A distanza di ben sei mesi dalla firma dell’ipotesi contrattuale, oggi è arrivata la sottoscrizione definitiva del contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto istruzione e ricerca 2019/2021. All’Aran, tutte le organizzazioni sindacali, a parte la Uil, hanno apposto la loro sigla a un rinnovo che giunge in porto quando già si è entrati nel terzo anno di vigenza del triennio successivo. “Ora – spiega la segretaria nazionale della Cgil e Flc, Gianna Fracassi – invieremo subito la disdetta del Ccnl appena sottoscritto al fine di avviare le trattative per il rinnovo del triennio contrattuale 2022-24 già prossimo alla scadenza”.

Una rincorsa sulla quale hanno pesato l’emergenza pandemica, le incertezze del quadro politico, che ha visto avvicendarsi nel corso del negoziato ben quattro governi. Proprio per ovviare al protrarsi oltre misura dei tempi, la firma del contratto, con una procedura inedita, è avvenuta in due fasi, con la sottoscrizione di una prima intesa, nel novembre del 2022 (firmata ai tempi anche dalla Uil), che ha permesso l’erogazione di una quota molto consistente dei benefici economici (circa il 95%), rinviando la definizione dell’accordo sulla parte normativa e il completamento degli aspetti retributivi.

Un “pasticcio” burocratico che porta, comunque, qualche novità nel mondo della scuola a partire da domani. La prima: “Lo stanziamento aggiuntivo di 300 milioni di euro consente di riconoscere al personale della scuola dei significativi incrementi retributivi mensili: 124 euro per il personale docente, 96 euro per il personale ATA e 190 euro per i direttori dei servizi generali e amministrativi”, spiega il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.

Per essere chiari – come ci spiega la Uil – il personale ha già percepito il 95% di questi soldi da dicembre 2022 ad oggi ed ora riceverà l’ulteriore 5% che mancava corrispondente mediamente a 13 euro circa in più per maestri e professori e 7 euro circa d’incremento per gli Ata. Cifre che non soddisfano la Flc Cgil: “La nostra priorità assoluta è l’incremento degli stipendi in rapporto all’inflazione al fine di tutelare pienamente il potere d’acquisto delle retribuzioni. Per queste ragioni il governo dovrà fare la sua parte, incrementando le risorse previste dalla legge di Bilancio 2024, rispondendo così alla condizione salariale dei lavoratori della conoscenza”.

Ma oltre all’aspetto economico sono altri i punti sui quali puntare l’attenzione che cambieranno la vita ai docenti e non solo: i tre giorni di permesso retribuito anche per i precari; sulla mobilità, per i docenti e i Dsga neo assunti ci saranno delle deroghe per caregiver e genitorialità; la formazione ora sarà ricompresa nel monte ore annuale (40 +40 ore); la possibilità di effettuare riunioni a distanza se non deliberative, comprese le ore di programmazione della primaria; un nuovo ordinamento dei profili professionali che consentirà di valorizzare il personale Ata e le figure apicali dei direttori dei servizi generali e amministrativi attraverso una nuova area di funzionari ai quali sarà possibile attribuire un incarico triennale di “elevata qualificazione professionale”.

Ad esprimere soddisfazione è Ivana Barbacci, segretaria nazionale Cisl Scuola: “Sulla parte normativa, al tavolo negoziale per il nuovo contratto ora punteremo a sviluppare ulteriormente alcune linee già chiaramente indicate da questo Ccnl: parità di diritti per i precari, affermazione delle prerogative contrattuali nella disciplina del rapporto di lavoro, a partire dalla mobilità, incentivi alla formazione in servizio per tutto il personale docente e Ata; valorizzazione dei profili di tutte le aree. Nel frattempo – prosegue la segretaria generale– un’altra partita contrattuale va chiusa presto e bene, quella che riguarda la dirigenza. Il negoziato è ripreso ieri, ci sono le condizioni per arrivare rapidamente alla conclusione”.

Restano le criticità da parte della Uil. A spiegarle è il segretario nazionale Giuseppe D’Aprile: “Impossibile sottoscrivere un accordo che peggiora le condizioni di lavoro del personale della scuola e che indebolisce la scuola dell’autonomia e la comunità educante. Siamo profondamente convinti delle ragioni che hanno portato alla non firma: la mancata valorizzazione del personale Ata, la precarizzazione del lavoro delle segreterie, l’assenza di riferimenti alle scuole italiane all’estero e la parte dedicata alle relazioni sindacali, restano le principali criticità. Resta l’amaro in bocca per l’occasione persa, perché con questo contratto c’era la possibilità di rimediare ad alcune forti storture del nostro sistema d’istruzione, strettoie normative che non sostengono ma intrappolano le persone”.

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