Vent’anni di squalifica, praticamente una radiazione. Peggio dei peggior dopati. Non per aver assunto sostanze proibite, truccato gare o rubato fondi. Solo per aver osato criticare la Federazione Ciclismo italiana (FCI) e paragonare il suo presidente al marchese del Grillo. Citazione anche dotta cinematograficamente, che però è stata ritenuta gravemente offensiva dal tribunale federale. Andrea Fin è un appassionato di ciclismo, tesserato per la Federazione in quanto dirigente di una piccola associazione sportiva di famiglia in Veneto. È anche giornalista pubblicista, titolare di un blog specializzato sulle due ruote (Ciclismoweb.net), su cui si è occupato spesso di vicende federali. Politicamente vicino a Silvio Martinello e quindi all’opposizione, prima dell’ex presidente Renato Di Rocco e ora di quello attuale, Cordiano Dagnoni, non ha mai fatto mistero di essere critico nei confronti della gestione della FederCiclismo, con tutta una serie di articoli, a partire dalla famosa vicenda delle provvigioni irlandesi che proprio sulle pagine del suo blog ha avuto origine. Questo suo attivismo però gli è costato caro.

Tutto nasce da un articolo, uno dei tanti firmati da Fin, pubblicato lo scorso 23 febbraio 2023 dal titolo “FCI: il nuovo logo è di Cordiano Dagnoni”, in cui veniva contestata la decisione di richiedere un’autorizzazione preventiva per l’uso del logo federale, e si paragonava il n.1 Dagnoni al marchese del Grillo, con tanto di fotomontaggio del presidente nei panni di Alberto Sordi. A inizio aprile Fin riceve una convocazione da parte della Procura federale, a cui non risponde. È l’inizio di una vera e propria indagine, con tanto di deferimento e processo, che si conclude a settembre con un verdetto di colpevolezza: secondo i giudici, “il complessivo esame del contenuto degli articoli denotano una precisa volontà di gettare discredito sul prestigio e sulla credibilità della FCI nel suo complesso”, e questo viola il “divieto di esprimere giudizi e rilievi lesivi della reputazione, onore e decoro tanto di soggetti, quanto di organi operanti all’interno della Federazione Ciclistica Italiana”. Risultato: tre mesi di squalifica e multa di mille euro. Ma non basta: di fronte al rifiuto di pagare l’ammenda, Fin ha ricevuto un’ulteriore comunicazione dalla Federazione che estende la sospensione fino al 2 ottobre 2043! A meno che ovviamente non si rassegni a saldare la sua pendenza.

La vicenda è emblematica nella sua stortura: per la sua attività da giornalista, Fin è stato punito nella sfera di tesserato. La questione infatti non è il contenuto degli articoli, la veridicità o meno di quanto raccontato dall’autore: se il presidente o la Federazione si ritenevano diffamati potevano querelare, o rivolgersi all’ordine. Il punto è che la giustizia sportiva è intervenuta per sanzionare quello che può a tutti gli effetti essere considerato un “reato di opinione”. La Federazione fa sapere che i giudici hanno semplicemente applicato le regole per cui non si può disonorare un altro tesserato, regole a cui lo stesso Fin ha aderito tesserandosi. Ma il problema forse è proprio questo, che nel mondo dello sport esista una norma del genere: non esiste un parametro oggettivo per stabilire cosa leda l’onore di un tesserato. Un fotomontaggio del marchese del Grillo, ad esempio, è satira o diffamazione? Di fatto, quel divieto così formulato può diventare facilmente un divieto di critica. Una censura. Uno strumento per colpire gli avversari politici. Specie se l’interpretazione viene lasciata alla giustizia federale. Questa – come sottolinea la Fci – è ovviamente autonoma dal presidente. Ma in tutte le Federazioni (non certo solo nel ciclismo) è spesso molto vicina al potere politico. Certo, a Fin basterebbe saldare la multa per chiudere la storia ma a questo punto per lui è diventata una questione di principio: “Non ho intenzione di pagare, né di fare ulteriori ricorsi, perché non riconosco la legittimità della sanzione. Se dovrò rinunciare al tesseramento lo farò a malincuore. Ma non riusciranno a zittirmi”.

Twitter: @lVendemiale

Dalla Federazione del presidente Dagnoni riceviamo e pubblichiamo le seguenti precisazioni:

– Nel titolo si parla di squalifica di 20 anni, non è vero; il tesserato è stato inibito per tre mesi + ammenda; l’inibizione resterà in vigore fino a quando il tesserato non pagherà l’ammenda, pertanto, si tratta di una inibizione temporanea connessa al mancato pagamento della sanzione, elemento non chiarito nell’articolo;

– Nell’articolo si parla di “Federazione Ciclismo Italiana” che è un ente inesistente, il nome corretto è “Federazione Ciclistica Italiana”.

– Nell’articolo si dice che la sanzione è stata irrogata per aver paragonato il Presidente al marchese del Grillo. Non è vero, il tesserato Fin ha collezionato diversi atteggiamenti in violazione del Regolamento di giustizia, come riportato nella sentenza.

– Nell’articolo si riporta che il tesserato Fin non ha risposto alla convocazione della Procura federale; non è vero, il tesserato non si è presentato ma ha inviato una lettera a diversi soggetti.

Per approfondire questi punti si rimanda alla sentenza che spiega nel dettaglio quanto accaduto ed è pubblicata sul sito federale al link https://www.federciclismo.it/it/press_release/1-sezione-procedimento-rg-123/734739aa-48c5-447a-8031-f8856db237c4/.

Più in generale, il pronunciamento del Tribunale federale non ha voluto colpire il sig. Fin in qualità di giornalista né tanto meno la sua libertà di critica. Ha voluto solo affermare l’uguaglianza di tutti i tesserati, richiamati dal Regolamenti di giustizia ad una condotta conforme ai principi di lealtà, rettitudine e correttezza, che non può essere messa in discussione dalla appartenenza a specifiche categorie professionali.

Aggiornato da Redazione web alle 16.20 del 20 febbraio 2024

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