Sì, è vero, la bagarre politica e di lobbies che infuria sulla nomina del nuovo sovrintendente della Scala – dove si vocifera che il ministro voglia piazzare un manager di suo gradimento, magari l’ex Rai Fuortes poi dirottato sul Maggio fiorentino – è un pessimo spettacolo, anche perché si consuma, nonostante la mole di contributi pubblici, nel chiuso delle stanze polverose del potere ed è materia quasi solo d’indiscrezioni genere ‘dagoreport’.

Eppure, forse a Milano si sta vivendo uno dei momenti migliori degli ultimi anni per il teatro: questo anticipo di primavera fa davvero impressione non solo per le sale piene zeppe grazie alla presenza di fuoriclasse al Piccolo come Emma Dante o Massimo Popolizio (allo Strehler con ‘L’albergo dei poveri’), e non tanto nemmeno per il consueto concorso di spettatori appassionati e ‘internazionalisti’ al festival Fog in Triennale teatro. Trovano spazio anche proposte più alternative, come la rassegna al Menotti sull’Odin Teatret con Eugenio Barba, o le preziose riprese del Progetto DonneTeatroDiritti al PACTA Salone.

Ma è decisamente quel tanto che si muove al di là delle sale più conosciute o strutturate, e spesso proprio fuori dai luoghi fisici stesso del teatro, che dà l’idea di una vita culturale attiva dei cittadini spettatori appassionati. Una sorta di coronamento istituzionale di questo fenomeno è stata l’ospitalità, nella cornice insolita della sala del consiglio comunale di Palazzo Marino, il 6 marzo scorso, per la ripresa del toccante Se questo è Levi con Andrea Argentieri, che Fanny&Alexander hanno saputo confezionare davvero bene, senza facili ammiccamenti al presente o al linguaggio post-televisivo.

Ha fatto davvero grande impressione, ai 150 spettatori circa che sono riusciti a prenotarsi per tempo, trovarsi di fronte all’attore che sa rendere così bene la complessità della figura di questo scrittore-scienziato-sopravvissuto. Questo appuntamento fa parte del progetto di teatro diffuso denominato Stanze da Alberica Archinto, che lo anima, e a Se questo è Levi ha collaborato attivamente anche la pregevole associazione Olinda, che peraltro ogni estate organizza il bel festival ‘Da vicino nessuno è normale’ nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini.

Tra i cittadini spettatori qualunque si potevano notare anche i volti degli addetti ai lavori di un’altra realtà associativa, Zona K, che ricomincia l’attività pubblica proprio in questi giorni e contribuisce a vivacizzare ancor più la bella fioritura di proposte culturali per così dire ‘dal basso’ di Milano, con un occhio di riguardo a quello che una volta si sarebbe definito il teatro politico o d’impegno.

S’intitola ‘Geografie’ la stagione nuova di Zona K e presenterà, com’è successo negli anni precedenti, tante proposte di primissimo livello internazionale. Ci sarà anche l’evento clou, dall’8 al 16 giugno, delle ‘sette pièce itineranti tra campi e foreste’ del nuovo progetto europeo ‘Paesaggi condivisi’, ideato e diretto dal collettivo berlinese Rimini Protokoll, un marchio tra i più consolidati dell’avanguardia degli anni Duemila, punto di riferimento ancora oggi, per esempio della bella realtà bolognese di Kepler-452 (a proposito, prima della loro consacrazione con premi, ‘Il Capitale’ è arrivato a Milano giusto per merito di Zona K…).

Basta anche citare il primo appuntamento in cartellone, l’8/9 marzo, nel vecchio garage ristrutturato del quartiere Isola dove ha sede Zona K: ‘Mamu Tshi, portrait per Amandine’, che racconta il ritorno a casa, nel Congo centrale, del coreografo Faustin Linyekula con la danzatrice krump Mamu Tshi (al secolo Amandine Ngindu: da cui il titolo; si noti ancora, produzione 2024 del Théâtre Vidy-Lausanne!).

Ecco, a ben vedere, queste realtà nate fuori dalle istituzioni rappresentano bene una sorta di rivolta fattiva degli spettatori appassionati milanesi, che vogliono confrontarsi con tutti i generi di linguaggio in cui sta maturando il nuovo teatro artistico, quello vero, aperto e vivo, che non vive di compromessi e di beghe con il potere, di destra o di sinistra che sia.

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