di Francesco Petrelli*

La fotografia restituita dai nuovi dati preliminari dell’Ocse per il 2023 sull’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), pubblicati giovedì, ci dà l’esatta misura dell’inadeguatezza dell’impegno dell’Italia e più in generale dei Paesi ricchi per ridurre la povertà globale e le immense disuguaglianze che attraversano il pianeta e internamente le nostre società. Un insieme di Paesi che da soli rappresentano il 75% dell’economia mondiale, sembrano infatti essere guidati da leadership che a grandi proclami non sanno far conseguire impegni concreti di sorta. E con quanto sta accadendo oggi nel contesto internazionale più che di mancanza di visione politica, bisognerebbe parlare di pura e semplice irresponsabilità. Soprattutto, se come il nostro governo si parla tanto di “Piano Mattei” per l’Africa, salvo poi andare nella direzione esattamente opposta.

L’aiuto globale ristagna, mentre l’impegno di stanziare lo 0,70% del reddito nazionale resta un miraggio

Ma andiamo per gradi e partiamo dai dati globali. Nel 2023 l’aiuto dai Paesi ricchi si è mantenuto sostanzialmente stazionario, facendo segnare una crescita di appena l’1,8% rispetto al ‘22, in buona parte dovuta al sostegno umanitario e finanziario per la crisi in Ucraina. Tuttavia non è stato fatto nessun nuovo sforzo significativo per dotare i paesi più poveri – spesso attraversati da guerre, carestie e dall’impatto del caos climatico – di risorse chiave per garantire beni e servizi essenziali come sanità e istruzione a centinaia di milioni di persone.

Nel frattempo resta un miraggio il mantenimento dei solenni impegni presi da parte degli Stati oltre 50 anni fa e ribaditi nel 2015 con l’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile. In particolare quello di raggiungere lo stanziamento annuo in aiuto allo sviluppo dello 0.70% in rapporto al reddito nazionale lordo dei singoli Paesi. L’anno scorso, ad esempio solo 5 paesi europei – Lussemburgo, Norvegia, Svezia e Danimarca e Germania – hanno raggiunto questo obiettivo cruciale per il presente e futuro di centinaia di milioni di persone. E l’Italia di certo non è tra questi.

In media i Paesi ricchi nel 2023 hanno destinato appena lo 0,37% del loro reddito nazionale lordo globale agli aiuti allo sviluppo, rispetto allo 0,36% nel 2022: i 21 paesi donatori dell’Unione europea, con 92,6 miliardi di dollari complessivi raggiungono in media lo 0,52% nel rapporto APS/RNL e rappresentano il 41% del totale globale. Gli Usa da soli pesano invece per il 30%.

La retromarcia italiana

Come detto, l’Italia si distingue in modo particolarmente negativo. Il nostro Paese passa infatti dallo 0,33% di APS nel 2022 allo 0,27% nel 2023 sempre in rapporto al reddito nazionale lordo, con un taglio di ben 631 milioni di dollari. Una fotografia che sembra mille miglia lontana dall’enfasi sul nuovo ruolo auspicato dal nostro Paese verso l’Africa e il mondo.

Andando nel dettaglio si vede infatti come l’aiuto bilaterale diretto dall’Italia ai Paesi in via sviluppo nel complesso cala quasi del 25% e come gli aiuti bilaterali ai Paesi africani siano scesi da 515 milioni nel ’22 a 351 milioni nel ’23, facendo segnare un meno 32%. Lo stesso vale per i fondi destinati ai cosiddetti Paesi a basso tasso di sviluppo (LDC), ovvero i più poveri e fragili, che calano da 381 milioni di dollari nel 2022 a 265 nel 2022 (-30%); così come per gli aiuti destinati a fronteggiare le più gravi crisi umanitarie che crollano di ben 143 milioni, passando da 398 milioni a 255 (- 36%). Nonostante i bisogni umanitari siano in netta crescita alla luce delle gravissime crisi umanitarie che ci circondano.

Infine, si conferma per l’Italia la tendenza che vede buona parte dell’aiuto allo sviluppo essere destinato a far fronte all’accoglienza dei richiedenti asilo, senza un doveroso aumento delle risorse messe sul piatto: l’anno scorso quasi un terzo del totale. Certamente su questi numeri pesa l’aumento degli arrivi attraverso il Mediterraneo passati da 104mila nel 2022 al numero record di 155mila nel 2023, resta però un’evidenza lampante: si tratta di risorse che ancora una volta non vengono destinate ai Paesi poveri.

Eppure le risorse ci sarebbero…

In tutto questo c’è infine da notare come questo trend non sia dato da una carenza di risorse ma dalla mancanza di volontà politica. Basti pensare alla possibilità di tassare i grandi patrimoni dell’0,1% dei cittadini più ricchi che permetterebbe ad esempio all’Italia di disporre di un gettito addizionale tra i 13,2 e i 15,7 miliardi all’anno.

Viviamo in un mondo in cui, in un solo mese, gli uomini più ricchi del pianeta incrementano di decine di miliardi di dollari le proprie fortune, mentre decine di migliaia di donne nei Paesi più poveri del mondo muoiono di parto o durante la gravidanza. Esiste una prova più evidente delle enormi ingiustizie e disuguaglianze a cui stiamo assistendo?

*portavoce e policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia

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