di Giovanni Ceriani

La recenti psycho-interviste che subisce Giuseppe Conte, letteralmente subissato dal fuoco di fila di finte domande tese solo ad estorcere risposte prefabbricate, deformare le sue posizioni, nonché Conte in quanto tale, dicono molto di oggi e dicono molto dello stato della nostra “democrazia”. In particolare dicono molto (anzi, a mio avviso, dicono tutto) della vera e più dirimente posta in gioco oggi: la più grande (e per questo inammissibile ed imperdonabile) provocazione, anzi Lesa maestà, che Conte rappresenta.

E tale Lesa maestà, lo voglio chiarire subito, non è tanto nel propendere per l’uno o per l’altro dei contendenti: cioè o Biden o Trump. Non è tanto nello sperare, ma non volerlo dire, nella vittoria di Trump. O al contrario nello sperare, ma non poterlo dire, nella vittoria di Biden. Queste per me sono sciocchezze e elementi secondari rispetto al problema-dei-problemi, ossia al grande affronto (ed affondo) di Conte e al grande astio, financo isterico, dei commentatori.

Perché la sua Lesa maestà è stata proprio la NON-RISPOSTA, il non sbilanciarsi tra i due, il rifiutare di dare legittimazione ad una costruzione mediatica, ma anche politica, che prevede oggi questa una e unica dicotomia: o con Biden o con Trump. Tertium non datur. Questa sua non-risposta è la manifestazione e dichiarazione più giusta e matura del suo, e del nostro, NON-ALLINEAMENTO. Non allineamento come rifiuto di considerare quella come unica dicotomia possibile e come inesistenza di ulteriori alternative, di altri mondi possibili, desiderabili e financo oggi necessari ed urgenti.

È il non-allineamento oggi il dispositivo politico che il potere non accetta, e per questo non perdona. Non deve essere consentito, tollerato, permesso, ma nemmeno detto, pensato, ipotizzato. Deve essere stroncata la stessa dicibilità e pensabilità della cosa, deve essere rimosso lo stesso pensiero di quella cosa. Bisogna convincere il mondo dell’esistenza di quell’unica scelta (fintamente) dicotomica, (fintamente) democratica, affinché il mondo si uniformi ad essa e si allinei sempre più ad essa.

Non deve essere pensata una terza via e devono essere malmenati tutti coloro che osano indicarla, evocarla o anche solo palesarla con semplici comportamenti che sanno di “non-allineamento” (cioè non-arruolamento).

La Lesa maestà di Conte e il motivo dell’astio mediatico, dell’attacco concentrico, del fuoco di fila per estorcergli la risposta nasce proprio da qui. Quella dicotomia deve essere l’unica alternativa possibile, dicibile, pensabile, praticabile. Perché è dentro quella ed unica alternativa data che il potere gioca con le sue carte truccate. Con il trucco per cui se sei terzo, se sei oltre, se sei veramente alternativo, se sei appunto non allineato, alla fine – ti dicono – sei con il nemico: sei con Trump, con Putin, con Hamas, con i rossobruni, con i nemici di sempre.

Ecco allora a cosa serve la finta dicotomia e cosa servono i finti nemici. Servono ad uniformare tutto e tutti al loro schema, desertificando il quadro politico, gli immaginari e pure istanze di base.

Ecco il senso del Campo Giusto, allora, ossia la vera alternativa allo stesso “campo largo” (o centrosinistra sbiadito e sbianchettato) tanto osannato dai media quanto allineato e funzionale all’unica alternativa “possibile”: o con Meloni o con Draghi. Ed ecco allora l’odio contro il campo giusto e la sua fondante posizione di terzietà, di non allineamento. Quel non-allineamento che è costata la vita al Conte 2 e che oggi rivive nel progetto progressista, del Campo Giusto. Quel non-allineamento alla base del Conticidio permanente ma anche alla base del Compromesso costituzionale del 1946-47, alla base della splendida Costituzione del 48.

Il non-allineamento attuale è rivendicazione di un più profondo e nobile allineamento con la Carta Costituzionale del 1948.

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