Michele Misseri torna in libertà. Condannato a 8 anni per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove per il delitto di Avetrana, il 70enne ha potuto godere di uno sconto di pena per buona condotta e di un risarcimento economico per le condizioni in carcere. Eppure in un’intervista rilasciata a La Stampa, ribadisce: “Sono stato io. Ho detto il falso quando accusai mia figlia. Sono stato mille e mille volte reo confesso”. E aggiunge: “Io non volevo uscire perché non è giusto, sono io il colpevole. Questa colpa mi fa stare male”.

L’uomo prima confessò di essere l’autore solitario dell’omicidio della nipote Sarah Scazzi, morta nel 2010, poi riversò le accuse sulla figlia, infine riportò su di sé ogni responsabilità ma non fu creduto e fu condannato per aver nascosto in un pozzo in campagna il cadavere della ragazza. Ma dopo l’ergastolo inflitto a Sabrina Misseri e Cosima Serrano, rispettivamente figlia e moglie, confermato dalla Cassazione nel 2017, Misseri ha continuato a sostenere di aver ucciso lui Sarah: “Ho scritto tante lettere a Sabrina e Cosima chiedendo perdono, ma non ho mai avuto risposta”, racconta. “Voglio chiedere loro perdono guardandole negli occhi, spiegandogli perché le ho accusate. Ho accusato mia figlia ingiustamente, ma mia moglie non l’ho mai accusata”.

Durante il periodo della detenzione Misseri non ha mai richiesto permessi premio e ha conseguito la licenza media: “Ho preso la terza media, però visto che mi mancavano le scuole elementari ancora non riesco a scrivere corretto, ma cerco di farmi capire. Ho anche fatto un corso di falegname e ho preso il massimo dei voti. Ho fatto volontariato con la Caritas. E poi pulivo la Chiesa dove prego perché Sarah abbia giustizia”.

Misseri, per ora, non ha ancora deciso se tornerà a casa sua, la stessa in cui, secondo la ricostruzione processuale, Sarah venne uccisa. “Non lo so, ma non sarà facile. Perché mi vergogno e mi guarderanno tutti male, e mi sono rimasti pochi amici. Sono solo, devo ringraziare mia figlia Valentina e mio genero, le uniche persone che mi sono venute a trovare e con cui ogni sabato ho fatto una video chiamata”. Poi, ribadisce la sua versione dei fatti: “Ci sono persone del nord Italia che mi scrivono dal 2010. Loro mi credono e pensano che ci siano due innocenti in carcere. Spero ancora che qualcuno mi creda, che ci sia qualcuno che abbia almeno un dubbio su come siano andate veramente le cose. Sono io il colpevole e devo stare in carcere”.

Ma a dubitare delle sue parole sono gli stessi conoscenti e compaesani: “Per me non è stato Michele, lui è sempre stato buono. Per me non è stato lui, quello che dice non è vero”, afferma Vincenzo Romano, un amico d’infanzia che questa mattina si è presentato davanti alla villetta in via Deledda 22. “Sono contento del ritorno in libertà di Michele. Gli ho scritto più volte, quasi ogni mese, mi ha raccontato la sua vita in cella, che cucinava per gli altri detenuti. Nelle lettere non parlavamo della vicenda giudiziaria anche se lui ha ripetuto in tv di essere il colpevole. Lo sto aspettando, se vuole può venire a casa mia“.

Nelle lettere, Michele gli “chiedeva dei suoi terreni. Quando arriva qui – ha aggiunto Romano – si occuperà prima di tutto di sistemare la casa. Penso che voglia venire a vivere qui. Mai una parola comunque su moglie e figlia. Diceva che era stato male in carcere, ma ora potrà tornare a lavorare nei campi, a cui continua a tenere molto”. Proprio come raccontato anche dal legale Luca La Tanza: “Cercherà di tornare a una vita normale, una cosa complicata dopo sette anni di carcere. Andrà a vedere lo stato dei suoi terreni e so che ci sono persone disposte a fargli fare qualche lavoretto nei campi.

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