Dal regno mafioso di Rosarno alla Curva nord del tifo interista di Milano accanto ai nuovi capi del direttivo. Negli anni, la sua famiglia si è infiltrata in modo silenzioso, un pezzo di ‘ndrangheta nell’economia legale all’ombra del Duomo. Fino a prendersi un colosso dei call-center come la Blue Call. Società conquistata con metodi mafiosi, spolpata e gettata. Con buona pace degli imprenditori lombardi. A far da regista all’epoca suo cugino Umberto Bellocco, figlio di Giuseppe. Lui, Antonio Bellocco detto Totò, è invece figlio di Giulio. Entrambi i padri sono fratelli del capobastone Umberto. Insomma nobiltà mafiosa ai massimi livelli. Che ritroviamo oggi accanto ai nuovi re e viceré della Curva Nord dell’Inter come Marco Ferdico, sugli spalti e fuori. E sì perché se l’indagine della Digos, già raccontata dal Fatto, fotografava gli equilibri durante il governo di Vittorio Boiocchi poi ucciso il 29 ottobre 2022 davanti a casa sua, oggi l’ingresso nella stanza dei bottoni della Nord di Antonio Bellocco, classe 1988, questi equilibri li ridefinisce e non poco.

Il giovane Totò che, come vedremo, si porta dietro una condanna definitiva per mafia, è arrivato a Milano da circa un anno, scegliendo come residenza il comune di Pioltello, da sempre roccaforte di famiglie mafiose come i Manno e i Maiolo, ma anche ritrovo storico di membri di rilievo della Curva Nord. Del resto suo padre Giulio Bellocco si trovava ristretto al 41 bis a Opera. Il passato è d’obbligo perché il 72enne è morto in carcere tre giorni dopo l’ultima Epifania. Stava scontando 13 anni per associazione mafiosa rispetto all’indagine Tramonto della Procura di Reggio Calabria. Con la moglie Aurora Spanò e gli stessi figli, compreso Antonio, secondo diverse sentenze, rappresentava la cosca Bellocco nel comune di San Ferdinando non distante dal principato di Rosarno. Della cosca dà una chiara descrizione il pentito Filippo Barreca: “La potenza dei Bellocco è indiscutibile, sia per il loro apparato militare e la ferocia degli appartenenti alla famiglia che per i loro collegamenti con il potere occulto, mi riferisco alla massoneria”. Dei Bellocco di San Ferdinando parlerà anche la collaboratrice Maria Concetta Cacciola, poi costretta al suicidio da quel mondo mafioso dal quale la donna si era allontanata.

Insomma, il giovane Bellocco sotto gli anelli dello stadio Giuseppe Meazza porta questo credito mafioso che certo non è passato inosservato ai vari padrini lombardi e a quelli che dagli affari dello stadio ricavano migliaia di euro e che si stanno preparando a spartirsi la torta del dopo Meazza. Come Bellocco sia arrivato oggi ai vertici della Curva Nord resta un punto di domanda. Sui social emerge l’amicizia con Marco Ferdico (entrambi ad oggi non risultano indagati in inchieste della procura di Milano), figura di rilievo del nuovo direttivo nerazzurro dopo la morte di Boiocchi giunta alla ribalta mediatica lo scorso maggio quando su Instagram fece da parafulmine al calciatore dell’Inter Federico Dimarco, minacciato con uno striscione sotto casa dalla Curva Sud rossonera in seguito ad alcuni cori irriverenti cantati dal campo dopo aver vinto il derby europeo e staccato il biglietto per la finale di Champions. Da quel momento in poi Ferdico, con un precedente per droga e con un parente che lavora all’interno dell’Inter, è diventato il frontman della curva, sia sugli spalti sia fuori sia nei rapporti con gli stessi calciatori i quali, non di rado, durante le partite in trasferta lanciano agli ultras le loro magliette che valgono, va da sé, centinaia di euro e che la curva mette come premi in lotterie autogestite. Gli stessi giocatori che lo scorso venerdì negli Emirati, prima della semifinale di Supercoppa, hanno intercesso con la sicurezza per far esibire lo striscione della curva.

Meno appariscente di Ferdico, invece, è la figura di Andrea Beretta, vero capo militare della Nord e secondo la Procura già braccio destro di Boiocchi. Ora, come detto, negli ultimi mesi sui social Ferdico non perde occasione di postare sue foto assieme al giovane erede della cosca Bellocco. Con lui al battesimo della figlia (di Ferdico), con lui sul fiume, con lui fuori dal baretto di San Siro oppure in compagnia dello stesso Beretta e di un altro capo curva con qualche oscuro legame. Così come lo stesso Antonio Bellocco posta stories con Ferdico. Insomma pare un’amicizia di ferro al momento senza alcun rilievo penale. Quelli che invece stanno sulle spalle del giovane calabrese nato a Taurianova. E cioè una condanna definitiva a 9 anni per associazione mafiosa e altri reati, alcuni aggravati. L’indagine è denominata Vento del Nord e in parte racconta anche la vicenda Blue Call. Arrestato da incensurato, Bellocco jr sceglie come molti il rito abbreviato. La sentenza arriva nel maggio 2014. Con cumulo calcolato in 21 anni, poi ridotti 14 per via del rito. Nel capo d’imputazione si legge che il nipote del capobastone “forniva un costante contributo per la vita dell’associazione in occasione dei colloqui con la madre Aurora Spanò, la aggiorna sugli avvenimenti più recenti relativi a dinamiche d’interesse del sodalizio, le comunicava messaggi e informazioni degli altri affiliati (…) e inoltre forniva un contributo rilevante nella consumazione di alcuni reati fine e, più in generale, si metteva a completa disposizione degli interessi della cosca”.

Si renderà poi colpevole di favoreggiamento della latitanza del cugino Francesco, fingendosi lui con un documento falso e riconoscendo all’anagrafe il figlio del parente. Così evitandogli di lasciare il suo bunker. Reato inizialmente aggravato dal aver agito per la cosca, poi caduto in Appello. In secondo grado, il 19 febbraio 2017 la condanna sarà rimodulata in 15 anni poi ridotti a 10 per il rito abbreviato. Per diventare definitiva nel 2019 con un ulteriore sconto fino a 9 anni in Cassazione. Ora lo ritroviamo a Milano ufficialmente al fianco dei nuovi capi del direttivo della Curva Nord dell’Inter. E con poteri decisionali, come quando poco meno di un anno fa appoggiò la storica decisione di escludere dalla Nord il gruppo degli Irriducibili, concedendo loro solo un piccolo spazio al secondo anello blu. In questo modo passando sopra ai vertici storici dello stesso gruppo come Domenico Bosa, detto Mimmo Hammer, condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso visto i suoi legami con il clan Pompeo di Bruzzano. Bosa è ritenuto uno dei capi del movimento di estrema destra Hammer Skin, volto violento del movimento Lealtà Azione. Di Lealtà Azione è anche membro Giacomo Pedrazzoli detto Pedra, altro vertice degli Irriducibili e interno, durante la gestione Boiocchi, del ristretto “gruppo degli otto”. Entrambi cacciati dopo l’arrivo del giovane principe della cosca Bellocco. Tutto avviene oggi, a oltre un anno dalla morte ancora misteriosa dello Zio, come veniva chiamato Vittorio Boiocchi.

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