà manifestata da mesi in tutte le sedi dai sindaci e dalle associazioni di categoria” spiegano dal Comitato che in questi mesi ha raccolto migliaia di firme contro l’apertura della struttura, che dovrebbe ospitare 50 persone ristrette e controllate da 100 tra gestori privati e operatori di polizia.

Visto che la legge lo consente, gli enti locali temono di essere solo “sentiti”, ma di fatto ignorati, dal Governo, libero di aprire queste strutture dove ritiene più opportuno. “Se dovessero confermare questa ipotesi non dico che occuperemo la caserma perché andremmo sul penale – si sfoga senza mezzi termini al Fatto il presidente di Confcommercio Paolo Saglietto – ma di certo organizzeremo proteste eclatanti. In particolare chiediamo ai deputati eletti sul nostro territorio, Edoardo Rixi (Lega) e Paolo Berrino (Fdi), di farsi sentire per spiegare al loro Governo quanto possa essere deleterio aprire un Cpr in un territorio come il nostro. Non si può associare una località turistica dove le famiglie vengono a trascorrere settimane di mare a un luogo di detenzione dove le persone vengono tenute in condizioni tali da suscitare continue sommosse, strutture che in tutta Italia hanno creato solo problemi e stanno chiudendo”.

Sulle barricate anche il presidente di Federalberghi Davide Trevia: “Non sarà facile andare contro la contrarietà di tutto il territorio, siamo un fronte compatto e ci faremo sentire”. Prima del passo indietro le associazioni di categoria avevano già programmato una conferenza stampa per questo venerdì e una serie di iniziative di protesta per la settimana successiva: “Solo nell’ambito alberghiero parliamo di 65 strutture, 11 campeggi e 35 tra residence e case vacanze pronte a mobilitarsi insieme agli abitanti – argomenta Trevia – perché le famiglie qui vengono per andare al mare, non convivere con una zona militarizzata dove vengono trattenute fino a 18 mesi persone che poi vengono rilasciate senza riferimenti sul territorio”.

Se anche venisse confermata la scelta di Diano Castello, la struttura necessiterebbe comunque di un vasto lavoro di bonifica e ristrutturazione, come spiega da mesi il sindaco Romano Damonte, espressione del centrodestra come gran parte degli amministratori dell’imperiese, tra i primi a sollevarsi: “Quella Caserma è in piena zona residenziale-turistica, a pochi passi dal mare e non ha nessuna delle caratteristiche che la renderebbero funzionale agli obiettivi dichiarati dal Governo – dichiara al Fatto – Faremo tutto il possibile per evitare che quella struttura diventi un luogo di concentramento, oltre tutto una parte è già essenziale per il Comune perché Cassa depositi e prestiti ce l’ha concessa come magazzino, mentre nel corpo centrale con la palazzina di comando, l’unico utilizzabile, da anni vorremmo creare la sede dei servizi sociali comprensoriali del Golfo Dianese e alla protezione civile”.

Il Cpr andrebbe quindi a “calpestare” un progetto di valorizzazione dell’ex-caserma che era già stato avviato dall’amministrazione. “I Cpr vengono proposti come foglie di fico per nascondere la totale inadeguatezza del governo a gestire i flussi in sinergia con i territori – commenta al Fatto il segretario ligure del Pd, che rilancia il cambio passo sul tema dell’immigrazione rispetto alle precedenti posizioni del suo partito -. Per noi oggi si tratta di strutture superate, disumane e inefficaci, contro le quali ci battiamo non solo nella provincia di Imperia ma in qualsiasi territorio”. Tra i primi a opporsi all’ipotesi di apertura del Cpr anche le organizzazioni sindacali di Imperia, con la Cgil che in una nota conferma la propria contrarietà alla struttura “per i costi che comporterebbe, perché concentrerebbe i migranti provenienti anche dalle zone più lontane che dopo 18 mesi sarebbero abbandonati proprio sul territorio ligure, perché richiederebbe un presidio costante di forze di polizia sottraendole ad altri compiti. Infine dannosa perché inumana e priva dei più elementari contenuti di assistenza alle persone trattenute. Per questi motivi la Cgil è vicina ai cittadini e ai sindaci che oggi protestano e conferma il giudizio negativo sulle scelte del Governo”.

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