“La questione ambientale non è più rinviabile: se non si affrontano subito emergenza climatica, collasso della biodiversità e inquinamento dilagante, i diritti di bambini e ragazzi saranno a rischio, oggi e soprattutto domani e per questo, l’obiettivo di tutti gli Stati deve essere arrivare a emissioni zero entro il 2050”. Questo è il messaggio fondamentale contenuto nel Commento generale n. 26 del Comitato Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottato dal Comitato delle Nazioni Unite”. Carla Garlatti, magistrata, Garante per l’infanzia e l’adolescenza del nostro paese, lancia un grido di allarme sulla crisi climatica e sul suo impatto sui minori, citando proprio l’Onu. Insieme a Unicef e CIDU (Comitato Interministeriale Diritti Umani), ha tradotto e rilanciato il testo del Commento generale n. 26 per diffonderlo anche nel nostro paese (il testo è stato tradotto anche in una versione più semplice e chiara per bambini e ragazzi).

Perché, come Autorità garante, avete considerato urgente tradurre il Commento Onu su ambiente e minori e perché si tratta di un documento importante?

Questo lavoro del Comitato Onu è molto interessante perché rilegge tutti gli articoli della Convenzione ONU del 1989 in chiave ambientale. La Convenzione parla dell’ambiente, ma in maniera marginale, ad esempio nell’articolo 24, dove invita gli stati a prestare attenzione ai rischi dell’inquinamento, e nell’articolo 29, nel quale chiede agli stati di fornire ai ragazzi e alle ragazze un’educazione alle tematiche ambientali. Con questo Commento, invece, tutti gli articoli vengono riletti attraverso la chiave della sostenibilità.

Ad esempio?

Mi piace ricordare l’articolo 19, che sollecita gli stati a proteggere i minorenni da ogni forma di violenza. Nel Commento il degrado ambientale e le crisi climatiche vengono considerate una forma di violenza strutturale, perché portano insicurezza alimentare, povertà, disuguaglianza economica e sociale e quindi aggravano il rischio che le persone di minore età subiscano violenza, abusi e sfruttamento.

I bambini più poveri sono più vulnerabili?

Come dice esplicitamente il Commento 26, vengono colpiti in modo particolare i bambini che appartengono alle classi sociali più marginali, perché di fronte alle catastrofi, all’inquinamento e a ogni forma di degrado ambientale, chi ha più possibilità economiche ha una maggiore resilienza.

L’Italia è un hotspot climatico. Quanta consapevolezza c’è di questo aspetto e cosa possono fare le famiglie?

Ho potuto notare che da parte dei ragazzi c’è una sensibilità ai problemi ambientali che mi sembra non ci sia tanto negli adulti. Come Autorità abbiamo effettuato un’indagine tra i ragazzi dai 13 ai 17 anni, che si intitola “Il futuro che vorrei”, alla quale hanno risposto più di 6500 ragazzi. Un numero consistente di loro ha posto i problemi ambientali tra quelli più preoccupanti e più dell’80 per cento ha rilevato una mancanza di attenzione da parte degli organi decisori e delle amministrazioni. I ragazzi chiedono che venga fatto di più su questo, da parte di tutti i governi, di qualunque colore politico, perché purtroppo la scarsa attenzione degli organi decisori sulle problematiche ambientali è trasversale. Chiedono una visione intergenerazionale, che cioè quello che si fa adesso non sia tale da compromettere la possibilità per le generazioni future di fare le stesse cose. Siamo davvero di fronte a un tema in cui sono i giovani a educare le famiglie.

Come mai manca una valutazione dell’impatto del cambiamento climatico sui minori?

