Geert Wilders, leader del Partito delle Libertà (Pvv) e vincitore delle elezioni parlamentari dello scorso novembre, ha reso noto di essere pronto a rinunciare all’incarico di primo ministro per facilitare la formazione di un governo di destra. “Posso diventare premier solo se tutti i partiti della coalizione mi sostengono. Non è stato così”, ha scritto Wilders su X, ribadendo la sua volontà di formare “un governo di destra”.

I Paesi Bassi sono preda di una grave paralisi politica che, a quasi quattro mesi dal voto, ha reso impossibile la formazione di un nuovo esecutivo e prolungato il mandato del governo guidato dal sempiterno Mark Rutte. Il Pvv era arrivato al primo posto alle elezioni con poco più del 23 per cento dei consensi e 37 seggi sui 150 della Camera Bassa ma il sistema elettorale di tipo proporzionale, un quadro politico molto frammentato (basti pensare che l’alleanza tra socialdemocratici e Verdi è giunta al secondo posto con poco più del 15,7 per cento dei voti) e diverse posizioni estreme del Pvv hanno complicato la nascita del nuovo esecutivo.

Nei Paesi Bassi la tradizione vuole che sia il partito vincitore delle consultazioni, anche se lontano dalla maggioranza dei seggi, a guidare il governo ed il Pvv ha rivolto lo sguardo alle altre formazioni conservatrici. Il Partito della Libertà e Democrazia, dotato di 24 scranni e per anni guidato da Rutte, il Nuovo Contratto Sociale, formazione centrista guidata dal carismatico Pieter Omtzigt con 20 seggi ed il Movimento dei Contadini-Agricoltori, schierato su posizioni anti-ambientaliste con 7 scranni. Le trattative tra i partiti sono andate avanti per settimane ma non hanno prodotto risultati concreti e sono collassate quando Omtzigt si è ritirato dal tavolo definendo i negoziati, come riportato da France24, “finiti”. L’Nsc è sembrato escludere la possibilità di partecipare ad un gabinetto di maggioranza con Wilders ma ha aperto “ad un supporto costruttivo per un gabinetto di minoranza”. Omtzigt pare si sia infuriato dopo la promessa fatta da Wilders di reperire 17 miliardi di euro senza ridurre la spesa pubblica ma tagliando le tasse.

Gli sforzi per formare un governo non sono però terminati e, secondo fonti anonime sentite dal Netherlands Times, negli ultimi giorni i quattro partiti avrebbero trovato un accordo di massima per favorire la nascita di un Gabinetto extra-parlamentare che si impegnerebbe a realizzare obiettivi generici e non necessiterebbe di un accordo dettagliato. Questo tipo di governo, che potrebbe vedere la partecipazione di tecnici, metterebbe meno pressione sui deputati ma necessiterebbe comunque di accordi su temi come le finanze pubbliche, l’immigrazione e la politica estera. Quel che è certo, come riportato dal Telegraaf, è che nessuno dei quattro leader dei partiti coinvolti nelle trattative avrà un ruolo ministeriale e che lo stesso Wilders non guiderà l’esecutivo. Proprio la figura politica di quest’ultimo può essere considerata come l’ingombrante elefante nella stanza che ha causato più di qualche problema.

L’agenda politica del demagogo di estrema destra, come riportato da France24, è pregna di posizioni controverse. Il manifesto elettorale del Pvv proponeva “una politica migratoria più restrittiva”, “un congelamento dell’asilo” e la perdita del permesso di residenza per quei rifugiati “che vanno in vacanza nel proprio Paese di origine”. Viene ribadito “il no a scuole islamiche, Corani e moschee” , il desiderio che “i Paesi Bassi abbiano il controllo della propria valuta e dei propri confini” e che venga indetto “un referendum vincolante sulla Nexit”. Un programma dunque irricevibile per molti ma oggetto di un parziale ammorbidimento in vista del voto.

Un accordo con Wilders andrà comunque trovato in un modo o nell’altro perché un nuovo ricorso alle urne non farebbe altro che rafforzarne le posizioni. Un sondaggio, realizzato da Ipsos tra il 23 ed il 26 febbraio, ha evidenziato come i consensi del Pvv abbiano toccato quota 31,1 per cento mentre tanto il Partito della Libertà e Democrazia quanto il Nuovo Contratto Sociale hanno perso voti (questi ultimi sono quasi dimezzati) ed i progressisti si trovano in una condizione di stagnazione. Un fallimento dei negoziati non farebbe altro che rafforzare Wilders e la sua agenda con conseguenze ancora più preoccupanti per i Paesi Bassi e per alcuni degli aspiranti membri del governo.

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