Madrid – Real e Atletico -, Parigi, Londra, Manchester, Barcellona, Monaco di Baviera: tranne l’intrusione di Dortmund, i quarti di Champions propongono una sfida a distanza tra grandi città europee. Madrid, destinata a diventare la Londra del Mediterraneo; Parigi, che è sempre Parigi e si è fatta un bel trattamento chirurgico con i lavori per l’Olimpiade; Londra, che è sempre Londra anche nei tempi cupi della Brexit; Manchester, grigia, ma ricca e “giovanilista”; Monaco di Baviera, che è la capitale sudista della Germania; Barcellona, che sta riemergendo dalle pulsioni indipendentiste. Chi manca all’appello? L’Italia, tanto per farci – ancora – del male.

Abbiamo però un pezzo importante di tricolore, rappresentato dall’allenatore più vincente della storia moderna del nostro calcio, 26 titoli senza contare l’Intertoto 1999: Carlo Ancelotti. Il signor Champions: quattro trofei da coach (2003, 2007, 2014, 2022), due da giocatore (1989, 1990). Uno che ha l’Europa in tasca ed è l’unico ad aver vinto i campionati delle cinque leghe più importanti: Italia, Inghilterra, Francia, Spagna e Germania. Carlo Magno si ritroverà di fronte, per la terza stagione di fila, il Manchester City. Nel 2022 vinse Ancelotti, che andò poi a conquistare la Champions nella finale di Parigi contro il Liverpool. Nel 2023 s’impose il City, che salì sul tetto d’Europa nella sfida contro l’Inter a Istanbul. Il duello Ancelotti-Guardiola è il piatto forte di questi quarti: avrebbe meritato ben altra collocazione, vedi la finale. Uno dei due saluterà prima delle semifinali ed è un vero peccato.

Anche Guardiola profuma di Champions: tre da allenatore (2009, 2011, 2023), una da giocatore (1992). Ha imposto nel mondo il marchio di fabbrica del suo calcio, partendo dalla lezione di Sacchi – e qui le affinità elettive con Ancelotti -, ma plasmandolo sull’esperienza vissuta con un maestro come Cruijff. I contenuti del suo football si sono evoluti, sviluppando le linee verticali dopo aver percorso quelle orizzontali, nelle quali si sono incagliati altri allenatori, incapaci di aggiornarsi. Ancelotti (199 gare in panchina in Champions, 115 vittorie, 42 pareggi e altrettante sconfitte il bilancio) e Guardiola (169 match, 139 successi, 34 pari e 26 ko) sono il top di questi quarti. Il Real governa la Liga con 8 punti di vantaggio sul Barcellona. Il City è impegnato nella fantastica volata in Premier per il titolo: Arsenal e Liverpool a quota 71, la banda di Guardiola a 70. Un quarto di finale da urlo: Bellingham, Vinicius, Rodrygo contro Haaland, De Bruyne, Foden e scuse dovuti ai nomi che non citiamo.

Nella notte del 9 aprile, in contemporanea con Real Madrid-Manchester City, il menù prevede anche Arsenal-Bayern Monaco. L’emergente Mikel Arteta contro il deludente Thomas Tuchel, in uscita dal club bavarese. L’Arsenal ha acquisito solidità negli ultimi mesi, mentre il Bayern è stato schiantato in campionato dal Bayer Leverkusen di Xabi Alonso, nonostante i gol di Harry Kane: 32 solo in Bundesliga per il centravanti inglese. Un manifesto dell’inutilità, visti i risultati. Ma proprio questa situazione, con il Bayern fuori da tutto in Germania, rende la Champions l’ultima spiaggia di una stagione horribilis per i bavaresi. L’Arsenal sarà distratto/condizionato dalla corsa in Premier? La risposta è la chiave della doppia sfida.

PSG-Barcellona è il quarto della nostalgia. Luis Enrique si ritrova a fare i conti con il passato. Parigi non è stata finora una passeggiata per l’ultimo tecnico a vincere la Champions a Barcellona, nel 2015. La Ligue 1 è nelle mani dei Blues, ma Lucho, come fu ribattezzato a Roma, ha dovuto gestire il casoMbappé, la ribellione di alcuni giocatori – ultima vicenda la protesta di Mukiele al momento del cambio contro il Clermont – e i fischi del pubblico in alcune situazioni. Anche il Barcellona, come il Bayern, ha un allenatore in uscita: Xavi. Il giorno della finale Champions tra i blaugrana e la Juventus (3-1 per i catalani), il 6 giugno 2015 a Berlino, Xavi partì dalla panchina: entrò al 78’, al posto di Iniesta. Fu, quella, la sua ultima presenza con la maglia blaugrana, la cima di 767 partite, 25 titoli e 85 gol. Xavi sta per dire addio per la seconda volta al Barcellona. Difficile che ci sia una terza, anche se nel calcio mai dire mai.

Atletico-Borussia completa il quadro. Con tutto il rispetto, è il quarto meno glamour. L’Atletico Madrid dovrebbe essere ribattezzato AtleticoSimeone. Arruolato il 23 dicembre 2011, il tecnico argentino ha un contratto con i Colchoneros valido fino al 30 giugno 2027. In questi tredici anni di lavoro, ha inserito l’Atletico in pianta stabile al vertice del calcio spagnolo, terzo incomodo dell’eterna sfida Real-Barcellona. Ha conquistato due campionati di Spagna, due Europa League, due Supercoppe Uefa, una Copa del Rey, una Supercoppa di Spagna. Il suo calcio, ribattezzato Cholismo, si è evoluto nel corso del tempo, ma la base resta sempre quella di uno spirito feroce e di una grande attenzione alla fase difensiva. Il Borussia di Eden Terzic è uno dei migliori trampolini europei, ultimo nome della lista Jude Bellingham. Un football moderno, i giovani e il Muro Giallo del Westfalenstadion – l’impianto più grande di Germania – rappresentano la forza trascinante della squadra della Ruhr. L’ultimo titolo conquistato dai gialloneri – anche l’unico di Terzic da coach – è la Coppa di Germania 2021. Nel mondo, il Borussia ha un discreto appeal: ben otto club affiliati, dalla Grecia (Aris Salonicco) all’Australia (Marconi), passando per Giappone (Shonan Bellmare e Iwate Morioka), Vietnam (Hoa Binh), Thailandia (Burinam) e India (Hyderabad), fino a raggiungere il Canada (BVB Academy Waterloo). Da quelle parti tiferanno Borussia: ovvio.

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