Crescita troppo lenta e oltre mille progetti in lista d’attesa. Non c’è solo il numero, neppure 5,7 gigawatt di capacità installata lo scorso anno, a descrivere una situazione in stallo per le rinnovabili, ma anche il fatto che il dato del 2023 sia stato molto alimentato dal solare domestico, spinto a sua volta dal superbonus al 110%. Lo stesso ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, alla fiera K.EY di Rimini ha risposto così a una domanda sulle previsioni per il 2024: “Non sono frate Indovino. Certamente la massa di denaro che ha mosso il 110% non è ripetibile. Però sto vedendo una vivacità delle istanze che fa ben sperare”.

I report di Legambiente – La verità è che ci sono ancora diversi problemi a bloccare le rinnovabili in Italia, come raccontano i report appena pubblicati da Legambiente sulle Fonti di energia rinnovabile (“Scacco alle rinnovabili”) e sulle Comunità energetiche rinnovabili. A Rimini, Pichetto Fratin ha spiegato che il decreto Fer X sugli incentivi è nella fase di interlocuzione con la Commissione europea ma, intanto, i dati sulle installazioni parlano di una crescita lenta rispetto a quelli che dovrebbero essere i numeri per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030. Si parla di 90 gigawatt di nuove installazioni, pari quasi 13 GW di nuova potenza annuale dal 2024 al 2030, secondo uno studio commissionato al think tank Ecco da Legambiente, Greenpeace e Wwf. Preoccupa anche la scarsità dei grandi impianti realizzati: secondo i dati di Elettricità Futura, l’85% degli impianti eolici (per 487 megawatt) ha una taglia superiore ai 10 MW, ma dei 5.234 megawatt di fotovoltaico, il 38% degli impianti ha una potenza inferiore ai 12 kilowatt e il 78% è sotto il megawatt.

Al palo i grandi impianti e lunghe liste di attesa – Per quanto riguarda i progetti a fonti rinnovabili in lista d’attesa, al 17 gennaio 2024 sono 1.376 quelli ancora in fase di valutazione. Un dato che dà l’idea di un grande fermento da parte delle imprese, ma che non trova ad oggi riscontro nelle autorizzazioni rilasciate, vista la lentezza legata alle procedure. Le Commissioni Via-Vas e Pnrr-Pniec del Mase hanno lavorato, nel 2023, su 221 procedure autorizzative, per un valore di opere di oltre 13,5 miliardi di euro e una potenza di 10,5 GW. La Commissione VIA-VAS ha lavorato su 33 istanze di Via per impianti eolici, per una potenza superiore a 2 GW, mentre la Commissione Tecnica Pnrr-Pniec ha adottato 115 pareri Via per le rinnovabili, di cui 73 progetti agrivoltaici, 19 fotovoltaici, 16 eolici, 3 eolici off-shore, 3 impianti di pompaggio e 1 gigawatt di accumulo energetico. “In Italia la strada è tutta in salita per i grandi impianti a fonti rinnovabili, schiacciati da ritardi, lungaggini autorizzative, contenziosi portati avanti in Presidenza del Consiglio dal Ministero della cultura e da una normativa troppo vecchia e inadeguata ferma al 2010” scrive Legambiente. Ed è un film già visto: ad oggi sono 81 i progetti in attesa di determina da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e che hanno visto pareri positivi da parte della Commissione tecnica Via e negativi da parte del Mic. Sono, invece, 67 i progetti in attesa del parere del Ministero della Cultura nonostante da tempo la stragrande maggioranza abbia ricevuto parere della Commissione Via. Il più vecchio risale al 2012, quasi 12 anni per comunicare la fattibilità a un’impresa. Legambiente segnala inoltre che nel 2023, si è intervenuti su oltre 3 gigawatt di potenza su 47 impianti complessivi (20 impianti agrivoltaici per 1.418 megawatt complessivi, 6 impianti fotovoltaici per complessivi 285 MW e 21 impianti eolici onshore per 1.313 MW). Di questi, la maggior parte sono progetti presentati tra il 2019 e il 2022, ma si è intervenuti anche su un impianto del 2013. “Da notare – racconta ‘Scacco alle rinnovabili – come dei 47 impianti complessivi, 15 hanno avuto parere negativo (12 sono progetti eolici)”.

Tra blocchi e contenziosi – A questi ritardi, si sommano anche i problemi irrisolti che riguardano eolico e fotovoltaico come il tema delle aree idonee, e poi i tanti contenziosi di Comuni, Regioni e cittadini che bloccano la realizzazione di grandi impianti a fonti rinnovabili. Dietro ci sono le sindromi Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato). Salgono a 63 i casi simbolo di blocchi alle rinnovabili mappati da Legambiente e, di questi, venti sono le nuove storie riportate nel report 2024. Si va da sei amministrazioni locali tra Veneto, Umbria, Marche e Basilicata che preferiscono poli logistici e industriali a parchi eolici o fotovoltaici, alle moratorie tentate o in programma come accade in Sardegna e Abruzzo, dove è intervenuta la Corte Costituzionale. E poi c’è la “simil moratoria della Sovrintendenza della Basilicata che ha posto un vincolo paesaggistico di 10 chilometri intorno al sito del Castello di Monteserico (Potenza), con esplicita preclusione alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili”. Ci sono poi i ricorsi al Tar tra Molise e Toscana (dove non è stato ritenuto valido quello contro il parco eolico del Mugello) e i ritardi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Puglia, o della Sovrintendenza, nel Lazio. “Ad oggi sono soprattutto le Regioni e le Soprintendenze che continuano a frenare la transizione ecologica: lo avevamo denunciato tre anni fa, ma da allora nulla è cambiato” spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, che chiede ai ministri dell’Ambiente, delle Imprese e del Made in Italy e della Cultura “di avviare un lavoro congiunto per arrivare alla pubblicazione di un Testo Unico che semplifichi gli iter autorizzativi degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure”.

Le Comunità energetiche – Le cose non vanno meglio sul fronte delle comunità energetiche: “Non se la passano bene, nonostante i primi segnali positivi arrivati con il Decreto Cer a cui si è aggiunto proprio in questi giorni il Decreto sulle regole attuative, chiudendo finalmente il cerchio”. Ad oggi sono solo 154 le forme di energia condivisa realizzate in Italia, tra comunità energetiche rinnovabili e configurazioni di autoconsumo collettivo. Sulle 67 realizzate a fine 2023 Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige sono le regioni con il più alto numero di configurazioni. “Numeri importanti, considerando i ritardi burocratici e normativi, ma che avrebbero potuto essere molto più alti, arrivando ad almeno 400” stando alle stime dell’associazione ambientalista. Nei giorni scorsi, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha approvato il documento del Gse, che disciplina modalità e tempistiche per accedere ai benefici economici previsti dal decreto di incentivazione del Cer. Le regole, oltre che dal sito del Mase, sono consultabili anche dal sito del Gse. Il provvedimento, entrato in vigore lo scorso 24 gennaio, prevede una doppia modalità per promuovere lo sviluppo delle Cer: la tariffa incentivante rivolta a tutto il territorio nazionale e un contributo in conto capitale fino al 40% delle spese sostenute nei comuni sotto i cinquemila abitanti. Tra le realtà che ora potrebbero decollare con il decreto, Legambiente cita le 15 possibili Comunità energetiche portate avanti dalla Caritas, i 55 progetti di ènostra e i 105 del programma Nextappennino, ma anche le 25 Cer della campagna Become di Legambiente, KyotoClub, AzzeroCO2 per i Piccoli Comuni.

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