“Lo Stato richiedente non è in grado di garantire che il pervenuto sia giudicato da un tribunale che offra le garanzie procedurali fondamentali e la protezione dei diritti della difesa”. Lo “Stato richiedente” è l’Ucraina. La decisione, invece, è della Corte d’appello di Reggio Calabria, presieduta dal giudice Alfredo Sicuro (a latere Giuseppe Perri e Cristina Foti), che ha rigettato la richiesta di estradizione di un cittadino ucraino di 23 anni, Vitalii Orletskyi, accusato di omicidio stradale.

Arrestato a Reggio Calabria lo scorso novembre su mandato di arresto internazionale, il giovane sarebbe stato coinvolto in un incidente avvenuto nel luglio 2021 in Ucraina dove ha perso la vita suo fratello. Entrambi erano a bordo di un’auto che si è scontrata con un trattore. “Sulla dinamica e sulla responsabilità – secondo l’avvocato Giancarlo Liberati, difensore dell’indagato – non sono state fornite altre informazioni oltre a quelle contenute della richiesta di estradizione”. In realtà, accogliendo la tesi del legale, la Corte d’Appello è andata anche oltre per motivare il rigetto della richiesta “del ministero della Giustizia italiano su istanza dell’autorità giudiziaria ucraina”.

Per farlo, infatti, i giudici si sono rifatti a quanto stabilito dalla Cedu nella sentenza del caso Sukachov del 2020, prodotta dall’avvocato Liberati e nella quale la Corte europea per i diritti dell’uomo ha emesso un “giudizio-pilota nei confronti dell’Ucraina, avendo riscontrato un problema strutturale e persistente nel sistema carcerario di tale Stato”.

A convincere i magistrati a scarcerare Orletskyi e non consegnarlo all’Ucraina c’è anche la guerra: “Alla luce dello scoppio del conflitto russo-ucraino, è ragionevole ritenere che il problema delle condizioni carcerarie in Ucraina sia ancora esistente. Ma vi è di più. In ragione del predetto conflitto, (si ritiene che, ndr) l’Ucraina abbia esercitato il suo diritto di derogare agli obblighi derivanti dai trattati da essa ratificati, in particolare agli obblighi previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che il Procuratore generale dello Stato ucraino ha stilato un elenco di deroghe ai diritti fondamentali derivanti dalla legge marziale”.

In sostanza, in questo momento in Ucraina “le restrizioni al diritto a un processo equo e ai diritti della difesa hanno portato a una modifica dell’articolo 615 del codice di procedura penale, che ora consente casi di detenzione senza una decisione del giudice istruttore o del tribunale”. Detto questo, “fino alla fine della legge marziale”, essendo queste restrizioni “applicabili a tutto il territorio ucraino e non solo alla parte occupata dalle forze militari russe”, se l’indagato fosse stato estradato la sua libertà sarebbe dipesa non da un pubblico ministero, “da un ‘funzionario autorizzato’ tenuto a pronunciarsi sulla proroga della custodia cautelare”.

Nel rigettare la richiesta di estradizione, infine, la Corte d’Appello di Reggio Calabria non ha dubbi che se Orletskyi venisse consegnato all’autorità giudiziaria ucraina, sarebbe “sottoposto ad un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali e vi è motivo di ritenere che lo stesso verrà sottoposto ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona”. Da qui l’ordine dei giudici italiani di liberare il giovane ucraino.

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