“Quando facevo le mie visite di monitoraggio a sorpresa, il più delle volte trovavo uno stanzone, con i pazienti messi lì, che fumavano e passavano le loro giornate facendo la spola con il distributore automatico di bevande e merendine. Le attività riabilitative erano pressoché sconosciute”: Daniela Pezzi (nella foto in alto) è volontaria referente per la salute mentale della Caritas ed è stata per 14 anni presidente della Consulta per la salute mentale della Regione Lazio. “Quando poi facevo un giro nelle stanze, l’odore che ho trovato in molte di queste strutture è quello tipico che io ricordo dei padiglioni del Santa Maria della Pietà”, dice Pezzi in riferimento al grande manicomio di Roma chiuso definitivamente nel 2000. “Quando ci riunivamo nelle consulte delle Asl, ci veniva detto dai direttori dei dipartimenti di salute mentale che il 70% del budget a disposizione viene utilizzato per coprire le rette del privato accreditato”, afferma Pezzi. Quindi nel Lazio la percentuale del budget di salute, mentale assorbito dal privato convenzionato, risulta anche superiore alla media italiana che è circa la metà. La referente della Caritas dichiara di aver più volte riscontrato – e segnalato agli organi regionali competenti – la carenza di personale specializzato nelle strutture ma che questa è stata sempre giustificata con assenze per malattia.

Pezzi ha ricoperto l’incarico di presidente della Consulta per la salute mentale fino al luglio 2022 quando il consiglio regionale ha modificato le modalità di elezione, stabilendo che non sarebbe più stato scelto dai familiari e operatori che ne fanno parte, bensì dal consiglio regionale stesso. Alla decisione sono seguite le dimissioni della presidente e di tutti i membri della Consulta che oggi non esiste più. Elena Canali, coordinatrice del Lazio dell’Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale, ribadisce la generale carenza di controlli da parte delle Asl: “Quando un paziente viene ricoverato in struttura, passano mesi prima che passi un operatore Asl a verificare che il suo piano riabilitativo sia realizzato”. “Una volta mi sono lamentata per un paziente che non voleva stare in una di queste strutture perché non si faceva nulla tutto il giorno – racconta Canali – e mi sono vista rispondere, dalla psichiatra di una Asl, che era stato sfortunato perché era estate e non c’erano gli operatori”. Una risposta che la coordinatrice di Unasam definisce “assurda” perché le rette – sottolinea – sono le stesse in tutti i mesi dell’anno” e “grave” perché veniva “da un’operatrice che quelle attività avrebbe dovuto controllarle!”. Canali riconosce che queste residenze a volte portano a una vera riabilitazione: “È bello vedere persone uscire magari dimagrite 20 kg, o più lucide, ma questo succede raramente”. “Lo standard è di rimpinzare i pazienti di farmaci, in modo che stiano sedati, e colpevolizzarli se non sono contenti di rimanere lì a non far nulla” dice.

