LAFLIS (Living Archives & Floating Islands) è l’ultima creazione di Eugenio Barba, famoso regista teatrale italo-scandinavo di origini salentine. Ma non è uno spettacolo. Semmai, tecnicamente, sarebbe un’installazione. In realtà si tratta del centro di documentazione che la città di Lecce ha inaugurato agli inizi di ottobre grazie alle donazioni dello stesso Barba, riguardanti la sua biblioteca e il lavoro ormai quasi sessantennale fatto con gli attori dell’Odin Teatret, una delle più importanti e longeve compagnie del secondo Novecento (con sede a Holstebro, in Danimarca) e con l’ISTA, International School of Theatre Anthropology, fondata nel 1979.

Chi lo visiterà, potrà ripercorrere e rivivere spettacolo dopo spettacolo, viaggio dopo viaggio, libro dopo libro, un’avventura artistica e intellettuale che ha pochi eguali. Locandine, foto, accessori, strumenti musicali, costumi, maschere, tantissimi volumi ovviamente, souvenirs, lettere autografe e molto altro ancora, sorprendono il visitatore disposti secondo un fertile disordine eurasiano. Perché il teatro, come la vita, non è evoluzione lineare ma piuttosto una continua, rizomatica trasformazione.

L’auspicio è che la comunità pugliese e i suoi amministratori (con l’ausilio della Fondazione Barba-Varley) sappiano accogliere e mettere a frutto adeguatamente il dono del loro illustre conterraneo, facendone per davvero un archivio vivente, dove poter ancora incontrare le tante “isole galleggianti” che popolano i versanti meno conosciuti della scena contemporanea. Versanti ai quali lo stesso Barba, molti anni fa, dette il nome di “terzo teatro”, per distinguerlo tanto dal teatro tradizionale-ufficiale quanto da quello d’avanguardia. Nonostante la critica ne abbia decretato più volte la scomparsa, il teatro di gruppo, al quale il regista salentino si riferiva nel “manifesto” del 1976, continua a dimostrare un’indubbia vitalità e ad attrarre anche le nuove generazioni. Oltre al LAFLIS, al “terzo teatro” è dedicato anche l’ultimo libro di Barba.

Fra i grandi registi teatrali contemporanei Barba, appartenente alla generazione dei Brook, Grotowski, Mnouchkine, Beck e Malina, Ronconi, Bene, si è rivelato nel tempo il saggista e teorico più prolifico e originale. Alcuni dei suoi numerosi libri rappresentano ormai dei classici. Da Aldilà delle isole galleggianti (1985) a La canoa di carta (1993), da La terra di cenere e diamanti (1998) a La conquista della differenza (2010). Per non parlare del primo, introvabile ormai da molti anni, Alla ricerca del teatro perduto (1965), che fece scoprire in Italia un Grotowski ancora sconosciuto.

Nel volume uscito da poco Le mie vite nel terzo teatro. Differenza, mestiere, rivolta, a cura di Lluís Masgrau (Edizioni di Pagina, 2023) egli riunisce la sua vasta produzione saggistica, distribuita in un arco di mezzo secolo.

I temi fondamentali della ricerca teatrale contemporanea vengono qui affrontati con la capacità rara dell’autore di coniugare uno sguardo personalissimo, nutrito delle vaste e spesso anomale esperienze fatte sul campo in tutto il mondo (Asia compresa), con l’Odin Teatret e con l’ISTA, ad un incessante sforzo di approfondimento teorico, che cerca sempre di avanzare ipotesi e domande di più generale utilità sulle ragioni e le modalità di un agire teatrale non pago di rifornire semplicemente il sistema del consumo di spettacoli ma capace di dare voce a bisogni, inquietudini, insoddisfazioni, necessità di rivolta. Il tutto è sostenuto da una scrittura avvincente, dall’andamento spesso narrativo, fitta di persone, luoghi, aneddoti, citazioni letterarie, immagini, dialoghi. Una sorta di Milione teatrale.

Nel 2024 l’Odin Teatret compirà sessant’anni (è stato fondato a Oslo il I ottobre 1964). Si annunciano festeggiamenti in tutto il mondo. In Italia, in particolare, sono previste due importanti iniziative a Roma, in maggio, e a Lecce, in novembre. Avremo modo di riparlarne.

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