“37 madri vengono ammazzate ogni giorno nella Striscia di Gaza”. A ricordalo, in occasione della Festa della Mamma che in Medio Oriente cade il 21 marzo, è la Mezzaluna Rossa palestinese. “Per questa celebrazione – racconta Um Adel parlando con il corrispondente dell’agenzia turca Anadolu – mio figlio mi regalava un vestito o dei fiori. Io ero felice”. Ma oggi, dice, “ non c’è nessuna giornata della mamma perché abbiamo bisogno della misericordia di Dio e della fine della guerra”.

Per Um Adel, 77 anni, rifugiatasi con altre centinaia di migliaia di palestinesi a Rafah, città al confine con l’Egitto, c’è solo il desiderio di “tornare a casa propria, ormai diventata un ammasso di macerie e sabbia, e di veder finire il conflitto”. Anche per lei il senso di spaesamento, dato dallo sfollamento forzato, è forte. “Questo posto non mi appartiene – sottolinea seduta in una delle numerose tende per rifugiati –, voglio tornare al mio villaggio!”.

A ricordarsi di come era la giornata della mamma prima della guerra è anche Um Mohamed, 55 anni. “Era una festa bellissima e la memoria di questa celebrazione la racchiudevo nelle foto che tenevo a casa”. Dalla tenda di fianco fa eco alle sue parole anche Anaam Abu Wadi, di 61 anni, mentre è indaffarata a lavare i panni come può. “Oggi questa festa è differente dalle celebrazioni degli anni scorsi – dichiara al corrispondente dell’agenzia turca – I nostri figli passavano da noi a casa, portandoci dei doni”, mentre ora non è così. La madre palestinese, spiega, “merita solo cose belle perché è differente da qualsiasi altra donna nel mondo. È paziente con se stessa e gli altri, capace, davanti al dolore, di consolare mentre continua a vivere nella privazione e nell’attesa della pace”.

Nella giornata della mamma, a stare lontana dalle sue figlie è una giovane donna, Ghada al-Kurd, 36 anni. “Ho due bambine che sono lontane da me, si trovano a nord della Striscia di Gaza e io sono a sud, la comunicazione con loro è difficile a causa della guerra”.
Amareggiata dalla lontananza forzata, confida: “Purtroppo le mie figlie non sono vicino a me, vorrei essere stata con loro oggi e aver trascorso una bella giornata”.

Secondo le ultime stime diffuse dall’ufficio stampa del governo di Gaza, l’esercito israeliano ha ucciso 9.220 donne palestinesi nella Striscia, luogo dove vivono circa 2,3 milioni di persone.

La situazione non è delle migliori anche per le donne rimaste vive. Giovedì la Commissione per gli Affari dei Prigionieri e degli ex detenuti, insieme all’associazione dei prigionieri palestinesi, ha rilasciato un comunicato in cui dichiara che su 67 prigioniere donne, 28 sono madri e languiscono nelle carceri israeliane private della possibilità di vedere le “loro famiglie e i loro figli”.

In totale, l’offensiva israeliana contro la Striscia ha causato decine di migliaia di vittime civili, principalmente bambini e donne, distruzione massiccia e una crisi alimentare che ha provocato la morte di alcuni minori e anziani, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite.

Parallelamente alla guerra contro Gaza, l’esercito israeliano ha intensificato le sue azioni nella Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Queste operazioni hanno provocato l’uccisione di 446 palestinesi, il ferimento di circa 4.700 e portato all’arresto di 7.700 persone, secondo dati forniti dall’Autorità Nazionale Palestinese.

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