A metà gennaio un’aggressione in chiesa, sabato il rogo alla sua auto parcheggiata davanti all’oratorio. Vittima delle intimidazioni è don Giovanni Rigoli, giovane parroco di Varapodio, nella piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. L’ultimo episodio è avvenuto sabato quando la vettura del sacerdote (una Panda) è stata data alle fiamme ed è andata distrutta: il fuoco ha danneggiato una finestra e una porta d’ingresso. Le strutture della parrocchia, a causa del fumo, sono state evacuate. Sul caso indagano i carabinieri che sono partiti dall’analisi dei video delle telecamere di sorveglianza. Don Rigoli ha ricevuto la solidarietà e la vicinanza della Conferenza episcopale della Calabria: “La violenza, sotto ogni sua forma, è un linguaggio che rifiutiamo categoricamente – si legge in una nota dei vescovi – Essa non ispira mai i gesti e le parole di chi si professa credente nel Dio della pace e della mitezza, pertanto non può trovare spazio nella società civile, a meno che non si ricerchi lo smarrimento di ciò che rende umani”. La Cec esprime “la più ferma condanna per l’atto vandalico”. Un “gesto ignobile”, continua il comunicato, che è “un attacco diretto a tutti i cittadini della nostra preziosa regione, a tutti coloro che quotidianamente credono e lottano in modo onesto e rispettoso a favore della dignità altrui, contribuendo allo sviluppo di una Calabria che non può e non deve essere rappresentata da alcuni criminali accecati da una mentalità mafiosa: questo modo di agire e di pensare non appartiene all’etica e all’umanità dei calabresi!”.

Una ventina di giorni fa don Rigoli era stato picchiato da due persone all’uscita della messa: il prete era rimasto ferito in particolare alla testa ed era stato ricoverato. In quel caso erano stati denunciati due cugini, appartenenti a una famiglia già nota alle forze dell’ordine. Il motivo dell’aggressione era legato alle regole che il parroco aveva deciso a Natale, per via della risalita dei contagi del Covid. In sostanza il parroco aveva vietato che le condoglianze ai funerali avvenissero in chiesa. Quando si sono celebrate le esequie di una donna alcuni familiari e gli addetti dell’agenzia di onoranze funebri sono entrati in sacrestia per chiedere di poter svolgere le condoglianze in chiesa. Lui ha ribadito il divieto tanto che si è rifiutato apertamente di concelebrare il rito. I familiari della donna si sono scambiate le condoglianze in chiesa e lui è intervenuto. A quel punto è partita l’aggressione.

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