Prossima udienza il 13 febbraio: si dovrà ancora attendere per sapere se Rocco Leone, il funzionario del Programma Alimentare Mondiale imputato nel procedimento per l’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo, potrà godere o meno dell’immunità funzionale ed evitare il processo.

Quella che si è appena conclusa a piazzale Clodio era la quinta udienza preliminare del procedimento che vede Leone accusato di omesse cautele, falso e omicidio colposo. La posizione dell’altro funzionario Mansour Rwagaza, inizialmente coimputato, era già stata stralciata perché ritenuto irreperibile. Dall’udienza si attendeva un pronunciamento in merito all’immunità funzionale dell’imputato: secondo il Pam, infatti, Leone non sarebbe processabile perché protetto da immunità; secondo la procura, invece, tali condizioni non sussisterebbero.

Per dirimere la questione, la gup Marisa Mosetti aveva dunque convocato la Farnesina che ha inviato il ministro plenipotenziario Stefano Zanini, dal 2019 a capo del servizio per gli Affari Giuridici, il contenzioso diplomatico e i trattati del Ministero, accompagnato da Valentina Savastano, attualmente capo Ufficio II del Cerimoniale diplomatico della Repubblica e che risulta aver ricoperto nel recente passato incarichi nella Rappresentanza Permanente dell’Italia presso la Fao (sotto il cui ombrello opera anche il Pam) e di essere stata per due anni Vice Chair del Committee on World Food Security (CFS), un altro organismo legato alla Fao.

I due funzionari incaricati dalla Farnesina hanno presentato una memoria in merito alle normative e alla prassi che regolano i rapporti dello Stato con le agenzie Onu (ricordiamo che il comparto “food” delle Nazioni Unite – Fao, WFP e Ifad – ha sede a Roma) e risposto alle domande del giudice. La questione può sembrare tecnica ma sarà dirimente: in base ai Trattati, ogni anno le agenzie Onu devono depositare l’elenco aggiornato dei propri funzionari in attività che dunque sono coperti da immunità. Una norma che però non viene rispettata poiché “per consuetudine”, si legge, si ritiene che i funzionari in servizio godano ipso facto dell’immunità, per cui gli elenchi non sono aggiornati e il nome di Rocco Leone non vi compare: la prassi internazionale farebbe prevalere l’immunità, secondo loro.

I due funzionari hanno rimarcato la sussistenza dell’immunità richiamando gli accordi di programma fra la Repubblica Democratica del Congo e l’Italia che “dovrebbe riconoscere immunità per via dell’accordo di programma fra Onu e Rd Congo”. La Farnesina ha spiegato che la comunicazione dei nominativi avviene con nota verbale e ha aggiunto che queste comunicazioni “hanno natura dichiarativa e non costitutiva dell’immunità funzionale”.

Va sottolineato che per la prima volta dal 21 febbraio 2021 la Farnesina ha preso posizione ufficialmente: fino a oggi si era limitata a giustificare la mancata costituzione di parte civile con gli “interessi nazionali“, mentre oggi, con i suoi funzionari, ha espresso chiaramente il suo parere positivo sulla richiesta di immunità da parte degli imputati e del Pam. Secondo Zanini, l’Onu ha contestato ufficialmente al governo italiano il fatto che sia stata messa in dubbio l’immunità dei due funzionari e ha segnalato che in caso di persistenza del processo penale si andrebbe incontro a una controversia da sollevare davanti alla Corte Internazionale di Giustizia. Rispondendo a una domanda del giudice, il funzionario ha aggiunto che secondo il Ministero “un parere sfavorevole all’Italia della Corte Internazionale di Giustizia avrebbe un impatto significativo in termini di credibilità internazionale del nostro Paese e sulla nostra politica estera”. Secondo il Maeci, in sintesi, la prassi vorrebbe che l’immunità sia considerata valida anche in mancanza di elenchi aggiornati. Un approccio che la Procura contesta. La Gup ha rinviato le conclusioni a febbraio, decidendo per ora di acquisire solo parzialmente la documentazione prodotta dai due funzionari della Farnesina, nella parte documentale e non in quella di valutazione.

Nonostante le dichiarazioni altisonanti che ancora lo scorso dicembre la premier Giorgia Meloni aveva riservato alla memoria di Luca Attanasio durante la Conferenza degli ambasciatori, ricordando “l’estremo sacrificio” del diplomatico “ucciso nel compimento dei suoi doveri insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci”, il governo italiano non solo non si è costituito parte civile nel procedimento per l’omicidio dei suoi “servitori”, ma di fatto punta a privilegiare i rapporti diplomatici con l’Onu a scapito della ricerca di verità.

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