I progetti alternativi: “Abitare supportato” e “gruppi appartamento”
Diverse Asl del Lazio hanno attivato progetti alternativi che prevedono per i pazienti psichiatrici la possibilità di vivere in appartamenti normali integrati nei centri urbani pur con la presenza e la supervisione dei servizi di salute mentale: a nostre richieste di accesso agli atti per conoscere i numeri di questi progetti, hanno risposto le Asl di Roma 1, 2, 3, 4, 6 e di Rieti, dichiarando un totale di 97 gruppi appartamento e 297 beneficiari. Tuttavia, mentre esiste un budget regionale riservato alle rette delle strutture psichiatriche convenzionate – che è in crescita: dai 69 milioni di euro del 2019 è arrivato a 86,5 milioni di euro per il 2024 (si tratta di 51,700 euro all’anno – in media – per posto letto, 4300 al mese) – le iniziative di “gruppi appartamento” o “abitare supportato” devono essere realizzate con il budget generale delle Asl (o con specifici finanziamenti dedicati) e con il personale delle Asl, che nel Lazio è già sottodimensionato rispetto alle necessità. Anche per questo, la permanenza di pazienti nelle strutture residenziali appare spesso la soluzione più semplice e, a volte, l’unica: “A volte nostro malgrado è stato necessario posticipare le dimissioni di una persona perché non aveva un posto dove stare oppure in famiglia c’erano tensioni particolari e non potevamo abbandonarla”, spiega Carola Celozzi, direttrice del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Roma 4, che con il progetto di Abitare Supportato coordinato dal medico e volontario di Sant’Egidio Massimo Magnano, sta aumentando le soluzioni alternative alle strutture residenziali. Ma non è sempre facile far uscire queste persone dalle strutture private, soprattutto se ci hanno vissuto per anni: “In alcuni casi i responsabili hanno ostacolato il passaggio delle persone ormai istituzionalizzate alle co-abitazioni in appartamenti, suggerendo che fuori avrebbero avuto ricadute o peggioramenti – afferma Magnano – invece i pazienti con disagio psichico che siamo riusciti a inserire in contesti integrati nella città stanno bene”. E ne hanno beneficiato anche i bilanci della Asl: “Questi nostri co-housing hanno fatto risparmiare in undici anni circa 7 milioni di euro in fondi pubblici – dichiara Magnano – però il problema vero è lo spreco di tante vite, e quello è difficilmente quantificabile”.

Le multinazionali delle Rsa che hanno investito in posti letto psichiatrici nel Lazio
Kos Care, società del gruppo Cir De Benedetti specializzata in case di cura per anziani, ha diverse strutture per pazienti psichiatrici in Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria e Toscana, sotto il marchio Neomesia. Nel Lazio, secondo i documenti che ha fornito la Regione, ha 116 posti letto in convenzione. Sono invece 60 i posti letto in psichiatria del gruppo San Raffaele Spa, di proprietà della famiglia Angelucci, nella casa di cura San Raffaele di Monte Compatri. Ma il principale attore delle strutture residenziali psichiatriche nel Lazio è oggi il gigante francese delle case di cura Korian. Nel primo quadrimestre del 2022 il gruppo ha comunicato di aver acquisito Italian Hospital Group – presieduto da Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli – che oltre a diverse Rsa, nel Lazio ha anche strutture per pazienti psichiatrici, con 92 posti letto convenzionati. Pochi mesi prima, nel settembre 2021 la stessa azienda comunicava l’apertura di una “linea di business della salute mentale in Italia” con l’acquisizione di Sage, azienda titolare di 9 strutture con 568 posti letto vicino Roma, di cui 254 in psichiatria. “Korian si posiziona come uno dei principali operatori privati nel campo della salute mentale in Italia, come Francia e Spagna, mentre i bisogni assistenziali crescono molto rapidamente” si legge nel comunicato che prevede incrementi di fatturato a seguito dell’acquisizione. “Se fossero definiti criteri più stringenti per l’obiettivo che viene dichiarato, cioè la riabilitazione in psichiatria, forse questi acquisti non verrebbero ritenuti così vantaggiosi – commenta Fabrizio Starace, presidente della Società Italiana Epidemiologia Psichiatrica – nel senso che ottenere dei risultati positivi è un obiettivo che costa nel perseguirlo. È complicato immaginare che se si dispiega un sufficiente nucleo di personale ben addestrato, con buona supervisione, con attività articolate, corrispondenti alle necessità dei singoli ospiti, ci possano essere margini di profitto ampi”.

Questa inchiesta è stata realizzata con il contributo di Journalismfund Europe. Ha collaborato Manuel Rico

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Per saperne di più – Il tema degli “imprenditori della follia” e di cosa resta del movimento di riforma psichiatrica, viene approfondito nel podcast Tutta colpa di Basaglia, realizzato da Ludovica Jona e Elisa Storace, prodotto da Piano P e disponibile su Spotify e tutte le piattaforme di podcast gratuito.

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