I soldi fanno tutto nel calcio. Servono come il pane a federazioni e leghe di calcio in Europa, penso anche a quella spagnola, oltre che naturalmente a quella italiana, che sono in crisi finanziaria. Ci sono contratti milionari per calciatori e allenatori, e questo è proprio sportwashing, cioè investire una montagna di soldi per far dimenticare quello che il mondo non deve sapere. E il fatto che lo sport ci caschi fino in fondo è desolante“. Così, ai microfoni di 24 Mattino, su Radio24, il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury ribadisce le sue posizioni sulla Supercoppa italiana, che oggi esordirà con la partita Napoli-Fiorentina, a Ryiad, in Arabia Saudita, un paese dove i diritti umani sono notoriamente calpestati.

“Ho visto con raccapriccio – continua Noury – la card diffusa sui social dal Barcellona che avverte i tifosi che in Arabia Saudita l’omosessualità è punita con la pena di morte, come a dire: andiamo a giocare, fate il tifo ma non vi abbracciate tra maschi. La verità è che sportwashing ormai è uno strumento di politica estera delle monarchie del Golfo, dell’Arabia Saudita, del Qatar, degli Emirati Arabi. L’Arabia Saudita ha i soldi per organizzare eventi sportivi e non solo, come l’Expo2030, hai soldi per creare idrocarburi che hanno un mercato molto ampio, e così colleziona eventi come se fossero figurine da attaccare su un album. E il mondo dello sport ci sta”.

E aggiunge: “Questo serve all’uomo forte Bin Salman per far dimenticare la situazione terrificante nel suo paese, che ha una media di 140 impiccagioni all’anno, Bin Salman è colui che ha fatto la guerra contro lo Yemen degli Houthi, è il sospetto mandante e insabbiatore dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, trucidato in Turchia. E si va a giocare lì, nonostante tutto questo”.

L’attivista smonta la tesi secondo cui aprirsi al mondo porta poi questi paesi ad aprirsi progressivamente anche al rispetto dei diritti umani: “Tecnicamente è vero, questo è il motivo per cui non si dovrebbero boicottare a priori questi eventi. Tuttavia, abbiamo una storia di esempi al contrario. Al primo mondiale di calcio in un paese arabo, si disse che sarebbe migliorata la situazione e invece abbiamo poi visto che i mondiali del Qatar 2022 sono stati fatti col sangue e col sudore di 6.500 migranti morti – prosegue – La Supercoppa italiana si gioca in Arabia Saudita dal 2018 e nel frattempo c’è stato l’omicidio di Kashoggi, ci sono 140 impiccagioni all’anno, c’è stata la guerra contro lo Yemen. È cambiato qualcosa da una Supercoppa all’altra? No. Cambierà qualcosa con le prossime Supercoppe? No, perché ci stiamo abituando al fatto che tutto sommato fare eventi sportivi in paesi dal pessimo curriculum nel campo dei diritti umani è una cosa accettabile“.

Stessa realtà devastante per i diritti delle donne: “Si dice che siano migliorati i diritti femminili, ma questo è veramente l’esempio di come si faccia marketing da parte delle autorità saudite. Negli anni scorsi è stata abolita la prassi per cui le donne non potevano guidare da sole. Ma questa non è stata un’elargizione di Bin Salman. È stato il frutto di campagne di attiviste dei diritti umani che sono finite in galera più volte per aver sfidato quel divieto. Tuttora – conclude – ci sono molte donne in carcere, come Salma al-Shehab condannata a 34 anni di carcere per un tweet a sostegno delle attiviste per i diritti delle donne, a seguito dei quali è stata addirittura accusata di terrorismo. Io questo progresso non lo vedo. È solo fumo negli occhi, una verniciata di bianco su una parete che è sporca di sangue“.

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