“Il quadro complessivo che è emerso è quello di una ragnatela che piano piano, tra il settembre del 2015 ed il 25 gennaio del 2016, si è stretta attorno a Regeni da parte degli imputati. Ragnatela creata sia attraverso l’acquisizione del passaporto a sua insaputa, perquisizioni in casa in sua assenza, pedinamenti, fotografie e video, sia attraverso le persone ‘amiche’ che Regeni frequentava le quali riferivano, in tempo reale, agli imputati dei loro incontri con l’italiano”. A spiegarlo, nel corso del suo intervento, il procuratore aggiunto di Roma, Sergio Colaiocco, illustrando la lista dei testimoni da ascoltare nel processo a carico di quattro 007 egiziani. “A seguito di questa attività gli imputati si sono erroneamente convinti che Regeni fosse una spia inglese, mandata per fornire finanziamenti ai sindacati vicini ai Fratelli musulmani”, ha aggiunto Colaiocco. Imputati nel processo partito a Roma sono quattro agenti della National Security Agency, ovvero il generale Sabir Tariq e i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, sotto accusa per il reato di sequestro di persona pluriaggravato. Nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Nel corso dell’udienza, Colaiocco si è rivolto al governo e in particolare alla Farnesina, precisando: “Lo diciamo sin da ora: servirà un proficuo lavoro del ministero degli Esteri che dovrà suscitare la collaborazione delle autorità egiziane. Solo la polizia egiziana, infatti, può notificare gli atti e dare il via libera per ascoltare a processo i 27 testimoni inseriti nella nostra lista e che vivono in Egitto. Questa collaborazione sarà fondamentale per una compiuta ed esaustiva ricostruzione dei fatti”.
Secondo quanto riportato dal pm, sono dieci i punti che ‘inchiodano’ i quattro 007 egiziani. Colaiocco, che ha anche chiesto di acquisire gli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta, ha spiegato come tra i dieci elementi probatori definiti ”decisivi” a carico degli imputati ci siano: i video di sorveglianza della fermata della metropolitana del Cairo dove Giulio venne rapito, in cui mancano proprio i dieci minuti in cui il ricercatore friulano fu prelevato; il computer portatile di Regeni, con all’interno una ”miniera di dati” che hanno fornito elementi utili sul movente, così come i tabulati telefonici. Infine ci sono i tentativi di depistaggio da parte delle autorità egiziane, dal movente sessuale, alla rapina fino a quello ”più grave”, il ritrovamento dei documenti del giovane in una abitazione collegata ad una banda di criminali poi uccisa dalle forze dell’ordine egiziane.
Nelle liste dei testimoni depositate all’attenzione dei giudici della prima Corte d’assise compaiono, tra gli altri, i nomi del presidente della Repubblica egiziana, Abdel Fattah al-Sisi, l’ex premier Matteo Renzi e l’ex ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. E ancora: Marco Minniti, ex responsabile della autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, i tre capi dei servizi segreti che si sono succeduti nel tempo e l’allora segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni.
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