Non solo il salario minimo, il governo ha sepolto anche la legge contro il conflitto di interessi voluta dal M5s. Come anticipato da il Fatto quotidiano, la maggioranza di centrodestra ha messo in atto il sabotaggio del provvedimento a firma Giuseppe Conte che ora viene rimandato e di fatto archiviato. E’ arrivato infatti oggi 20 marzo, in commissione Affari Costituzionali alla Camera, dove è in discussione il provvedimento a prima firma Conte, un emendamento del relatore che riscrive il testo dando una delega al governo a intervenire sulla questione entro due anni e, di conseguenza, sopprimendo 17 articoli del testo.

La tecnica non è di certo nuova: come denunciato dalle opposizioni, il governo Meloni ha usato lo stesso metodo anche per altri provvedimenti appartenenti alla quota riservata alle minoranze come il salario minimo ma anche il voto dei fuorisede. “Calpestano il Parlamento. Faremo di tutto per evitare questo ennesimo scempio”, ha protestato il leader dei cinquestelle Giuseppe Conte. “C’è il rischio concreto che tutto finisca in un nulla di fatto. Il Parlamento viene di nuovo calpestato come sul salario minimo. Sui confini fra politica e affari se ne parlerà nelle segrete stanze del governo, anziché lasciare il cuore della discussione a un dibattito trasparente in Aula, alla luce del sole. Faremo di tutto per evitare questo ennesimo scempio. Se non avete paura delle nostre proposte discutiamone in Parlamento e diamo agli italiani il segnale di una politica che vuole davvero cambiare”.

Un modo per “affossare il testo” – attaccano ancora le opposizioni – che di fatto “svilisce” il lavoro del Parlamento. A lanciare l’allarme anche il Pd. “Con questo emendamento – sottolinea la capogruppo in commissione Simona Bonafè – “schiacciano le prerogative delle opposizioni e sviliscono il ruolo del Parlamento”. “Questa maggioranza – accusano i capigruppo pentastellati di Camera e Senato Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli – si dimostra colma di ignavi, pronti a tutto per impedire l’approvazione di una legge giusta”. “Sono vigliacchi e sotterrano la legge”, dice Avs con Filiberto Zaratti.

Dal centrodestra però, negano le accuse. E anzi sostengono, come già fatto per il salario minimo, di aver proceduto in questo modo per avere più tempo “per mettere mano a una normativa così complessa”. A dirlo è stato il relatore del provvedimento, il deputato di FI Paolo Emilio Russo. “Nessun cul de sac” sul provvedimento attraverso lo strumento della delega”, ha detto, “come dimostrato dalla normativa sul voto dei fuorisede approvata all’interno del decreto elezioni. Il centrodestra, in una prima fase di esame in commissione, aveva provato a riscrivere il testo con un corposo pacchetto di proposte di modifica. Ma ha poi prevalso la linea più dura”. Quindi, a loro volta, accusano le opposizioni di non aver collaborato: “Anche di fronte all’impossibilità di dialogare per riscrivere un testo su una questione sulla quale le visioni tra maggioranza e minoranza sono diametralmente opposte”.

Nel testo di maggioranza vengono esclusi dal conflitto di interessi gli incarichi a livello locale e l’incompatibilità si ferma alle cariche regionali oltre a quelle di governo e nelle authority. Esclusi anche i coniugi e i parenti, previsti nel testo M5s, così come i leader di partito. Rispetto all’ipotesi dei pentastellati cresce, poi, dal 2 al 50% la quota di partecipazioni in una azienda monopolista o concessionaria di Stato o Regioni oltre la quale scatta il conflitto patrimoniale e si deve decidere se lasciare l’incarico o conferire le partecipazioni a una fiduciaria. A vigilare e sanzionare i conflitti è l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il testo è in calendario in Aula per il prossimo 25 marzo.

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