Kobe Bryant ha la sua statua
È stato uno dei migliori giocatori di sempre, la più letale guardia tiratrice dopo Michael Jordan. È attualmente ancora il quarto marcatore della storia (dopo LeBron James, Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone), primo realizzatore dei Los Angeles Lakers. Ha vinto cinque titoli in carriera: gli ultimi due da leader assoluto e primo violino dei Lakers (ma dire che nei primi tre era una semplice “spalla” di Shaquille O’Neal suona financo offensivo). Una serie infinita di record e traguardi individuali. Fece ingresso direttamente dal liceo (saltando il college come Kevin Garnett). Non era pronto, ma quando cambiava direzione tra le gambe si notava già l’enorme differenza di talento tra lui e alcuni buonissimi giocatori alla JR Rider (per intenderci…). Il talento spesso si evidenzia soprattutto nei piccoli gesti. La semplicità (ed efficacia) del suo uno-contro-uno è ormai nella leggenda. Pochi movimenti chiave come base, poi costruiva da lì. Sul perimetro, per esempio, partenza in palleggio verso destra, arresto e tiro. Stessa cosa a sinistra. In post, invece, giro sul perno a destra o a sinistra e tiro cadendo all’indietro. Poi, in base alla reazione del difensore, improvvisava e diventava creativo. Molto creativo. Andava fino in fondo, se il difensore era in ritardo sul primo passo. Fintava il giro sul perno, passo a incrocio e arcobaleno o sottomano, se si accorgeva che il difensore si sbilanciava troppo in avanti. Semplice, pulito, non dava speranza. Signore e Signori, Kobe Bryant. Sono passati quattro anni dall’incidente di Calabasas. Oggi, i Lakers hanno tolto il velo alla sua statua in bronzo, fuori dalla della Crypto.com Arena. Lo raffigura con il dito verso il cielo, per richiamare il momento in cui Bryant segnò 81 punti contro i Toronto Raptors nel 2006 (dopo i 100 punti di Wilt Chamberlain, si tratta del top di sempre). C’è da giurare che sarà una nuova meta di pellegrinaggio per i fan di tutto il mondo.

Pillole di mercato
Un mercato di certo non scoppiettante. Nessuna rivoluzione, nessuno stravolgimento. Ma alcune mosse da sottolineare sono in effetti emerse. Simone Fontecchio è stato mandato ai Detroit Pistons (nel frattempo Danilo Gallinari è stato tagliato). C’è poco da dire. Due sono le cose: o l’ex Utah sfrutta il contesto perdente (e il roster non certo da corsa) dei Pistons per mettersi in mostra, guadagnare minuti e provare a spiccare il volo, oppure rischia di impaludarsi (e intristirsi) in un’imbarcata senza fine di sconfitte e serate di squadra non certo esaltanti. Fontecchio ha le carte in regola per reagire, ha fisico, tecnica, e grinta. Certo, gli Utah Jazz avevano dato l’impressione di puntare un po’ più su di lui. Non era vero. Non male la mossa di Gordon Hayward agli Oklahoma City Thunder. Terzi a Ovest (ma davvero attaccati alla cima della classifica), i Thunder prendono un veterano che – senza problemi fisici – ha punti nelle mani, un tiro decente (anche dalla media), e sa giocare di sistema. Hayward che esce dalla panca può dare pericolosità offensiva alla second unit di OKC. PJ Washington a Dallas, invece, chissà. Al momento, trattasi di 3&D (tiro da tre e difesa) senza tiro (32% da tre) e con una difesa che se c’è, negli Charlotte Hornets non si è vista. E la difesa di Dallas non è certo un fortino al momento.

Occhio Donte DiVincenzo dei Knicks
Uno dei motivi della stagione per certi versi sorprendente dei New York Knicks (quarti a Est). Donte DiVincenzo è diventato un giocatore veramente solido, di quelli che se non ci sono, si sente. Point-guard dai fondamentali ben impostati, questa notte ne ha messi 36 (con 7 triple) nella sconfitta contro i Dallas Mavericks. Nelle ultime 4-5 gare, sembra aver preso le redini dell’attacco della squadra insieme a Jalen Brunson (e con l’assenza di Julius Randle). Di chiare origini italiane, DiVincenzo sta facendo faville da oltre l’arco, dove colpisce con un eccellente 42,2%. Tecnicamente, è un giocatore che può attaccare il canestro palla in mano, ma può anche tirare sia dal palleggio che sugli scarichi. Tratta bene la sfera, gioca in modo ordinato, e sembra non voler mollare mai. Da tenere d’occhio.

That’s all Folks!

Alla prossima settimana.

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