Una delibera della regione Lazio, la 983 sul Piano di riorganizzazione di alcuni servizi sanitari, rischia di mettere in discussione uno di quei servizi che in questi ultimi anni ha funzionato piuttosto bene: quello delle case-famiglia per utenti autistici. La questione è piuttosto complessa: la Regione Lazio, erogatrice di servizi sanitari, avrebbe il compito di coprire una parte delle spese per il funzionamento delle case-famiglia, Roma Capitale invece per quanto riguarda l’aspetto socio-assistenziale. Si va da un rapporto 70-30 a 40-60 del finanziamento, a seconda della gravità o meno della condizione sanitaria dell’utente. In realtà, spiega l’assessora ai servizi sociali del Comune di Roma, Barbara Funari, “in tutti questi anni si è andati un po’ in deroga alle norme, anche perché le Asl certificavano lo stato di salute dell’utente e spesso chiedevano provvedimenti ad hoc alla Regione Lazio per cui si è creato negli anni un certo caos”.

Un caos che dalla sede di via Cristoforo Colombo, sede del Consiglio regionale, avevano provato, sin dai tempi della giunta Zingaretti, a riportare alla norma: la Regione Lazio infatti si è trovata in molti casi a coprire le spese dell’intero servizio e non è la prima volta che la questione viene affrontata con un aut aut. Stavolta però pare definitiva.

La delibera ha individuato 89 casi (su circa 400 utenti autistici in tutta la regione) su cui intervenire entro il 30 giugno 2024, come prevede la delibera 983: per chi non dovesse rientrare nei criteri per l’erogazione del servizio nelle case-famiglia verrà trovata un’altra soluzione. Quale? Non si sa. Si parla di microstrutture, non si è capito se già esistenti o da individuare. In ogni caso, situazioni molto diverse da un clima da casa-famiglia a uno molto più “ospedalizzante”. Dal Comitato di familiari e lavoratori di associazioni e cooperative che operano nel settore, che in questi mesi hanno manifestato più volte sotto la regione Lazio, lo dicono chiaramente: “Questo è un tentativo, con la scusa del bilancio, di ospedalizzare persone per le quali invece il servizio socio-assistenziale nelle case-famiglia rappresenta un approccio adeguatamente umano e fino ad oggi assolutamente efficace”. A parlare è Sante Fabrizio Antonini, da 35 anni operatore sociale che lavora in una delle case-famiglia per autistici. “Noi siamo tre operatori per sette utenti – dice Antonini – la nostra giornata di lavoro prevede la colazione insieme agli utenti, poi attività ricreative, piscina, passeggiate. Un servizio che tende a diversificare l’approccio umano con le persone assistite che ogni fine settimana tornano in famiglia, per chi ha una famiglia. In una struttura dove rischiano di andare quegli 89 utenti, avrebbero due operatori per 12 di loro, dei quali uno è in genere un infermiere. Attività ricreativa zero, medicine, pasti e poi a letto. Il ritorno in famiglia è permesso soltanto 12 volte in un anno. Sembra di voler tornare indietro a prima della legge Basaglia”.

L’assessore regionale ai Servizi sociali, Massimiliano Maselli, giura che, nonostante la delibera 983 sia una sua iniziativa, nessuno di loro verrà trasferito dalle case-famiglia: “Assolutamente no – dice – dovranno passare sul mio cadavere. Assicuro che non avverrà nulla di tutto ciò”. Sì, ma cosa si prevede per il giorno dopo il 30 giugno prossimo, quando entrerà in vigore la norma? Avete parlato con il Comune, avete concordato per la divisione delle competenze? “Non stiamo al mercato – dice l’assessore – noi dovevamo mettere fine a questa situazione. Ora il Comune dovrà fare la sua parte”. Dal 1 luglio infatti, sarà solo e soltanto il Comune a dover coprire il servizio socio-assistenziale. L’assessora Funari però non nega le difficoltà finanziarie dell’amministrazione: “Dovremo raccogliere entro il giugno 2024, 4 milioni e settecentomila euro per l’erogazione del servizio. Il Campidoglio è già in difficoltà ma lo faremo. Saremo costretti a raccogliere le risorse qua e là tra i vari capitolati di spesa”.

Non era più logico parlarsi tra le amministrazioni, visto che di mezzo ci vanno soggetti fragili come utenti autistici e in seconda battuta anche i lavoratori, con la riduzione del servizio socio-assistenziale? “L’hanno voluta risolvere con una logica amministrativa, così di botto”. Intanto il Comitato di operatori e familiari degli utenti, attraverso il loro avvocato Vincenzo Perticaro, ha fatto ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento della regione Lazio. La prima udienza si terrà il prossimo 16 aprile.

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