Una corsa contro il tempo, ma pure contro la Costituzione. È quella che sta andando in onda in queste ore in Sicilia. Dove ciclicamente c’è sempre qualche emergenza in grado di minacciare il futuro dell’isola. O molto più banalmente quello dei suoi governanti. A turbare i sonni dei politici siciliani, questa volta, sembra essere il destino di quattro consiglieri regionali, che come è noto sull’isola si chiamano deputati e quindi vanno appellati come “onorevoli“. Un titolo al quale si rinuncia sempre con molta fatica. Sarà per questo motivo se, negli ultimi giorni, l’urgenza dell’Assemblea regionale siciliana sembra essere diventata una e una sola: approvare prima possibile la norma per salvare i destini di quei quattro deputati, che rischiano di perdere il posto perché potrebbero presto essere dichiarati ineleggibili dai giudici.

Il colpo di spugna – Caso vuole, però, che tre dei quattro consiglieri a rischio siano esponenti di Fratelli d’Italia: ecco quindi che il principale partito del Paese si è attivato per fare approvare una legge in grado di cambiare i requisiti dell eleggibilità, addirittura in maniera retroattiva. Un vero e proprio colpo di spugna, già considerato incostituzionale dagli uffici legislativi dell’Ars, ma per il quale si sarebbero mossi persino i vertici nazionali del partito di Giorgia Meloni: con la decadenza degli ineleggibili, infatti, Fdi rischierebbe di non essere più il gruppo più numeroso a Palazzo dei Normanni. Ecco perché la norma salva ineleggibili ha tra i suoi molteplici effetti anche quello di spaccare la maggioranza di Renato Schifani. Che su questo tema, per il momento, tace. Ma andiamo con ordine.

Gli incompatibili – L’ultimo a rischiare di perdere il posto è Giuseppe Sebastiano Catania, sindaco di Mussomeli, in provincia di Caltanissetta. Nel settembre del 2022, cioè quando fu eletto all’Ars, era vicepresidente del Gal Terre del Nisseno, una società composta da soggetti pubblici e privati che riceve contributi regionali, e presidente della Società per la regolamentazione del Servizio Rifiuti (Ssr) di Caltanissetta. La legge – che risale addirittura al 1951 – è chiara: chi ricopre incarichi in enti e società sui quali la Regione esercita un controllo non può essere eletto. Ecco perché solo tre giorni fa, il 24 gennaio, la prima sezione civile del tribunale di Palermo ha dichiarato ineleggibile Catania. Il deputato di Fdi ha fatto ricorso in Appello e dunque al momento la sua decadenza dall’Assemblea regionale è congelata fino alla sentenza di secondo grado. Nella sua stessa situazione c’è un altro meloniano col suo stesso cognome: si chiama Nicola Catania, è stato eletto a Trapani, dove era presidente della Società servizio rifiuti di quella provincia. Anche questo Catania ha fatto ricorso contro una sentenza che in primo grado lo aveva considerato ineleggibile: sul suo caso la corte d’Appello si esprimerà il 22 marzo. È in attesa della sentenza di secondo grado pure Davide Vasta, deputato eletto da Sud chiama Nord, il partito di Cateno De Luca: faceva parte della cooperativa Cot, vigilata dalla Regione. Stessa situazione per Dario Daidone, uno dei big di Fratelli d’Italia al Parlamento siciliano, che al momento dell’elezione faceva parte del cda dell’Irfis, l’Istituto regionale per il finanziamento alle industrie: nel suo caso la sentenza d’Appello potrebbe arrivare addirittura a giorni. All’Ars Daidone è il presidente della commissione Bilancio, che già nel novembre scorso tentò il blitz, approvando un emendamento alla manovra correttiva per dare una “interpretazione autentica” alla legge regionale 29/1951: in pratica modificava proprio la norma che impedisce ai candidati di essere eletti all’Ars nel caso in cui ricoprano incarichi in enti e società sui quali la Regione esercita un controllo. A causa delle roventi polemiche, però, quell’emendamento era stato stralciato direttamente da Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars e uomo forte di Fdi sull’isola.

