È la paura estrema del parto e della gravidanza: si tratta della “tocofobia”. Uno studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista Evolution, Medicine, and Public Health ha rilevato che il 62% delle donne americane aveva alti livelli di paura e preoccupazione riguardo al parto. Una percentuale sicuramente sovrastimata (la ricerca è stata effettuata all’inizio della pandemia); mentre altri dati parlano di una donna su 7 che può essere interessata da questa fobia che può provocare attacchi di ansia, evitare il sesso o non sentirsi emotivamente connessi al bambino non ancora nato. Anche l’attrice inglese Helen Mirren (Oscar come miglior attrice per il ruolo della regina Elisabetta nel film The Queen di Stephen Frears) ha ammesso di soffrire di tocofobia dopo aver visto un film. In uno show televisivo australiano, Mirren ha rivelato la sua profonda paura incolpando il video di un parto mostratole quando era una studentessa di 13 anni: “Giuro che mi ha traumatizzato fino a oggi”, ha dichiarato, “non ho avuto figli e ora non riesco a guardare nulla che abbia a che fare con il parto. Mi disgusta assolutamente”.

Che cos’è
Ci sono due tipologie di questo disturbo: la tocofobia primaria che si manifesta in donne che non sono mai state incinte, e la tocofobia secondaria che si sviluppa dopo un evento traumatico durante la gravidanza o il travaglio, o a causa della morte del neonato subito dopo il parto. In alcune donne può essere la conseguenza di altre paure, come la paura del dolore (algofobia), la paura dei medici (iatrofobia) e la paura dei bambini (pedofobia).

Il parere dell’esperto
“La tocofobia è un fenomeno in crescita e che in una certa misura impatta ovviamente sulla riduzione delle nascite. Può essere il segnale di una paura verso il futuro e che rafforza altre paure esistenti nella donna, come quella della genitorialità che è il timore più grande”.

Che cosa si teme della genitorialità?
“Il fatto che è una scelta dalla quale non si torna indietro. In un contesto sociale in cui prevale una realtà fluida, quella di diventare genitore è una situazione irreversibile. A questo si aggiunge poi la paura di non essere all’altezza, delle trasformazioni fisiche che avvengono durante la gravidanza che non vanno sottovalutate e che è un motivo in più di preoccupazione in molte donne. E la paura del dolore del parto. Ma come tutte le fobie, queste non si basano sull’esperienza ma su paure più arcaiche o su esperienze riportate da altre persone, dai familiari, amici o da episodi riportati dalla cronaca”.

Ci sono poi cause legate a fattori più strettamente fisici.
“Sì, per esempio la presenza di dolore pelvico come conseguenza di una malattia ginecologica o di un’endometriosi. Un caso più delicato e particolare riguarda le donne che hanno subito abusi sessuali per cui temono tutto quello che coinvolge la sfera genitale”.

Possiamo affermare che i casi di tocofobia sono aumentati rispetto al passato?
“Sì, e il calo delle nascite ne è una conferma. Che ci porta a considerare quindi non solo i fattori socioeconomici che incidono nella scelta di fare figli, ma anche altri elementi che abbiano finora citato”.

I trattamenti
A seconda dei casi, come si può curare?
“Coinvolgendo la donna insieme al suo partner. Invitando loro a visitare la struttura sanitaria dove si dovrebbe partorire e a conoscere i medici e le ostetriche che seguiranno la donna nel percorso di gravidanza. Se alla base c’è la paura del dolore del parto, di affrontare un taglio cesareo o di perdere il controllo della propria vita, si agisce sugli aspetti cognitivi, rassicurando la persona in modo da ridurre queste ansie. Sempre valutando la presenza di altri elementi condizionanti, come traumi precedenti su cui eventualmente lavorare con la psicoterapia. Anche parlare con persone che hanno avuto esperienze di parto positive può alleviare questo tipo di ansie”.

Non fatele sentire in colpa
Per le donne invece che non esprimono nessun desiderio di affrontare la gravidanza?
“È importante sottolineare un altro aspetto: non dobbiamo dimenticare che c’è una percentuale di donne che non si sente particolarmente motivata a volere un figlio. Per cui se in una donna si riscontra la presenza di questa fobia, se ne ricercano le cause principali. Forse questa sua paura è in conflitto con un’altra parte di sé che potrebbe anche avere il desiderio di avere un figlio? È giusto allora aiutarla per vedere se è possibile superare questi ostacoli. Ma se siamo di fronte a un rifiuto granitico della donna, senza nessun desiderio o ambiguità rispetto alla gravidanza, non dobbiamo correre il rischio di patologizzare quella persona. Non tutte nascono per diventare madri. La libertà di scelta della donna deve venire prima di tutto e se questa ha a che vedere con l’assenza di interesse verso la procreazione, perché i figli non interessano, non c’è nessun problema. Sarà una scelta da rispettare senza sciocche discriminazioni o tentativi di colpevolizzare”.

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