“Il ministro dà la linea politica, il capo di Gabinetto adotta i provvedimenti da eseguire”, è questo uno dei passaggi della testimonianza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nel processo a carico di Matteo Salvini, a Palermo, sul caso Open Arms. Il vice premier risponde infatti di sequestro di persona perché avrebbe trattenuto senza fornire autorizzazione allo sbarco 147 persone a bordo della nave della Ong spagnola. Il leader del carroccio è, però, imputato anche di rifiuto d’atti d’ufficio. Ma se Salvini non era responsabile del provvedimento amministrativo, pur avendolo indirizzato con l’orientamento politico, potrebbe non risultare responsabili perlomeno della seconda imputazione. Piantedosi, all’epoca dei fatti capo gabinetto del ministero dell’Interno, di cui oggi è ministro, ha testimoniato oggi nell’aula bunker dell’Ucciardone per quasi 4 ore e ha in sostanza caricato su di sé la responsabilità degli atti amministrativi, seppur sotto l’indicazione politica dell’allora ministro dell’Interno Salvini.

Il ministro, che nella fase preliminare delle indagini era indagato assieme a Salvini (la sua posizione fu poi archiviata) ha chiarito quale fosse l’indirizzo politico voluto dal leader del Carroccio, ed è su questo che si concentra un altro passaggio chiave della deposizione della sua deposizione: “L’indirizzo politico era noto: avere rigore nei confronti di tutto quello che poteva avere a che fare con l’ingresso irregolare”, questo ha detto in aula a Palermo Piantedosi, secondo il quale, dunque, il decreto di divieto di ingresso nelle acque italiane aveva lo scopo di contrasto all’immigrazione clandestina.

Non c’era dunque alla base una valutazione sullo stato dei migranti, hanno contestato i difensori di parte civile. Mentre la linea politica fin qui sostenuta al processo da più parti – dallo stesso Salvini all’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte – era quella di attendere la redistribuzione in altri paesi e solo dopo concedere il Pos. Al termine del controinterrogatorio, anche il presidente del tribunale, Roberto Murgia, ha rivolto delle domande al ministro dell’Interno Piantedosi: “Colgo un aspetto di contraddittorietà rispetto al fatto che il ministro (Murgia si riferisce alla deposizione di Salvini alla scorsa udienza, ndr) ci ha detto che si era ritenuto che il Pos sarebbe stato dato se non fosse intervenuto il sequestro della nave da parte della procura di Agrigento”. “Mettevamo in conto che alla fine, se si riverificavano le condizioni per cui non era più possibile la permanenza a bordo che si sarebbe da parte di qualcuno ordinato lo sbarco”, ha detto Piantedosi. “Ha reso una serie di affermazioni che destano preoccupazione. Prima fra tutte, quella secondo la quale la decisione di non concedere il Pos alle persone soccorse a bordo della nostra nave, fu prettamente politica”, hanno sottolineato dalla Ong Open Arms al termine dell’udienza.

Secondo Giulia Bongiorno, invece, avvocata di Matteo Salvini, Piantedosi “ha evidenziato non solo l’estrema correttezza dell’operato del ministro dell’Interno ma finalmente in modo chiaro ha definito la linea di demarcazione che esiste tra chi si deve occupare di eventuali problemi di salute, incolumità, igiene e chi si deve occupare di sicurezza. Quindi le valutazioni di sicurezza, diamo o no il possono superate quando ci sono problemi di salute: se i migranti fossero stati male sarebbero scesi”.

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