di Paolo Gallo

Il 26 febbraio 2024 verrà ricordato come il giorno in cui la fiamma di Giorgia Meloni ha iniziato a bruciare un po’ di meno. Il vento di Alessandra Todde e della sua coalizione fa respirare un’aria nuova. Seppur la vittoria sia arrivata a notte fonda, con un testa a testa durato quasi 24 ore, è storia il fatto che sia una donna, pentastallata, alla guida della Regione il cui governatore uscente era considerato il peggiore d’Italia.

Ora Alessandra e i suoi dovranno raccogliere i cocci di un lustro intero e far ricredere i sardi: una buona politica, una politica progressista può diventare l’esempio a cui tanti cittadini di altre Regioni potranno ispirarsi e credere per togliere le mani – e le natiche – nei posti che contano a questa destra tutta italiana che vede come partner irrinunciabili Orban e Le Pen.

La disfatta del terzultimo sindaco peggiore d’Italia, fedelissimo amico meloniano da due decenni, è da attribuire totalmente a chi, cocciutamente, lo ha voluto imporre: una prova di forza, una sorta di richiesta di pieni poteri che produrrà, forse, una resa dei conti all’interno della maggioranza e che mette il viceministro, nonché ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, nella posizione di poter chiedere conto della sconfitta e allo stesso tempo tirare un sospiro di sollievo, benché il 3,8% dei voti alla sua lista meriterebbe più di una riflessione.

E poi Elly Schlein, segretaria sottovalutata politicamente, che ha saputo trainare e sostenere, convintamente, con decisione ed entusiasmo, una candidata presidente in quota 5 stelle: la forza di questo laboratorio politico è stata la fiducia che i primi due partiti di opposizione hanno saputo sintetizzare in un programma comune, con competenze chiare senza prevaricare gli uni sugli altri, avendo come unico obiettivo un cambio di rotta risoluto in favore del solo popolo sardo.

Staremo a vedere se sapranno mantenere gli impegni presi: lo devono ai cittadini e alle cittadine che hanno creduto in loro e lo devono al Paese intero, forse. Forse questo è il modo per mettere un freno a questa politica troppo destrorsa, incapace di una visione a medio e lungo termine, che crea divari sociali sempre più netti, lontana dai reali problemi del Paese che cresce poco, pochissimo e che le stime di revisione della crescita del Pil potrebbero portare addirittura ad una manovra correttiva.

Benché la premier si gongoli sui dati dell’occupazione record e dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, essi devono essere visti nel più ampio aspetto delle ore-lavoro effettive e di quanto esse vengano retribuite. In questo Paese c’è un enorme problema: il lavoro povero. Inutile millantare dati eclatanti se poi non si arriva a fine mese.

Il salario minimo, battaglia comune ai 5 Stelle, Pd, AVS sia uno dei tanti temi, così come la sanità – tema centrale di tutte le Regioni – , che possano unire gli intenti affinché i cittadini capiscano che il campo progressista è l’unica alternativa possibile e che facciano da attrattiva a quel 45% di astenuti che non credono più nella politica.

L’obiettivo di questo ‘campo giusto’ sia quello di far bruciare di nuovo la fiamma delle coscienze popolari, quelle che risvegliano la voglia di democrazia, di partecipazione e far spegnere la fiamma di chi, con presunzione, pensa di potersi permettere tutto, anche qualche fake news, solo perché un underdog.

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