CACCIA, NO ALLA LEGGE SPARA-TUTTO DELLA LEGA: IL PARLAMENTO LA BLOCCHI – FIRMA LA PETIZIONE SU IOSCELGO

Da una parte c’è la partita sul merito, con le associazioni ambientaliste che scrivono ai ministri Lollobrigida (Agricoltura) e Pichetto Fratin (Ambiente) per dire che la proposta di legge spara-tutto della Lega sulla caccia “è incostituzionale e viola le norme Ue, esponendo l’Italia al rischio di nuove procedure d’infrazione”. Dall’altra parte c’è la partita politica, dentro la quale, grazie al proprio peso al governo e in Parlamento, Fratelli d’Italia sta frenando il Carroccio, rallentando i tempi di discussione del provvedimento. Il motivo? Non dare a Salvini una bandierina da spendere con l’elettorato di riferimento prima del voto per il Parlamento europeo.

TENSIONI POLITICHE A DESTRA – La pdl a prima firma di Francesco Bruzzone è stata incardinata in commissione Agricoltura a metà gennaio. Il centrodestra, in un primo momento, ha fatto di tutto per accelerare l’iter legislativo (tagliando i giorni a disposizione delle opposizioni per presentare gli emendamenti e accorpando la discussione generale all’esame degli stessi). Le opposizioni – con la significativa eccezione del Partito democratico, che si è allineato alla Lega – hanno presentato circa 1.100 emendamenti. Ma ora la discussione prosegue a singhiozzo: già due sedute sono state annullate, e la prossima si terrà tra un paio di settimane, mentre il governo deve ancora esprimere il proprio parere sugli emendamenti. Stando alla ricostruzione de ilFattoQuotidiano.it, FdI vuole togliere la possibilità al Carroccio di “vendere” l’approvazione della legge alla lobby dei cacciatori (e degli armieri) prima del voto di giugno. “C’è una chiara manovra propagandistica in vista delle Europee con strategie contrapposte tra le varie forze di maggioranza – commenta Alessandro Caramiello, capogruppo del M5s in commissione Agricoltura alla Camera – ma c’è anche un conflitto interno nel merito: è evidente che anche nella maggioranza si sono resi conto di quanto folle, anacronistico e pericoloso sia il provvedimento a prima firma di Bruzzone, che legalizza il bracconaggio e calpesta il dettato costituzionale”.

LA DENUNCIA – Intanto dieci delle associazioni ambientaliste che sostengono la petizione lanciata da il Fatto Quotidiano con l’obiettivo di far ritirare la proposta di legge hanno inviato una dura lettera ai ministri competenti, cioè Francesco Lollobrigida e Gilberto Pichetto Fratin. Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Leidaa, Lipu, Lndc, Oipa, Pro Natura e Wwf Italia segnalano come la norma violerebbe gli articoli 9 e 41 della Costituzione, piegando “l’esigenza di tutela della fauna selvatica” (patrimonio indisponibile dello Stato e principio, quello della tutela, approntato nell’interesse della comunità nazionale e internazionale) alla “volontà di praticare l’attività venatoria in maniera più libera e meno regolamentata possibile”. Le associazioni si dicono “preoccupate” del fatto che la pdl non tiene in considerazione la procedura d’infrazione Ue – notificata in questi giorni al governo – inviata da Bruxelles proprio per il mancato rispetto della direttiva Uccelli e del regolamento REACH sull’uso del piombo nelle munizioni. Il rischio, qualora venisse approvata la norma proposta della Lega, è di esporre l’Italia – e dunque tutti i contribuenti – a una nuova sanzione.

