Soldi che vengono e che vanno, aumentano e diminuiscono in base all’emergenza. Regioni che ne hanno di più e prima, altre che vanno in affanno: il sistema della distribuzione dei fondi per le borse di studio in Italia è complesso, caotico a guardarlo da vicino. Puntualmente gli studenti protestano: nelle scorse settimane sono scesi in piazza in Veneto, ma anche in Lazio. Sono migliaia i ragazzi idonei a ricevere il contributo ma che vivono col dubbio. Manca un finanziamento strutturale, ci sono ritardi nella distribuzione, i soldi arrivano dopo mesi. Il ministero prova a drenare, anche il Pnrr ha i suoi fondi, eppure tutto si inceppa. Anche quando i soldi sono tanti, si rischia di non coprire tutti o di non coprirli per tempo.

I dati – I numeri degli studenti idonei ma non beneficiari è sempre difficile da calcolare. Dalle stime che ricaviamo con l’aiuto dell’Unione degli Universitari (Udu), emerge una situazione difficile e frammentata. C’è, ad esempio, la Basilicata, che non riceve la quota premiale del fondo che finanzia le borse di studio da diversi anni. Poi Palermo, che ha una copertura del 47 per cento delle borse di studio. Questo significa che ce ne sono solo 6.633 su 13.550 che ne avrebbero diritto. A Messina, gli idonei non beneficiari sono 4.768. A Venezia all’incirca 1.200. E ancora, a Verona sono in 1.717 gli idonei non beneficiari: circa il 50 per cento non sa se riceverà borsa di studio. A Padova sono 2.654, a Pavia 1.218. Circa mille a Brescia. In Lazio erano in 7.733: è stato assicurato che saranno resi idonei beneficiari, in queste ore sono in corso scorrimenti e consegna prima rata e la situazione dovrebbe sbloccarsi. Rata che, però, sarebbe dovuta essere erogata entro dicembre e che invece arriva, quando arriva, con circa quattro mesi di ritardo nonostante il riparto dei fondi fosse stato addirittura anticipato.

Le testimonianze – “Sono costretta a fare la rinuncia agli studi – racconta ad esempio una studentessa al collettivo Sapienza Futura – è uno dei motivi è l’essere ancora idonea ma non vincitrice ormai a metà marzo. Gestire l’affitto da sola per me non è più possibile”. Assicura la partecipazione alla manifestazione degli studenti. “Non tanto per me ormai, quanto per gli altri studenti e studentesse che si trovano nella mia situazione”. Che ci sono. “Mi sono salvata per due settimane – spiega un’altra studentessa che sta per ricevere la rata – ad aprile avrei chiuso baracca”. In Abruzzo, si contano 888 idonei non beneficiari a L’Aquila e 202 a Teramo. La settimana scorsa, i Giovani Democratici hanno sollecitato il presidente della Regione appena confermato Marsilio, a farle arrivare: “Un silenzio assordante continua ad aleggiare intorno al finanziamento del diritto allo studio universitario in Abruzzo – hanno detto Saverio Gileno e Monaim Moutamid, rispettivamente segretario regionale e responsabile università Giovani democratici per l’Abruzzo – . Marsilio ha lanciato la sua ennesima promessa elettorale assicurando che il pagamento di tutte le borse di studio sarebbe avvenuto a breve, ma l’unico atto che egli ha realmente fatto è stato quello di negare il diritto alla formazione a 3.387 studenti e studentesse, idonei ma non beneficiari della borsa di studio”.

Mail bombing, pressione, Marsilio ha ribadito che avrebbero pagato tutto. In questi giorni c’è stato un ulteriore scorrimento delle graduatorie di qualche centinaio di posti ma, secondo l’Udu, l’Unione degli Universitari, restano comunque fuori centinaia di studenti. “Che senso ha avuto aumentare l’importo delle borse di studio se non sanno neanche dove prendere i soldi – scriveva online uno studente – siamo a metà febbraio e nulla: è la prima volta che succede”. “Quando mi sono diplomata ho pensato a lungo se iscrivermi o no all’università – dice Rosa Bellicini, che ha 19 anni e lavora come receptionist in un hotel – ma i miei non potevano permettersi la retta perché non hanno soldi da parte ed entrate fisse ogni mese e non trovavo un lavoro che mi desse tutti insieme i soldi per le rate. E nonostante so che ci sia l’opportunità delle borse di studio, non potevo rischiare di non prenderla o di prenderla in ritardo”. Non ci ha neanche provato. “Sono partita sfiduciata, lo ammetto. Ma tutti mi hanno detto che era un terno al lotto e ci ho creduto”.

