Otto anni di carcere con l’accusa di riciclaggio. Quindici anni dopo i fatti (e sei dopo l’inizio del processo) arriva una richiesta di condanna per Gianfranco Fini, imputato nel processo sulla casa di Montecarlo. Nove anni di carcere sono stati chiesti per la sua compagna, Elisabetta Tulliani, dieci per il fratello di quest’ultima, Giancarlo, cinque per il padre dei due, Sergio. Ha chiesto l’assoluzione per l’ex presidente della Camera, invece, l’Avvocatura dello Stato.

Le parole di Tulliani – “Era scontato che la pubblica accusa chiedesse per me la condanna. Continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi”, ha commentato l’ex leader di Alleanza Nazionale. Proprio oggi Fini è stato scagionato dalla sua compagna: “Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro che ero convinta fosse di mio fratello. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita. Spero di avere dato con questa dichiarazione un elemento per arrivare alla verità”, ha detto in aula Elisabetta Tulliani. La donna, dunque, ha scaricato il fratello per la prima volta dopo 15 anni.

Prescritte le accuse a Corallo – La vicenda è nota e riguarda compravendita di un appartamento nel principato di Monaco, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. Quella casa in boulevard Princesse Charlotte 14, secondo i pm, fu acquistata da Giancarlo Tulliani con denaro proveniente dalla società di scommesse appartenente a Francesco Corallo, il re delle slot. Inizialmente il procedimento vedeva coinvolte anche altre persone, compreso lo stesso Corallo e l’ex parlamentare Amedeo Laboccetta. In origine i pm avevano contestato i reati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio e evasione fiscale. Nella scorsa udienza, però, i giudici della quarta sezione del Tribunale di Roma avevano dichiarato la prescrizione per l’accusa di associazione a delinquere, essendo stata esclusa l’aggravante della transnazionalità.

L’asse Corallo-Fini-Tulliani – Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda di Roma gli appartenenti all’associazione a delinquere mettevano in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani. Quest’ultimi, in base a quanto sostenuto dagli inquirenti, hanno ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, Olanda, Antille Olandesi e Principato di Monaco.

La casa di Montecarlo – Secondo le accuse, dunque, Tulliani avrebbe acquistato a un prezzo di favore l’appartamento di Montecarlo, che era stato donato ad Alleanza Nazionale, pagandolo con soldi di Corallo attraverso due società offshore (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Costato circa 300mila euro, l’immobile è stato poi rivenduto per 1.360.000 euro, creando dunque una plusvalenza di circa un milione, con denaro proveniente da Corallo e che dunque – sempre secondo i pm – sarebbe stato riciclato. I fatti risalgono al 2009, il periodo in cui Fini cominciò ad attaccare il governo di Silvio Berlusconi, uscendo poi dal Pdl per fondare Futuro e Libertà. Il processo è cominciato nel 2018, ma per i primi tre anni era rimasto praticamente fermo.

Il racconto di Fini – “Questa vicenda è stata la più dolorosa per me: sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e dalla sorella Elisabetta. Solo anni dopo ho scoperto che il proprietario della casa era Tulliani e ho interrotto i rapporti con lui”, disse Fini durante un’udienza del marzo del 2023. “Anche il comportamento di Elisabetta mi ha ferito: ho scoperto solo dagli atti del processo che lei era comproprietaria dell’appartamento e poi appresi anche che il fratello le bonificò una parte di quanto ricavato dalla vendita. Tutti fatti che prima non conoscevo”, aveva proseguito l’ex ministro degli Esteri. La sentenza è prevista per il prossimo 18 aprile.

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