Dalla delicata e instabile situazione geopolitica globale, alle continue ondate di Covid-19, le preoccupazioni che affliggono il genere umano sono sempre più pressanti, con possibili risvolti negativi sulla salute, come lo sviluppo di infiammazioni croniche. A lanciare l’allarme uno studio internazionale, riportato su Frontiers in Science.

I danni dell’infiammazione cronica – L’infiammazione cronica è collegata a condizioni gravi come malattie cardiovascolari e cancro e può condizionare anche il pensiero e il comportamento. Secondo i risultati della ricerca, gli impatti negativi potrebbero estendersi ben oltre. “Riteniamo che lo stress, l’infiammazione e, di conseguenza, i disturbi cognitivi negli individui possano allargare alle comunità e alle popolazioni”, ha detto Yoram Vodovotz, dell’Università di Pittsburgh, negli USA, e autore principale.

“Ciò potrebbe influenzare il processo decisionale e il comportamento di intere società, compromettere la capacità cognitiva dell’uomo nell’affrontare questioni complesse, come il cambiamento climatico, i disordini sociali e le malattie infettive e, infine, portare a un ciclo di disfunzione sociale e degrado ambientale”, ha asserito Vodovotz. Nel delicato contesto geopolitico, ambientale e sociale attuale, un ruolo centrale è ricoperto dall’associazione tra infiammazione cronica e disfunzione cognitiva. “La causa di questo fenomeno ben noto non è attualmente conosciuta”, ha affermato Vodovotz. “Noi, per spiegarlo, proponiamo un meccanismo che chiamiamo ‘mappa centrale dell’infiammazione’”, ha proseguito Vodovotz.

L’idea originale degli autori è che il cervello crei una propria copia dell’infiammazione corporea. Di solito, questa mappatura dell’infiammazione permette al cervello di gestire la risposta infiammatoria e di promuovere la guarigione. Se l’infiammazione è elevata o cronica, tuttavia, la risposta si arresta, creando potenziali danni a tessuti e organi sani. Secondo gli autori, la mappa dell’infiammazione potrebbe arrecare danni al cervello, compromettendo la cognizione, le emozioni e il comportamento.

Dagli individui alle popolazioni – Un secondo punto indagato nello studio è la diffusione dell’infiammazione cronica dagli individui alle popolazioni. “Sebbene l’infiammazione non sia di per sé contagiosa, potrebbe comunque spargersi attraverso la trasmissione dello stress tra le persone”, ha affermato Vodovotz. I ricercatori ritengono che il vettore più veloce e impattante nel trasmettere lo stress siano i social media e altri mezzi di comunicazioni digitali. “Le persone sono costantemente bombardate da una notevole quantità di informazioni angoscianti, sia che si tratti di notizie, di commenti negativi online o di una sensazione di inadeguatezza innescata dai feed dei social media”, ha spiegato Vodovotz. “Nello studio, ipotizziamo che questa nuova dimensione dell’esperienza umana, da cui è difficile sfuggire, sia alla base dello stress, dell’infiammazione cronica e del deterioramento cognitivo in tutte le società del globo”, ha dichiarato Vodovotz.

Questa concezione cambia la comune visione dell’infiammazione come processo biologico limitato all’individuo. Gli autori la considerano invece un processo edificato più scale, che collega le interazioni molecolari, cellulari e fisiologiche di ciascun individuo a un’alterazione del processo decisionale e comportamentale nelle popolazioni e, in ultima analisi, a impatti sociali e ambientali su larga scala. “La compromissione della capacità di giudizio, indotta dallo stress, potrebbe essere all’origine e spiegare le risposte caotiche e controintuitive di gran parte della popolazione globale a seguito di eventi stressanti, come il cambiamento climatico e la pandemia Covid-19”, ha sottolineato Vodovotz.

“Il circolo inarrestabile di stress” – “L’incapacità di affrontare questi e altri fattori di stress può diffondere un senso di pericolo pervasivo che si autoavvera, causando un circolo inarrestabile di stress, infiammazione e deterioramento della cognizione”, ha osservato Vodovotz. Il fatto che gli attuali livelli di stress mondiale non abbiano portato a un disordine sociale diffuso potrebbe indicare un effetto stabilizzante altrettanto forte nei confronti di indicatori, come la fiducia nelle leggi, nella scienza e nelle organizzazioni multinazionali, come le Nazioni Unite.

“Tuttavia, le norme e le istituzioni sociali sono sempre più spesso messe in discussione, in quanto reliquie di un’epoca passata”, ha notato Paul Verschure, dell’Università Radboud, nei Paesi Bassi, e coautore dell’articolo. “La sfida odierna è scongiurare la nuova era di instabilità, dovuta allo stress globale, causato da una combinazione eretta su più scale, di frammentazione geopolitica, conflitti e collasso ecologico, il tutto amplificato da angoscia esistenziale, sovraccarico cognitivo e disinformazione”, ha sottolineato Verschure. Gli scienziati hanno sviluppato un modello matematico per testare le loro idee ed esplorare i modi per ridurre lo stress.

La necessità di interventi a più livelli – “I risultati preliminari evidenziano la necessità di interventi su più livelli e più scale”, ha commentato, Julia Arciero, dell’Indiana University, negli USA, e coautrice del lavoro. “Sebbene i farmaci antinfiammatori siano talvolta utilizzati per trattare le condizioni mediche associate all’infiammazione, non crediamo che siano la risposta giusta per tutti gli individui”, ha specificato David Katz, coautore e specialista in medicina preventiva e degli stili di vita con sede negli Stati Uniti. “Anche i cambiamenti nello stile di vita, come un’alimentazione sana, l’esercizio fisico e la riduzione dell’esposizione a contenuti online stressanti, potrebbero essere importanti”, ha suggerito Katz. “La nascente nuova era della terapia di precisione e personalizzata potrebbe offrire un enorme potenziale”, ha aggiunto Katz. A livello sociale, gli autori consigliano di creare spazi pubblici tranquilli e di formare gli individui in merito alle norme e alle istituzioni che mantengono stabili e funzionanti le società. “Sebbene la nostra ipotesi della ‘mappa dell’infiammazione’ e il corrispondente modello matematico siano un inizio, è necessario uno sforzo di ricerca coordinato e interdisciplinare per definire interventi che migliorino la vita degli individui e la resilienza delle comunità allo stress”, ha sostenuto Vodovotz. “Ci auguriamo che il nostro studio stimoli gli scienziati di tutto il mondo a raccogliere questa sfida”, ha concluso Vodovotz.

Lo studio

Lucrezia Parpaglioni

Articolo Precedente

Tsunami Covid, dal 2019 al 2021 ha ridotto di 1,6 anni l’aspettativa di vita globale

next
Articolo Successivo

La relazione cuore-cervello? “Così le pulsazioni del battito cardiaco sono collegate con l’attività cerebrale”

next