Cos’ha insegnato la Resistenza? Il gusto della libertà”. In un’intervista al Fattoquotidiano.it rispose così nel suo ultimo 25 aprile. Si è spento a 105 anni Bruno Segre, avvocato, giornalista, intellettuale di sinistra impegnato in tante battaglie civile (dall’obiezione di coscienza al divorzio) e soprattutto simbolo della Resistenza, per la sua esperienza da partigiano e per la sua vita di testimonianza per l’antifascismo e la laicità. L’annuncio della scomparsa è stato dato dai figli con un comunicato agli amici. Segre sarà cremato, come da sue volontà.

Segre era nato a Torino il 4 settembre 1918 – il padre era Dario Segre, assicuratore antifascista, e la madre Ottavia Vincenza Avondo, sarta. Una famiglia che aveva la Storia nel suo albero genealogico: il 20 settembre 1870 il capitano Giacomo Segre, fratello del nonno Emanuele, aveva aperto con la sua artiglieria la breccia di Porta Pia, l’inizio della unificazione di Roma al Regno d’Italia.

Bruno Segre si era laureato in legge il 15 giugno 1940, ma a causa delle leggi razziali (essendo figlio di genitore ebreo) non può esercitare la professione di avvocato e si mantiene dando lezioni private, compilando tesi di laurea e scrivendo articoli per periodici firmandosi con lo pseudonimo Sicor. Nel 1942 viene arrestato per disfattismo politico ed è detenuto per alcuni mesi nel carcere torinese Le Nuove. Nel settembre del 1944 viene nuovamente arrestato e condotto alla caserma torinese di via Asti, sede dell’Ufficio politico investigativo della Guardia nazionale repubblicana. “In via Asti – disse tempo fa in un’intervista a Repubblica in occasione dei suoi cent’anni – ho capito che non bisogna mai arrendersi interiormente. Mi dava forza lo sguardo fiero di Aurelio Peccei, un antifascista che passeggiava in terrazzo a torso nudo: trasmetteva tranquillità al contrario delle facce inquiete dei repubblichini appesantiti dal carico di mitra e delle bombe a mano.Lasciato libero, Segre si arruola con il nome di battaglia “Elio” nelle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà nella Val Grana e partecipa alla liberazione di Caraglio, nel Cuneese.

Dopo la Liberazione Segre lavora come cronista per L’opinione e per altre testate giornalistiche. Inizia a esercitare la professione di avvocato e si distingue nella battaglia legale per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza. Nel 1949 Segre difese il primo obiettore di coscienza in Italia, Pietro Pinna, davanti al Tribunale militare di Torino, chiamando a testimoniare Umberto Calosso e Aldo Capitini. Fino al 1972, anno in cui l’obiezione di coscienza fu riconosciuta dalla legge, Segre difese numerosi giovani obiettori imputati nei tribunali militari di tutta Italia. Segretario dell’Associazione torinese contro l’intolleranza e il razzismo, nel 1949 fonda L’Incontro, giornale impegnato nel campo della difesa dei diritti civili, contro il razzismo e l’antisemitismo, per il disarmo e la pace nel mondo, che ha diretto fino al 2018. In quegli stessi anni aderisce al Partito socialista unitario, in seguito all’Unione socialista indipendente e infine al Partito socialista italiano che abbandonò all’epoca di Bettino Craxi. Dal 1958 al 1968 è consigliere degli Ospedali Psichiatrici di Torino, Collegno, Grugliasco, poi consigliere dell’Ordine regionale Piemonte-Valle d’Aosta dei giornalisti e consigliere nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana.

Segre ha sempre manifestato sempre una forte spinta all’impegno nell’associazionismo laico seguendo tra le altre l’Associazione Nazionale Libero Pensiero “Giordano Bruno“, della quale è stato prima vice presidente e poi presidente dal 1996 al 2008. Si è impegnato inoltre come giornalista, militante e avvocato nella battaglia sul divorzio a fianco del parlamentare socialista Loris Fortuna: condotta nelle strade, nei teatri, nei dibattiti sui giornali, con iniziative talora clamorose, come ad esempio quella organizzata assieme alla Lega Italiana Divorzio durante la quale avvenne il lancio di volantini dai palchi del Teatro Carignano di Torino durante un comizio antidivorzista presieduto dal democristiano Giuseppe Grosso. Dal 1975 al 1980 è stato consigliere comunale di Torino per il Psi e dal 1980 al 1990 è stato sindaco effettivo dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino e consigliere di varie società partecipate dall’Istituto.

Segre non ha mai smesso di dire la sua sull’attualità e in particolare nel legame tra il presente e le radici della democrazia e della libertà dell’Italia. “Abbiamo rischiato di avere a Roma una strada intestata a Giorgio Almirante – aveva detto ancora a Repubblica – Ma sanno chi era? Segretario di redazione de La difesa della razza. Incarichi di primo piano nella Repubblica Sociale. Un suo seguace mi confessò che l’acronimo Msi stava per “Mussolini sei immortale“… In Italia c’è stata una rimozione del ventennio, ma la colpa è di Togliatti. La sua amnistia permise a seviziatori di fingersi democratici, perfino compagni. Un’infamia”. Per questo motivo se la prese anche con il presidente del Senato Ignazio La Russa, nell’ultima intervista video al fatto.it: “Il presidente del Senato si vanta di avere il busto di Mussolini in casa e deforma la storia: è un analfabeta della democrazia“. Un intellettuale, che aveva dovuto imbracciare le armi per consegnare il Paese alla libertà, che dal Dopoguerra non ha mai abbandonato le parole d’ordine anti-militariste. Proprio 4 mesi fa a questo giornale si preoccupava del fatto che il governo Meloni avesse “la volontà di privilegiare le spese militari agli investimenti sociali. L’Italia è ancora arretrata nella sanità e nella scuola perché da un lato continuano a mancare medici e infermieri e dall’altro ci sono ampie fasce di giovani che lasciano la scuola presto”.

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