Due giorni di sciopero, mercoledì 3 e giovedì 11 aprile, per protestare contro la “chiusura” da parte dell’azienda alla richiesta di “sanare” la questione dei 17 giornalisti della sede romana sospesi dal lavoro la notte di San Silvestro con una mail. I giornalisti dell’agenzia di stampa Dire si fermano per 48 ore: “L’assemblea dei redattori chiede nuovamente che la Com.e, azienda editoriale proprietaria dell’agenzia Dire, paghi gli stipendi del mese di gennaio per intero anche ai colleghi che sono stati sospesi dal servizio dall’1 al 26 gennaio scorsi”.

Un provvedimento giudicato “illegittimo” e “privo di effetti”, come “dimostrato dalla regolare presenza al lavoro di tutti i colleghi interessati anche nel mese di gennaio”. Nel comunicato dell’assemblea si legge che “il riscontro è evidente dai lanci di notiziario e dagli articoli del sito usciti, in gennaio, siglati e firmati anche dai colleghi destinatari di tale decisione”. Ma le rivendicazioni non si fermano qui. L’assemblea chiede anche il “reintegro dei colleghi licenziati a seguito del piano di esuberi dell’autunno scorso” e di “regolarizzare il pagamento degli stipendi (che ancora avviene in ritardo e in due o tre tranche)”.

I lavoratori chiedono anche di “aprire una nuova stagione di rapporti costruttivi con le rappresentanze sindacali” e tutta la redazione: “Dopo quasi due anni di solidarietà, con un taglio fino al 30% per gli stipendi di giornalisti e grafici, ci sono stati i licenziamenti arrivati il 28 dicembre. Poi con la vicenda del fermo amministrativo è arrivata la sospensione dei contributi da parte di Palazzo Chigi (sbloccata a fine gennaio). Poi le sospensioni”, ricorda l’assemblea dei giornalisti sottolineando come la “stagione conflittuale” non sia stata cercata e chiedono di “poter guardare oltre” trovando “una rinnovata disponibilità al dialogo da parte dell’editore”.

La Repubblica tradita

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