Questo è un tema che mi sta molto a cuore, perché è da quando ho assunto questo incarico che chiedo che tutte le decisioni, ossia tutti gli atti normativi e regolamentari che incidono sui minori, siano sottoposte a una valutazione di impatto, e poi a un monitoraggio, per vedere se la valutazione che è stata fatta a monte abbia lo stesso riscontro a valle, in modo da poter eventualmente aggiustare il tiro. Devo dare atto che nel disegno di legge del collegato alla legge di bilancio c’è una norma che chiede una valutazione di impatto intergenerazionale: se verrà trasformato in legge sarà un passo avanti. A tal proposito il Commento 26 chiede questa valutazione di impatto sui minori proprio con riferimento all’ambiente. È importante che alle valutazioni e al monitoraggio partecipino gli stessi minorenni. Le strategie del Consiglio d’Europa, così come le raccomandazioni della Commissione europea, sono fatte sempre in maniera partecipata. Anche per il Commento 26 il Comitato Onu che lo ha redatto ha coinvolto ben 16.331 ragazzi provenienti da 121 paesi. Se si fa a livello europeo e internazionale perché non possiamo farlo anche in Italia?

Purtroppo la voce dei minori non è molto ascoltata.

Sì, per questo il mio impegno da tre anni è far sentire la voce dei ragazzi, anche se è uno sforzo titanico. Mi rivolgo in questa mia azione a Parlamento, Governo e agli altri decisori su tutto il territorio nazionale.

Con l’inserimento della Costituzione nell’ambiente cambierà qualcosa o la modifica resterà lettera morta?

La Costituzione è stata modificata nel 2022, sia nell’articolo 9 che nel 41. E no: non deve restare lettera morta. Vedremo cosa verrà fatto. Il Commento 26 dà delle specifiche raccomandazioni: migliorare la qualità dell’aria, produrre alimenti in maniera sostenibile, investire in energie rinnovabili, tutto in una chiave intergenerazionale. Sono appunto raccomandazioni perfettamente in linea con la nostra Costituzione delle quali non si potrà non tenere conto.

Oltre all’ambiente, quali sono le maggiori emergenze relative ai minori di cui vi occupate?

Ce ne sono molte, una di queste è la povertà, perché il livello di minorenni in povertà assoluta è particolarmente elevato, quasi 1.300.000 secondo l’Istat. Povertà assoluta significa non avere un pasto adeguato al giorno, non avere la casa riscaldata, non potersi curare bene. Un’altra problematica che ci sta a cuore è quella del disagio dei ragazzi, che si ricollega anche al compimento di atti illeciti, se non proprio atti di criminalità, con un aumento di violenza e indifferenza verso le vittime. Noi come Autorità sosteniamo moltissimo la giustizia riparativa, che si affianca a quella tradizionale. L’applicazione della sanzione non deve essere l’unica strada, serve un processo educativo di accompagnamento al ragazzo perché capisca quello che ha fatto. Su questo stiamo avviando un programma di formazione che vorremmo rivolgere ad avvocati, forze dell’ordine, dirigenti scolastici e giornalisti.

Altre criticità?

Quella della dispersione scolastica, un fenomeno che deve essere assolutamente combattuto e messo ai margini. Serve un intervento dello stato che prenda in carico le famiglie a 360 gradi. E poi la scuola deve diventare attrattiva, spingere i ragazzi a restare, diventare un centro di aggregazione, magari anche con l’aiuto di sport e di eventi culturali.

Infine, c’è il tema dei minori stranieri non accompagnati.

È un tema del quale l’Autorità garante si occupa anche per legge, perché ha il monitoraggio della tutela volontaria. Io sto visitando alcuni centri di prima accoglienza, da questi incontri nascerà un nostro report con raccomandazioni. Poi c’è la questione della tutela volontaria dei minori non accompagnati: purtroppo abbiamo troppi pochi tutori ed è un peccato in un paese dove si fa moltissimo volontariato. Il tutore è una figura fondamentale per chi arriva nel nostro paese, senza sapere la lingua e con nostalgia della famiglia. È una forma di cittadinanza attiva che dà tanto aiuto e che permette anche di comprendere le differenze culturali, ai fini dell’inclusione di questi ragazzi. Per questo lancio un appello: diventate tutori volontari, non ci sono requisiti particolari, tranne uno: il cuore. Tutte le informazioni sono sul nostro sito.

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