Puntuale, come in tutti i Paesi e come sempre alla vigilia del voto, anche in Portogallo, in vista delle elezioni legislative del 10 marzo, si parla dei giovani, delle loro intenzioni e della generazione al debutto delle urne. O Pùblico si è occupato del fenomeno con quattro pagine di giornale, dando la voce a un panel di ragazzi e a una triade politologo-sociologo-psicologa: il quadro che emerge è di una certa inclinazione per il voto alla destra, dell’insoddisfazione generale per il dibattito elettorale e della scarsa coesione in nome di un individualismo accentuato.

“È una generazione molto individuale, non direi individualista – spiega la psicologa Margarida Gaspar de Matos -. Sono aggrappati alla comunicazione attraverso la tecnologia, loro fonte di occupazione del tempo inesauribile. Sono preoccupati per il futuro, ma non stanno elaborando piani per alterare le cose. Non trasformano la preoccupazione in azione. In termini politici, sono più attenti a candidati che parlano di questioni concrete quotidiane e prospettano soluzioni realistiche. Apprezzano quella che si percepisce come trasparenza, chiarezza e autenticità. Le questioni ambientali, come quelle delle persone più fragili, rientrano tra i loro principali interessi”.

La nuova generazione al voto è cresciuta in un Portogallo governato dai socialisti dal 2015, ma è attraversata dal vento del neoliberismo. Come sottolinea il sociologo Vitor Sérgio Ferreira “non c’è idea più neoliberale del sogno e in televisione, per esempio, molti programmi sostengono questa visione. Uno dei problemi principali è che i grandi partiti quando parlano dei giovani si occupano di quelli che emigrano. Temi come quello dello sviluppo del mercato del lavoro giovanile e della rappresentatività sono trascurati. È qui che si crea la frattura generazionale”.

I giovani portoghesi hanno problemi simili ai loro coetanei italiani e del Sud Europa in generale. Sono quarti nella classifica della fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni che ancora vive con i genitori (al primo posto l’Italia, seconda la Croazia, terza la Spagna). Hanno un tasso di disoccupazione del 19,1%, superiore al 14,5% della media europea. La loro inclinazione all’emigrazione è stata frustrata dalla Brexit: il Regno Unito era la terra promessa, sostituita ora solo parzialmente da Germania, Olanda, Francia e Danimarca. Rispetto a italiani e spagnoli, parlano decisamente meglio l’inglese, grazie all’intelligente politica di trasmettere in televisione i film in lingua originale, con i sottotitoli in portoghese. Sono inclini al viaggio nel rispetto della loro storia e i più benestanti guardano al Brasile, al Canada e agli Stati Uniti, ma sono anche costretti in qualche modo a considerare l’emigrazione come via di salvezza per risolvere questioni essenziali come quelle del posto di lavoro e del salario. Anche in Portogallo esiste un problema di cervelli in fuga che impoverisce un Paese dove s’invecchia sempre di più e dove la politica “alta” fa ben poco per occuparsi del fenomeno, in contrasto con i dati di una nazione settima in Europa per giovani con istruzione universitaria e in cui il 95,5% usa quotidianamente Internet. Il malessere che li attraversa è certificato da alcuni dati preoccupanti: la fascia di età compresa tra i 18 e i 29 anni ha problemi di sofferenza psicologica che oscilla dal moderato al grave: il 50% fa i conti con una “latente” depressione.

Per questa ragione, i partiti tradizionali non trovano un seguito tra i giovani, più inclini a preferire, e quindi a votare, schieramenti come Chega (estrema destra), Livre (verdi), PAN (anti-aborto, anti-matrimoni omosessuali, anti-eutanasia) e, soprattutto, Iniciativa Liberal, schieramento liberale classico che ha un maggior dialogo con le nuove generazioni. Come sottolinea la giornalista Andreia Sanches, direttore aggiunto di O Pùblico, “i debuttanti al voto non hanno memoria di governi di colore diverso da quello socialista, del processo di costruzione di una democrazia e ancora meno di un Paese in cui la democrazia non esisteva. Non hanno vissuto l’integrazione nell’Unione Europea e lo sviluppo dello stato sociale. I loro problemi li legano al presente in vista del futuro. Ed è qui che l’estrema destra ha trovato invece un dialogo aperto con i giovani, facendo presenza nei luoghi dove s’incontrano e comunicando attraverso i social”.

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