Ritardi – Un ritardo così, di quasi quattro mesi dalla scadenza di dicembre, è effettivamente inedito. “L’anno scorso si era ritardato un po’ per la gestione dei fondi Pnrr – spiega al Fatto Claudia Caporusso, presidente di Sapienza Futura e sub commissario dell’ente per il diritto allo studio Lazio Disco – quest’anno però si è arrivati a quattro mesi. La situazione si è sbloccata, stanno pagando le prime rate ma ci arrivano ancora segnalazioni di persone senza accredito”. La spiegazione più diffusa è che siano in ritardo i fondi, di fatto spesso è che vengono riutilizzati quelli del disavanzo degli anni precedenti perché magari gli studenti non hanno raggiunto crediti sufficienti o non avevano più i requisiti. E questo allunga ulteriormente i tempi. “E’ un dato che però si conosce sin da novembre e con cui si può benissimo operare” conclude Caporusso.

Italia fanalino di coda – Il quadro attuale sull’università italiana e il contributo pubblico agli studi certo non aiuta. Lo racconta l’ultimo rapporto Mediobanca, pubblicato questa settimana che include anche il calo demografico: il minore introito da rette di frequenza per la riduzione degli iscritti, ad esempio, è stato stimato in almeno 500 milioni di euro per effetto di circa 415mila studenti in meno (-21,2%), soprattutto al Sud, dove gli studenti impiegano in media 150 minuti per raggiungere la sede rispetto agli 88 del resto d’italia. Inoltre, nonostante le stime ritengano che per gli studenti sia disponibile un alloggio su otto, in realtà il rapporto è di 1 a 21. Lo Stato, infatti, contribuisce alla spesa per la formazione universitaria per il 61% del totale, rispetto al 76% della Ue e al 67% della media dei Paesi OCSE. La quota residua è per lo più sostenuta dalle famiglie: 33% in Italia contro il 14% della Ue e il 22% dell’OCSE. Le borse di studio sono quanto più necessarie.

Tutti i problemi “contabili” – E anche quando ci sono, i soldi, è tutto sul filo del caos. Dopo diverse riformulazioni sui target, il Governo ottiene dalla Commissione che le borse totali da erogare per definire raggiunto i target Pnrr sono 55mila entro il 2024 e 55mila entro il 2025. Su questi vengono dati 308 milioni aggiuntivi (rispetto ai 500 milioni già previsti in legge di Bilancio). Sono soldi che, secondo la missione, servono per oltre 110mila borse di studio coperte “esclusivamente” con fondi Pnrr. Con il decreto direttoriale del 12 marzo 2024, il ministero dell’Università ripartisce così per il 2023-2024, 270 milioni di fondi Pnrr. Dunque, dai 308 milioni vengono tolti questi 270 e distribuiti agli enti che erogano le borse (anche se non si sa quando saranno disponibili perché manca ancora la firma della Corte dei Conti). Guardando al riparto, si nota però che i soldi sono inviati a tutti gli enti come solitamente si fa con il Fis, il fondo “tradizionale”.

Il paradosso della distribuzione Pnrr – Il paradosso, è il punto, è che con questa distribuzione si rischi comunque di non coprire gli idonei non beneficiari in Regioni o città dove la percentuale è più alta che in altre. “A Pavia, ad esempio, i 2,2 milioni non sono sufficienti. Perché mai, se sono utilizzabili solo per il 2023-2024, non li hanno mandati solo agli enti dove c’erano più idonei non beneficiari?” si chiede Alessia Polisini dell’Udu, che ha anche scritto al ministero ma non ha avuto risposta. Tolti poi i 270 milioni dai 308 milioni di Pnrr, si starà di nuovo punto e a capo. “I 38 milioni restanti non basteranno a coprire le 55 mila borse dell’anno prossimo”. A valle, la poca trasparenza. “Si va continuamente in affanno con i fondi, non vengono effettuati calcoli precisi sul fabbisogno, le rate sono pagate sempre in ritardo e questo fa sì che non si possa capire in tempo reale (o per tempo) quale sia la necessità reale del Paese e dei suoi studenti. Il governo lavora in continua emergenza”. Lo stanziamento tardivo, nonostante gli sforzi del Ministero, è speso inutile: in un anno cambia sia la popolazione universitaria che la condizione economica dei suoi studenti. “Ed è un paradosso visto che un idoneo a ricevere una borsa di studio è una persona che costituzionalmente risulta ‘priva di mezzi’ per studiare e che quindi, senza quel contributo, o rinuncia agli studi o è costretta a lavorare, modificando così la sua posizione rispetto ai criteri per avere accesso alla borsa di studio l’anno successivo” conclude Polisini.