Il blitz – Come avviene in natura, però, anche all’Ars nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Se a novembre per salvare gli ineleggibili si era tentato con un emendamento alla manovra, due mesi dopo ecco che il colpo di spugna ricompare come norma autonoma. Il 24 gennaio, lo stesso giorno in cui il tribunale dichiarava ineleggibile Giuseppe Catania, la commissione Affari istituzionali approvava la legge per salvare il deputato di Mussomeli (e tutti gli altri nella sua stessa situazione). La commissione, presieduta dal cuffariano Ignazio Abbate, è composta da 13 deputati, erano presenti in 8, ma il via libera è passato con soli tre voti a favore: i due di Fdi e uno del Movimento per l’Autonomia. Si sono astenuti gli esponenti di Forza Italia e della Dc di Totò Cuffaro, mentre erano assenti i leghisti e quelli del Pd. Contrari i 5 stelle Angelo Cambiano e Nuccio Di Paola, che però con la loro presenza hanno fatto scattare il numero legale di sette deputati. “Abbiamo votato contro una norma vergognosa, – dice Di Paola – perché da mesi siamo ostaggio di una maggioranza, spaccata e divisa, e siamo straconvinti di rifarlo nel caso in cui ci sarà una nuova votazione in aula”.

Alchimie politiche – La votazione in aula dovrebbe arrivare presto, anzi prestissimo. Galvagno, infatti, ha calendarizzato la discussione del ddl già per martedì 30 gennaio, subito dopo l’importante voto sulla riforma delle province: un altro elemento che testimonia come tutte le energie di Fdi siano concentrate sul salvataggio degli ineleggibili. Anche ad alto livello, visto che la questione è attenzionata personalmente da via della Scrofa. Per capirne il motivo basta andare a vedere chi sono i primi dei non eletti che subentrerebbero agli incompatibili: nel caso di Daidone il seggio passerebbe a Carmelo Nicotra, pure lui meloniano che però, secondo i rumors, avrebbe già raggiunto un accordo per passare con la Lega del potentissimo vicepresidente Luca Sammartino. Le stesse voci girano su Giuseppe Bica, l’altro candidato di Fdi che subentrerebbe a Nicola Catania. Insomma senza la norma salva ineleggibili Fdi rischia di perdere due dei suoi 13 deputati, finendo dietro a Forza Italia (che ne ha 12) e facendo guadagnare due seggi alla Lega (al momento ferma a 6). Ecco perché sia i berlusconiani che i salviniani sono parecchio “freddi” su questa norma. E infatti in commissione Forza Italia si è astenuta, mentre la Lega non si è manco presentata.

Il parere: “Legge incostituzionale” – Sullo sfondo delle immancabili alchimie politiche siciliane resta poi una questione: la norma salva ineleggibili viola la Costituzione. A sostenerlo è stato l’ufficio legislativo dell’Ars, nella relazione inviata alla prima commissione. Per i tecnici le numerose sentenze della Corte costituzionale in tema elettorale “inducono a ritenere costituzionalmente possibile un’eventuale modifica della disciplina della causa di ineleggibilità e incompatibilità dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana”. Tutto bene dunque? No, perché questo tipo di modifica si può fare “esclusivamente con una disciplina di carattere generale e con effetto pro futuro”. Invece la modifica introdotta per salvare gli ineleggibili in Sicilia avrebbe valore pure per il passato. “Non può che tradursi in una nuova disciplina della materia, in astratto legittima se avesse solo effetti ‘pro futuro’ e non fosse invece retroattiva, in contrasto con principi espressi dalla Corte costituzionale”, annotano i tecnici. Tra l’altro, prosegue l’ufficio legislativo, una norma del genere dovrebbe essere soggetta “alla procedura rinforzata (art. 17 bis statuto), che prevede la sottoposizione a referendum entro tre mesi”. Approvarla così, invece, “si traduce in un vizio procedurale della legge, vizio sindacabile dal giudice delle leggi, a seguito di una questione di legittimità costituzionale, sollevata in via principale dallo Stato”. Insomma: non solo i politici siciliani stanno per varare un colpo di spugna per salvare gli eletti incompatibili. Ma lo stanno facendo con una legge incostituzionale. Tutto pur di risolvere l’ultima pericolosissima emergenza che affligge il futuro dell’isola.

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Nella foto: il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e la facciata di Palazzo dei Normanni

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