Sfruttavano migranti irregolari facendoli lavorare senza stipendio, assistenza medica ed infortunistica e addirittura anche senza scarpe, facendoli vivere in case fatiscenti. Con queste accuse la squadra Mobile ha sequestrato una cooperativa di Vigonza a Padova. Il provvedimento, finalizzato alla confisca, è stato eseguito nell’ambito di un’inchiesta che vede coinvolto un 48enne padovano, già presidente della cooperativa, indagato per violazione di norme in materia di immigrazione, caporalato ed estorsione.

Secondo quanto accertato , la cooperativa, pur non partecipando alle gare di appalto per l’accoglienza di migranti, si serviva degli stranieri per lavori di assemblaggio ed etichettatura. Ad essere sfruttati 19 cittadini stranieri provenienti dal Mali, Burkina Faso, Senegal, Costa D’Avorio e Guinea, giunti irregolarmente in Italia nell’aprile 2023 e in attesa del rilascio del titolo di soggiorno. In qualità di richiedenti asilo e in attesa del permesso di soggiorno, i 19 erano stati assegnati ad una seconda cooperativa, che ha sede nello stesso capannone. Approfittando dello stato di bisogno del gruppo, il titolare della società aveva fatto sottoscrivere a tutti un patto formativo di lavoro volontario della durata di almeno tre mesi, altrimenti avrebbero perso l’ospitalità (vitto e alloggio) oltre a non vedere completate le pratiche di regolarizzazione.

Tutto è partito da una perquisizione personale e domiciliare disposta nei confronti di un uomo tunisino che era stato espulso dal territorio italiano l’11 giugno 2019 e rientrato illegalmente. La Squadra mobile aveva così scoperto che l’uomo era stato assunto dalla cooperativa di Vigonza anche senza un valido titolo di soggiorno. Requisita la documentazione relativa all’assunzione del tunisino, si è poi accertato come la stessa società rappresentata dal principale indagato, avesse alle sue dipendenze numerosi stranieri, di cui solo alcuni in possesso dei requisiti necessari per la permanenza sul territorio nazionale.

A seguito di due successive ispezioni disposte dalla Procura, operate insieme all’ispettorato del Lavoro di Padova, è emerso che la seconda cooperativa gestiva formalmente il Centro per l’accoglienza straordinaria e che 16 degli ospiti venivano impiegati irregolarmente dall’altra società indagata. Gli stranieri lavoravano senza paga, con orari fissi, mansioni determinate facendo sottoscrivere, nonostante non conoscessero la lingua italiana, accordi per un “patto formativo di inclusione sociale” a titolo di “volontariato”. Le vittime non si erano opposte per paura di perdere l’ospitalità e il pocket money garantito dalla Prefettura e gestito dal presidente della cooperativa. Le ispezioni hanno rilevato violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro. A tre cittadini del Mali, che avevano chiesto il trasferimento ad altro Cas, a seguito delle pressioni subite, era stato detto che lavorare era l’unica soluzione per rimanere in Italia e che ai dipendenti della cooperativa sarebbero stati garantiti appuntamenti più rapidi presso la Questura.

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