Le risposte del ministero Abbiamo quindi chiesto qualche spiegazione al ministero dell’Università. Spiegano che per l’anno accademico 2023/2024 ancora non ci sono dati, essendo in corso l’annualità didattica in cui gli studenti possono acquisire i crediti per raggiungere i requisiti. “Sarà possibile avere i dati relativi agli eventuali idonei non vincitori dopo la scadenza di agosto – dicono -. Tuttavia nel mese di maggio, grazie ai dati che saranno inviati dalle Regioni, sarà possibile fare una proiezione”. Il Mur spiega poi che nel 2022/2023 sono state devolute alle Regioni “risorse aggiuntive” per aiutarle a coprire le borse di tutti gli idonei in quel momento non beneficiari. “E’ stata una misura eccezionale, essendo il Diritto allo Studio competenza esclusiva delle Regioni, che ha previsto l’utilizzo di fondi per circa 17 milioni, che il Mur ha adottato in via emergenziale in considerazione degli importanti cambiamenti sul diritto allo studio nel senso di un suo rafforzamento e allargamento, nell’auspicio che per l’anno in corso non siano necessarie analoghe iniziative straordinarie dato che le risorse di parte ministeriale sono in costante aumento e per il prossimo anno accademico raggiungeranno il massimo storico di circa 850 milioni”.

Il giro dei soldi – Sui soldi del Pnrr, il ministero spiega di aver comunicato a novembre 2023 alle singole Regioni gli importi per le borse per l’anno accademico 2023/2024, “e sulla base di tale informazione le Regioni hanno potuto anticipare la tempistica dei pagamenti con risorse proprie che possono recuperare una volta terminate le operazioni di erogazione delle somme New Generation Eu che, essendo sottoposte a procedure di controllo più complesse, richiedono una tempistica diversa”. Praticamente la contabilità dei due fondi corre su binari diversi. Spiegano che ora, “nel caso in cui una o più Regioni si trovino nella condizione di non avere più studenti idonei alla borsa di studio per esaurimento delle graduatorie utili, gli importi PNRR non impegnati e spesi dovranno essere restituiti e, qualora ne ricorrano le condizioni, le economie potranno essere redistribuite ad altre Regioni che dovessero avere idonei non beneficiari di borsa con esaurimento degli stanziamenti loro assegnati”. Un giro che rischia di allungare ulteriormente i tempi, soprattutto di chi è idoneo ma magari risulta in coda alle graduatorie.

Il futuro – E sul futuro? “Allo stato non è possibile calcolare l’eventuale importo di un avanzo dei fondi PNRR per l’anno accademico 2024/2025 essendo questo anno accademico ancora non iniziato” dice il ministero. Impossibile fare quindi i calcoli senza i bandi e le graduatorie delle Regioni. “Tuttavia l’anno accademico 2024/2025 dispone attualmente di stanziamenti molto rilevanti, tali da costituire il massimo storico di parte statale. Se dovessero essere necessarie ulteriori risorse per eventuali studenti idonei non vincitori, il MUR attiverà un dialogo con le Regioni al fine di individuare collaborativamente con esse una soluzione nell’interesse degli studenti. Allo stato attuale la dotazione finanziaria PNRR assicura la copertura di 55.000 borse di studio per tale anno accademico”. Restano le preoccupazioni. “Anche quest’anno i ritardi nell’erogazione di fondi e relative borse di studio sono tangibili e le vivono sulla propria pelle 23mila studenti e studentesse, costretti alla precarietà, in attesa di borsa di studio, ancora a fine marzo – conclude Polisini di Udu – Il Ministero scarica le responsabilità sulle Regioni. Quando la Ministra Bernini si renderà conto che questa scusa non regge più? Siamo preoccupati per l’anno prossimo. Senza maggiori investimenti, rischiamo di vedere ancora più ritardi e ancora più idonei non beneficiari, lasciando migliaia di studenti in difficoltà economica con il rischio di dover abbandonare gli studi”.

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