LE CRITICHE, PUNTO PER PUNTO – I problemi evidenziati nella lettera sono numerosi. L’abolizione del silenzio venatorio (articolo 6) – che permetterà ai cacciatori di sparare sette giorni su sette – “non ha alcuna ragionevole giustificazione, se non quella di fare un regalo” alle doppiette; “il mero divertimento di pochissimi verrebbe posto prima del diritto costituzionale”. E quindi “l’abrogazione, con il combinato disposto dell’articolo 842 del Codice civile, che consente al cacciatore di accedere alle proprietà altrui senza alcuna autorizzazione, comporterebbe una vera e propria occupazione di oltre l’80% delle aree naturali del Paese da parte dei cacciatori per un periodo superiore a quattro mesi”. L’esclusione (articoli 1 e 5) dei richiami vivi (specie allevate in cattività) dalla tutela imposta dalla legge sulla caccia (157/92) sottrarrebbe gli uccelli da richiamo alla “tracciabilità prevista dalla normativa” e faciliterebbe “il traffico di avifauna selvatica catturata illegalmente in natura. Eludere l’impugnazione (articoli 2 e 6) da parte delle associazioni ambientaliste dei calendari venatori regionali di fronte alla giustizia amministrativa potrà “arrecare danni irreversibili alla fauna selvatica e alla biodiversità”, perché “la maggior parte delle Regioni, cedendo alle pressioni della lobby venatoria e dei produttori e commercianti di armi e munizioni, tende a violare le norme di tutela della fauna. La cronaca di questi anni (le numerose sospensioni dei calendari venatori da parte del Tar, ndr) consente di dichiarare che le Regioni non sono idonee a fornire una sufficiente garanzia d’imparzialità nella gestione delle politiche venatorie e faunistiche”. In più sarebbe in contrasto con la Convenzione di Aarhus, che obbliga lo Stato a garantire, in materia ambientale, l’accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia.

E ancora: eliminare l’attuale obbligo per il cacciatore (articolo 3, 7 e 8) di scegliere la forma di caccia da praticare comporterebbe “una eccessiva presenza degli stessi, con corrispondente limitazione nella fruizione dei territori e aumento dei rischi per la pubblica incolumità“. Ridurre le sanzioni (articolo 8) “è un palese e assurdo indebolimento del contrasto alle attività illegali. In particolare, viene limitata la possibilità di sospendere la licenza di porto di fucile per la caccia per chi, per esempio, caccia in un fondo chiuso, in periodi vietati o in orari non consentiti. Infine, l’introduzione dei visori notturni per sparare di notte esporrebbe l’Italia alla violazione della direttiva Habitat e della convenzione di Berna.

VIOLENZA SUGLI ANIMALI, LA MOSSA DELLA LEGA – C’è un’altra partita politica che la Lega sta giocando con gli occhi dei cacciatori puntanti addosso. La deputata Michela Vittoria Brambilla (Noi Moderati) ha depositato una proposta di legge per inasprire le pene per chi maltratta gli animali. Il provvedimento è significativo perché è stato firmato da tutti i partiti di centrodestra e centrosinistra con l’eccezione della Lega e – ancora una volta – del Partito democratico. Così il leghista Francesco Bruzzone ha presentato una serie di emendamenti per far sì che le norme si applichino solo agli animali da compagnia (Forza Italia, addirittura, ha presentato un emendamento perché non si applichino pene più severe contro i combattimenti tra cani). Lo scopo di Bruzzone è di “limitarne l’effetto agli animali d’affezione e da compagnia” senza “parificarli agli animali da reddito e da allevamento e alla fauna selvatica, omeoterma e non omeoterma”. Un altro bel regalo alla lobby dei cacciatori. In un primo momento sia Domenico Aiello del Wwf sia il presidente della Lav, Gianluca Felicetti, si sono rivolti a Meloni e Nordio per chiedere che gli emendamenti di Lega e Forza Italia venissero ritirati. E ora quello di Bruzzone relativo alla distinzione tra animali selvatici e d’affezione risulta assorbito. Il motivo? Sono stati approvati due emendamenti identici (del deputato leghista e di Maria Carolina Varchi di FdI) che, diversamente da quanto si voleva fare inizialmente, mantengono l’articolo 19-ter delle disposizioni transitorie per il codice penale che ha introdotto la non applicabilità delle norme sui maltrattamenti degli animali per i casi previsti da leggi speciali. Casi in cui rientra, manco a dirlo, la caccia.

Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it

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