di Elisa Visconti, direttrice esecutiva di Medici del Mondo

Martedì scorso abbiamo assistito all’ennesimo grave attacco del diritto di scelta e di autodeterminazione delle donne. Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione antiabortista con oggetto il “Sostegno alla vita e alle donne in stato di fragilità”. Il testo impegna la giunta a valorizzare il ruolo e il lavoro dei Centri di Aiuto alla Vita (Cav) e a diffondere e promuovere in tutto territorio lombardo l’iniziativa delle “culle per la vita”.

La mozione ribadisce la necessità di garantire la libertà ad ogni bambino di nascere e, evitando accuratamente di parlare di feto o embrione, spinge su una narrazione che svilisce la scelta individuale della donna per romanticizzare condizioni complicate e spesso dolorose.

Ancora una volta, e di nuovo sul corpo femminile e delle persone con utero, assistiamo ad un attacco violento ai diritti di autodeterminazione e di libertà. Noi di Medici del Mondoorganizzazione medico-umanitaria internazionale che lotta per garantire il diritto alla salute per tutte le persone – auspichiamo che questa mozione venga modificata, perché vira pericolosamente nella direzione opposta a ciò che serve sui nostri territori e perché soffoca i diritti riproduttivi anziché favorire politiche che rispettino e sostengano le donne nel loro diritto di scelta.

L’approvazione della mozione antiabortista risulta, se possibile, ancora più grave e anacronistica, perché accade all’indomani dello storico voto francese che dà il via alla costituzionalizzazione dell’aborto. ‘Mon corps mon choix’, lunedì abbiamo visto le immagini della Tour Eiffel così illuminata per celebrare il voto che fa della Francia il primo paese al mondo a iscrivere il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione. La modifica della carta fondamentale è stata approvata da una maggioranza schiacciante dei membri del parlamento eccezionalmente riuniti a Versailles.

Dalla Francia arriva un’indicazione preziosa della strada che anche in Italia dovremmo percorrere, perché il quadro che emerge dal report Aborto farmacologico in Italia, tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali, realizzato nel 2023 da Medici del Mondo con il supporto di diverse realtà dell’attivismo femminista italiano, è allarmante.

L’aborto e l’assistenza all’aborto sul nostro territorio sono ancora troppo poco praticati. Mentre in Francia le interruzioni volontarie di gravidanza farmacologiche sono oltre il 70% del totale, in Italia – 45 anni dopo l’approvazione della 194 – l’accesso alla RU486 risulta ancora complicato e disuguale a causa degli alti tassi di obiezione di coscienza con 2 ginecologi su 3, quasi 1 anestesista su 2 e picchi superiori all’80% in alcune regioni.

L’interruzione volontaria di gravidanza è una prestazione compresa nei Lea, ovvero nell’elenco di prestazioni e servizi essenziali che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. Nonostante questo, secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute, oltre a essere una pratica in diminuzione – nel 2020 ne sono state registrate 66.413, con una variazione del -9,3% rispetto all’anno precedente – è una prestazione ancora fortemente ostacolata, il cui impatto è particolarmente rilevante in Lombardia, la regione più popolosa, poiché sono tantissime le donne coinvolte.

L’accesso all’aborto sicuro è una componente fondamentale della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi (Srhr). Si tratta di una questione di salute pubblica, un vero e proprio indicatore delle disuguaglianze sociali e di genere. Un diritto che le istituzioni dovrebbero garantire e promuovere con tutti gli strumenti a loro disposizione.

La mozione antiabortista approvata dal Consiglio regionale della Lombardia è un campanello d’allarme; a seguito della scelta della regione Piemonte di mettere a bilancio un milione di euro per Vita Nascente – il fondo destinato alle donne che decidono di non abortire – è forte il timore che lo stesso approccio oscurantista possa allargarsi ad altre regioni governate dalla destra, con l’obiettivo di rendere più difficile il diritto all’aborto e il suo accesso, annullando i passi fatti negli ultimi decenni.

“Mio il corpo, mia la scelta”, la scritta luminosa sulla Tour Eiffel per celebrare lo storico voto francese che da qui sembra lontanissimo, deve servire da spinta alla politica italiana e alle istituzioni locali per un deciso cambio di passo. Perché si sia fermə nel difendere e garantire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, e per scardinare l’abitudine di utilizzare i corpi delle donne come campo di battaglia politica.

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