Gli istruttori militari russi sono arrivati, nei giorni scorsi, in Niger a bordo di un aereo carico di rifornimenti militari, per rinforzare la cooperazione difensiva con la strategica nazione del Sahel. Lo sbarco equivale a un significativo passaggio di consegne tra le forze militari francesi, cacciate dal Paese in seguito al colpo di Stato militare del 2023 e le forze armate di Mosca, che ha espanso la propria sfera d’influenza nel Sahel a discapito di quella dell’Occidente. L’ex colonia francese, settimo produttore di uranio al mondo e tra i principali fornitori di questa risorse all’Unione Europea, ha scelto di puntare sulle forze del Cremlino per provare a sconfiggere l’insurrezione islamica che, da anni, devasta la regione del Sahel. I vantaggi sono evidenti per entrambe le parti: Niamey può beneficiare del supporto militare di una nazione poco interessata al rispetto dei diritti umani ed allo stato di salute della democrazia locale mentre Mosca può danneggiare gli interessi americani ed europei espandendosi in loco. La Russia ha già stretto ottime relazioni con il Burkina Faso ed il Mali, anch’essi alle prese con le insurrezioni islamiche e retti da giunte golpiste, a discapito di Bruxelles e della democrazia locale.

Gli Stati Uniti, che hanno più di 600 soldati di stanza in Niger, avevano investito molto sull’addestramento delle forze militari locali per sconfiggere i ribelli islamici ma i loro sforzi si sono rivelati controproducenti. Sono state, infatti, proprio le unità d’élite dell’esercito a rovesciare il governo democraticamente eletto e ad insediare la giunta militare al potere. Ora sembra difficile che gli Stati Uniti non ritirino le truppe ed il personale dell’Ambasciata dalla nazione africana. La giunta nigerina aveva inoltre reso noto, lo scorso dicembre, di voler porre fine agli accordi in materia di difesa e sicurezza stipulati con l’Unione Europea per sostenere le autorità nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e all’immigrazione irregolare. L’annuncio, come ricordato dall’Agenzia Nova, aveva coinciso con la presenza nel Paese di Junus-bek Yevkurov, vice-ministro della Difesa di Mosca giunto in Niger dopo aver fatto visita in Mali e Libia, con cui erano stati siglati accordi per il rafforzamento della cooperazione militare.

La crisi nei rapporti tra Niger ed Unione Europea non sembra però aver danneggiato le relazioni tra Roma e Niamey. L’Italia ha ripreso la collaborazione con i militari locali addestrando le truppe e il generale Francesco Paolo Figliuolo, al vertice del comando che coordina tutte le missioni all’estero citato da Repubblica, ha ricordato durante un’audizione in parlamento che “l’Italia è l’interlocutore privilegiato del Paese, che continua ad essere il crocevia di tutti i flussi migratori sia dal Sahel sia dal Corno d’Africa. Il Niger è pertanto un’area di prioritario interesse nazionale: per tale motivo, e nella considerazione che un’eventuale uscita delle nazioni occidentali lascerebbe “spazi di manovra” all’allargamento della presenza di altri attori nella regione, come avvenuto in Mali e in Burkina Faso, riteniamo di primaria importanza consolidare la nostra presenza“. L’Italia, mentre gli Stati Uniti rischiano di perdere il controllo della strategica base militare in Niger, potrebbe più che raddoppiare la presenza nella nazione africana ed arrivare ad avere più di 500 soldati, che agiscono nell’ambito della Missione Italiana in Niger (MISIN), stanziati sul terreno.

La decisione di mantenere i propri effettivi in Niger potrebbe consentire a Roma di ampliare la propria influenza nella regione e di monitorare i tentativi di penetrazione di Russia e Cina. Si tratta, però, di una scelta che potrebbe dare seguito a tensioni e imbarazzi con la restante parte degli alleati occidentali e con alcune nazioni dell’Africa Occidentale. Queste ultime, riunite nella Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), avevano minacciato negli scorsi mesi di intervenire militarmente in Niger per rimuovere la giunta militare anti democratica. Il tentativo di inserimento di Roma potrebbe inoltre irritare Parigi, ex potenza coloniale della regione dove per decenni ha mantenuto stretti legami economici e politici, ora in forte declino nel Sahel ma pur sempre desiderosa di ritagliarsi un posto importante sullo scenario africano. C’è, poi, la questione degli estremisti islamici, legati allo Stato Islamico ed Al-Qaeda, che si sono rivelati particolarmente attivi e pericolosi per la popolazione civile ma anche per i soldati nemici che li devono contrastare.

Articolo Precedente

Israele-Iran, Guterres (Onu): “Il Medio Oriente è sull’orlo del baratro, non possiamo permetterci altre guerre”

next
Articolo Successivo

Maduro rilancia la serie animata “SuperBaffo” (con lui stesso come protagonista) per farsi rieleggere in Venezuela

next