Tutti d’accordo sullo spostamento dell’età pensionabile dei camici bianchi a 72 anni: non avrà alcun impatto sulla grave carenza di personale negli ospedali, né sulla qualità delle prestazioni offerte ai cittadini. Per ottenere questi risultati, bisognerebbe per prima cosa contrattualizzare gli specializzandi. Sul prolungamento dello scudo penale per i medici, invece, le opinioni delle sigle sindacali sono discordanti. Per alcuni sarà solo “un pannicello caldo che non servirà a nulla”, per altri “un segnale importante e coraggioso”. I sindacati hanno accolto così gli emendamenti di ambito sanitario contenuti nel decreto Milleproroghe, approvati dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera il 14 febbraio. I due provvedimenti, secondo le intenzioni della maggioranza, rispondono ad alcune delle richieste che i lavoratori del Sistema sanitario nazionale avevano portato in piazza negli scioperi dello scorso dicembre: rimpolpare le fila dei lavoratori che operano nel pubblico e soddisfare le esigenze della popolazione in termini di assistenza medica. Ma secondo le sigle i risultati saranno marginali.

“L’aumento dell’età pensionabile non ci fa né caldo né freddo – commenta a ilfattoquotidiano.it Alessandro Vergallo, presidente nazionale Aaroi-Emac, l’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani -. Coinvolgerà poche centinaia di lavoratori. Non risolverà il problema della carenza di personale e non arginerà il costoso fenomeno dei gettonisti”. L’emendamento della maggioranza – che avrà validità fino al 31 dicembre 2025 – prevede che, su base volontaria, i medici possano rimanere in corsia fino al compimento dei 72 anni di età. Due anni in più di quanto previsto al momento. Inoltre, permette a chi è andato in pensione dallo scorso settembre di essere reintegrato in servizio. La specifica importante, però, è che non potrà mantenere o assumere incarichi dirigenziali apicali. Per intendersi, i primari che decidono di continuare a lavorare non potranno mantenere la loro carica. Un modo per non bloccare la progressione delle carriere altrui. “Almeno è stata inserita questa clausola. È stato sventato un rischio enorme – commenta Vergallo -. Resta il fatto, però, che in pochi aderiranno a questa misura. Non molti avranno la volontà di rimanere a lavorare altri due anni”.

Per Vergallo sono altri i metodi per contrastare la carenza di personale: “La contrattualizzazione automatica degli ultimi due anni dei medici in formazione specialistica è al primo posto. Ci lamentiamo di avere la popolazione medica più anziana d’Europa e poi teniamo bloccati i giovani professionisti nelle scuole di specializzazione. I pochi che vengono contrattualizzati grazie al Decreto Calabria devono prima sottostare ai continui paletti e agli ostacoli messi dalle Università. E mentre si tiene fermi i giovani, si continua ad alzare l’età pensionabile”. Su questo è d’accordo anche Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed: “Può un collega di 71 anni aiutare in pronto soccorso, dove il lavoro è già di per sé usurante? Può fare le notti o contribuire in quei reparti ad alta intensità di cura dove si registra la maggior parte delle carenze? No, non può. E per questo l’emendamento non sarà utile per risolvere il problema del personale”, spiega a ilfattoquotidiano.it. Sarebbe più utile, anche secondo Di Silverio, coinvolgere gli specializzandi. “Si parla di 50mila medici. Non dei mille over 70 che potrebbero essere interessati dalla misura – continua -. Questa è una cosa che si potrebbe fare subito. Invece, i medici in formazione continuano a essere sfruttati e minacciati dai direttori delle scuole. Senza diritti, solo doveri, pagati poco. In Italia si inizia il percorso vero nell’ospedale quasi a 40 anni. A quell’età negli altri Paesi si hanno già ruoli di responsabilità”, commenta il segretario Anaao Assomed.

Diverse le opinioni dei due rappresentanti riguardo il secondo emendamento, quello sullo scudo penale per i medici, prorogato per tutto il 2024. Fino alla fine dell’anno, la punibilità in sede penale viene limitata ai soli casi di colpa grave, sulla falsariga del modello introdotto durante l’emergenza Covid. “Si tiene conto – si legge nel testo dell’emendamento – delle condizioni di lavoro dell’esercente la professione sanitaria, dell’entità delle risorse umane, materiali e finanziarie concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, del contesto organizzativo in cui i fatti sono commessi nonché del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato”. Con questo passaggio la maggioranza punta a far sì che chi giudica tenga conto delle difficoltà nelle quali operano i medici negli ospedali. “Ma quale magistrato terrà conto delle carenze di personale come giustificative di un’ipotesi di errore?”, si chiede Vergallo. “Senza contare che le condizioni di difficoltà in cui lavoriamo sono state causate da anni di definanziamento del Ssn – prosegue -. Un trend che questo governo non ha certo invertito con la finanziaria di quest’anno. Se come Paese non sono disposto a spendere un adeguato quantitativo di risorse per il Ssn, non posso poi pretendere che il Sistema ottenga risultati adeguati nelle cure e nella prevenzione”. Per Vergallo la proroga è solo un “pannicello caldo” che non serve a niente, forse solo a “intenti elettorali”. “Tutto l’ordinamento andrebbe riformato. Da quando è stato introdotto per il Covid, lo scudo non ha portato ad alcuna diminuzione dei procedimenti penali – conclude il presidente nazionale Aaroi-Emac -. Non si capisce perché questa proroga debba portare dei risultati diversi rispetto a quelli che abbiamo osservato negli ultimi anni”.

Il segretario di Anaao Assomed, al contrario, è più positivo: l’emendamento non risolve integralmente i problemi della colpa medica, ma è un segnale importante e coraggioso. E aiuterà a rendere più appetibile la professione. “Oggi i medici subiscono ogni ora sei denunce – commenta il segretario Di Silverio -. Due di media per ogni professionista nell’arco della sua carriera. Il 97% di queste si conclude con un non luogo a procedere, ma ci tiene impegnati per una media di otto anni. Con un dispendio economico che può arrivare anche a 50mila euro a causa. Serviva un intervento e il Ministro della Salute ci ha ascoltati”. Per Di Silverio, il provvedimento darà maggiore tranquillità psicologica agli operatori sanitari. “Il lavoro del medico punta a salvare le vite, non a toglierle – conclude il segretario -. Speriamo che lo scudo possa essere un deterrente per tutti i sedicenti studi legali che oggi stimolano i cittadini, anche quelli che non ne avrebbero intenzione, a intentare una causa che, nella stragrande maggioranza dei casi, si concluderà in un nulla di fatto”.

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