I legami passati del padre e l’inserimento in una lista delle persone che avrebbero avuto l’opportunità di lavorare per Michele Aiello, l’ex ras della sanità privata legato al boss Bernardo Provenzano. Attorno alle nomine dei manager delle aziende sanitarie, in Sicilia cova l’ennesima polemica. Dopo il caso degli otto designati che si trovano a processo e sulla cui posizione si attende il vaglio della commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale siciliana, l’attenzione negli ultimi giorni si è spostata su Alessandro Caltagirone, 52enne che dovrebbe andare a guidare l’azienda sanitaria di Siracusa.

Laureato in ingegneria nucleare, Caltagirone nel recente passato è stato già alla guida dell’Asp di Caltanissetta e prima al Policlinico di Palermo. Il suo nome finora era stato soltanto lambito dalle critiche rivolte al governo Schifani, per via di un procedimento penale di cui il diretto interessato ha dato notizia dell’avvenuta archiviazione. A far discutere, però, sono le voci sulla biografia del padre Francesco Paolo, oggi scomparso da alcuni anni. Il suo nome è comparso in più inchieste antimafia degli anni Ottanta per essere stato in affari con due esponenti di Cosa nostra di Bagheria: Leonardo Greco e Antonino Gargano. I tre erano soci della Industria Chiodi e Reti (Icre), impresa che commerciava materiale ferroso destinato all’edilizia.

Cercando negli archivi, la Icre e i suoi proprietari vengono citati in alcuni dei procedimenti più importanti su Cosa nostra: dalla ordinanza istruttoria su Rosario Spatola e altri al Maxiprocesso. I magistrati, con in testa Giovanni Falcone, ricostruirono i rapporti commerciali della Icre, ritenendo che dietro potessero esserci relazioni di altro tipo. La lista di indiziati mafiosi che finì sotto la lente degli inquirenti analizzando i conti bancari della società era lunga: da Salvatore Greco a Filippo Marchese, da Gaetano Tinnirello a Salvatore Buscemi. Gli assegni, alcuni riconducibili direttamente a Francesco Paolo Caltagirone, arrivavano anche nell’altra parte della Sicilia: a Catania, per esempio, una somma di circa 4 milioni e mezzo di lire fu negoziata nel 1978 dal boss Nitto Santapaola, per conto della Avimec, l’impresa di trasporti della sorella Grazia e del cognato e boss Pippo Ercolano.

Ma Francesco Paolo Caltagirone viene citato anche nelle carte dell’inchiesta Talpe alla Dda, la stessa che portò alla condanna per favoreggiamento alla mafia dell’ex governatore Totò Cuffaro e che ebbe tra i principali indagati Michele Aiello, condannato con l’accusa di avere costruito un impero all’ombra di Cosa nostra.

In una memoria inviata dal pubblico ministero al gup del tribunale di Palermo viene fatto anche il nome di Alessandro Caltagirone, il probabile nuovo manager dell’azienda sanitaria. “Accertamenti presso gli archivi elettronici dell’Inps hanno consentito di evidenziare, tra le liste dei dipendenti delle società facenti capo ad Aiello, la presenza di altri soggetti comunque collegati con Cosa Nostra”, si legge nel documento, in cui quello di Caltagirone è l’ultimo di una lista di sei nomi. “Figlio di Caltagirone Francesco Paolo, già socio della ditta Icre unitamente ai notissimi esponenti bagheresi di Cosa Nostra, Gargano Antonino e Greco Leonardo”, viene ricordato.

L’esperienza lavorativa a cui i magistrati fanno riferimento è quella nella clinica San Gaetano. “Sono storie vecchie di oltre trent’anni che non mi hanno mai riguardato come indagato – dichiara Caltagirone a ilfattoquotidiano.it – Nel processo, poi, venne appurato che la mia assunzione era frutto della segnalazione di un mio professore di Fisica nucleare che sentì di valorizzarmi”. Il 52enne difende anche la memoria del padre: “La sua fedina penale è rimasta immacolata finché ha vissuto, semmai anche lui fu vittima dell’essersi ritrovato accanto persone che in un dato momento della loro vita intrapresero altri percorsi”. Nessun ricordo degli anni in cui il padre aveva come soci dei mafiosi: “Avevo sette anni, cosa potevo saperne?”.

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