La Commissione Giustizia del Senato ha approvato il ddl sul sequestro dei dispositivi informatici, presentato dalla leghista Giulia Bongiorno e dall’azzurro Pierantonio Zanettin, che mira a rendere più difficile l’acquisizione di pc, smartphone o tablet da parte del pm durante un’indagine. L’esame degli emendamenti è terminato martedì: ora si attendono i pareri delle altre commissioni competenti, dopodiché sarà votato il mandato al relatore, Sergio Rastrelli di FdI, a riferire in Aula. In base all’emendamento depositato proprio da Rastrelli, approvato nei giorni scorsi e concordato direttamente col Guardasigilli Carlo Nordio, ciò che adesso può fare il pm in autonomia (con un semplice decreto motivato) domani richiederà due successive autorizzazioni del gip: la prima per acquisire il dispositivo, la seconda per sequestrare su di esso “dati inerenti a comunicazioni, conversazioni o corrispondenza informatica“. Entrambi i provvedimenti saranno impugnabili al Tribunale del Riesame e poi in Cassazione.

Non solo: per poter chiedere il sequestro al giudice sarà necessario spiegargli perché l’acquisizione dei contenuti è “assolutamente indispensabile”. Una norma che imporrà la discovery degli atti, cioè la rivelazione alla difesa delle carte in mano all’accusa, in fasi ancora delicate dell’indagine, quando il quadro probatorio non è ancora completo. La scorsa settimana, riferendo in Commissione parlamentare Antimafia a proposito dell’inchiesta sugli accessi abusivi, il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha detto che una riforma di questo tipo “certamente avrebbe reso molto più complicati gli accertamenti” sul principale indagato, il finanziere Pasquale Striano (video). In Commissione, però, il centrodestra ha respinto tutti gli emendamenti presentati dalle opposizioni, tra cui quelli del Movimento 5 stelle mirati a semplificare la procedura, prevedendo una sola autorizzazione del gip al sequestro dell’intero dispositivo e del suo contenuto, senza rischi per la segretezza delle indagini.

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